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Il Salotto: intervista a Renzo di Renzo

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Ballammo un'estate soltanto è una raccolta poetica che resta, senza dubbio, nel cuore e nella memoria (leggi la nostra recensione). Per questo non potevamo non contattare l'autore, invitarlo al nostro Salotto. Detto fatto: ancora ringrazio Renzo per la gentilezza, la disponibilità e l'attenzione con cui ha risposto alle nostre curiosità. Come promesso, ecco le nostre parole.

Ballammo un’estate soltanto: titolo evocativo e bellissimo, racchiuso tra un passato remoto così definitivo, ribattuto da quel “soltanto” che sembrerebbe limitare l’esperienza a un singolo periodo. Leggendo, ci accorgiamo invece che non è così, ovvero che quell’estate si prolunga e accoglie più emozioni possibili. Puoi raccontarci come è nata l’idea del titolo? Folgorazione o risultato di un rovello poetico?
Né l'una, nell'altra. Piuttosto il caso o il destino. C'è un film di un regista svedese, Arne Mattsson, che si intitola "Ha ballato una sola estate". E' la storia di un amore che nasce durante una vacanza estiva e finisce tragicamente. Ha vinto anche l'Orso d'Oro a Berlino nel 1952. In realtà non mi ricordavo di quel film, ma come spesso accade la memoria accumula dati quasi senza volerlo: evidentemente quel titolo mi aveva colpito. Io avevo questa idea in testa, di una sola stagione che in realtà, come hai inteso bene, dura e ti cambia la vita per sempre. Ho scritto la poesia che dà il titolo alla raccolta e come spesso succede l'ho registrata senza "salvare con nome" il file. Così automaticamente si è salvato il primo verso: mi è sembrato un buon titolo per l'intera raccolta.

“Ballammo”: già nel titolo è presente una delle metafore ricorrenti, il ballo. Anche presso le tribù, il movimento è metafora di vita, di amore, di sensualità, ma è anche fatica, costanza, passione (in senso etimologico). Com’è il ballo nei tuoi versi?
Quasi inconsapevolmente mi sono accorto che l'idea del ballo circolava in molte poesie. E sì, certo, ha a che fare con l'espressione di sé, la sensualità, la fatica. Tutte quelle cose che hai scritto. Ma ha anche decisamente a che fare con la musica e il ritmo, proprio come la poesia. Mi offriva anche una cornice a tre diversi momenti della vita: il ballo di gruppo dell'impegno sociale, il passo a due dell'amore, la solitudine e il virtuosismo dell'assolo. Non solo, il ballo è anche metafora dell'atteggiamento con cui affrontiamo le cose: possiamo stare in disparte, semplicemente a guardare gli altri ballare con lo sguardo lucido dell'osservatore, o possiamo partecipare al rito fino a perdere coscienza di noi stessi.

Una curiosità un po’ insolente: un’estate soltanto. Questa raccolta è davvero frutto di una folgorazione estiva, o hai raggruppato poesie che coprono un periodo più lungo?
Ci sono poesie scritte molto tempo fa ed altre più recenti. Però fanno tutte parte di una stagione e mi sembra ci sia una certa coerenza, come se si fosse trattato di una lunga estate intermittente, che ha attraversato gli anni.

Sono rimasta molto colpita da quel distico essenziale: «Sto imparando/ la lentezza», scandito da un ritmo che ben si adatta al contenuto: cos’è questa lentezza, e cosa rappresenta per te?
Sono contento che ti abbia colpito, e vuol dire anche che hai colto appieno il senso generale del libro. E' un verso che ho scritto molto tempo fa, quando ho fatto il giro della Sardegna in bicicletta, da solo. Passavo le giornate spostandomi - lentamente - da un posto all'altro e la sera scrivevo cartoline a me stesso, che avrei trovato al ritorno. Su una di queste c'era scritto appunto "sto imparando la lentezza". Penso che rappresenti bene l'idea della "durata" che sottende tutto il libro. E' un verso brevissimo eppure è esattamente il contrario della velocità. Non solo per quello che esprime, ma anche per come lo esprime: quel verbo, “imparare” - usato per di più al gerundio – implica appunto un processo che necessariamente non avrà fine, che dura per sempre. “Ballammo un’estate soltanto”, in fondo, racconta proprio questo. Racconta la persistenza di alcune stagioni, alcuni momenti della nostra vita – “nostra” perché alla fine per tutti c’è o c’’è stato il tempo dell’impegno sociale, della solitudine, dell’amore – in modo semplice ed essenziale.

La raccolta è divisa in tre tempi (e anche qui l’attenzione alla sonorità e al ritmo): Balli di gruppo, Passo a due e la finale Assolo. È corretto parlare di un cammino verso la solitudine nel ricordo?
Non so, non è un percorso lineare. Viviamo contemporaneamente sentimenti diversi. Anche qui la metafora del ballo ci può aiutare: in fondo se si potessero allineare i passi fatti durante il ballo in un'unica direzione, probabilmente avremmo già fatto il giro del mondo. Invece continuiamo a ballare in tondo, ci muoviamo nello stesso luogo, siamo tristi e felici, nello stesso istante.

Ho personalmente molto apprezzato la scelta dell’impaginazione, così ariosa e anche coraggiosa. Cosa hai pensato trovando i tuoi versi in tutto quel bianco?
Credo che anche il vuoto, insieme alla lentezza, sia un valore in questo momento. Gillo Dorfles - un artista e un critico - parla di "horror pleni" come caratteristica della nostra epoca, in cui siamo sommersi da cose, segni, rumori - che in fondo non è altro che una reazione all' "horror vacui" primitivo. Io credo sia importante fermarsi, recuperare la lentezza e il vuoto per apprezzare le poche cose che davvero contano nella nostra vita. E soprattutto non avrei fatto un libro di poesie così, se non avessi trovato un editore come Michele Toniolo, di Amos, che fa ancora i libri per passione, con una cura e un'attenzione straordinaria anche al libro come oggetto. E' stata sua l'idea anche di affiancare dei disegni alle poesie.

Mi sono soffermata più volte sulla tua capacità di fondere una brevità incisiva a bellezza artistica. Come vedi la poesia di oggi?
La poesia non è oggi. La poesia è sempre. E' un "oggetto" così fuori dal mercato che non segue le tendenze. Esistono quindi diverse forme, diverse possibilità di poesia, tutte egualmente plausibili. Io posso parlare della mia che è sostanzialmente una notazione a margine della vita, è fatta di frammenti, particolari, dettagli, in cui comunque si intravede una storia, che ogni lettore può ricostruire a sua immagine. E riguardo alla brevità, per restare sul terreno musicale, potremmo ricordare ciò che Giuseppe Verdi ripeteva ai suoi librettisti: “sono sempre lunghi quei versi che si potevano risparmiare: un concetto espresso in due versi è lungo qualora si poteva esprimere con uno solo”.

Come potresti definire il connubio tra i tuoi versi e i disegni di Isotta Dardilli?
L'idea di affiancare dei disegni alle poesie, come detto, mi è stata suggerita dall'editore. Io ho pensato subito ad Isotta Dardilli, perché credo che anche lei sappia esprimere con pochi segni - in questo caso - un concetto o meglio un sentimento. Le ho fatto leggere le poesie e lei ha creato quelle immagini. In fondo anche quella tra immagini e parole è una danza.

Essendo anche autore di raccolte di racconti (Brevi incontri lunghi addii, Theoria, 2000; Un motivo privato, Marsilio, 2007) e di un romanzo per bambini (Nero, Einaudi, 2008), vuoi dirci quale posto occupa la poesia nella tua scrittura? È momento privilegiato, elitario, ritaglio di riflessione, o…?
C'è una poesia nella raccolta che in fondo sintetizza questa situazione: "Per scrivere devo vivere/e se vivo, non scrivo". Io faccio un altro mestiere, mi occupo di arte e comunicazione e purtroppo ho sempre meno tempo da dedicare alla scrittura. Sto cercando di scrivere un romanzo, ma un romanzo ha bisogno di cure costanti, attenzione, disciplina, di un ambiente protetto. La poesia invece ha il pregio di poter nascere in ogni momento. E' come quei fiori che in montagna, non si sa come, attecchiscono anche sulla roccia. Difficilmente uno si siede alla scrivania e pensa: adesso scrivo una poesia. La poesia non implica premeditazione, semplicemente accade.

Leggeremo presto altre poesie? Vuoi anticiparci qualcosa?
Non lo so, per quanto ho detto prima. Sicuramente la poesia è anche più pericolosa. E' come un indumento troppo piccolo, che non copre abbastanza e ti costringe a farti vedere nudo. Di sicuro ne scriverò, ma non se se avrò voglia di farle leggere ancora.

Noi speriamo senza dubbio di sì! Per il momento, grazie ancora e buona lettura a tutti.

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