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L'agonia delle parole in Tabucchi

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Tristano muore. Una vita.
di Antonio Tabucchi
Edizione Feltrinelli,2004
pagg. 162

"Una vita" è il sottotitolo scelto dall'autore, come se questa scarna rivelazione fosse da poco. In realtà, Tabucchi racchiude in queste due parole l'intera vicenda che si sviluppa nel libro: un uomo, Tristano - si noti la valenza semantica del nome -, giunto in punto di morte per cancrena, decide di raccontare l'intera sua vita ad uno scrittore. Lo scrittore in questione, che si siederà al capezzale per l'intero mese d'agosto del 1999, è proprio Antonio Tabucchi.

Così la parola passa direttamente a Tristano, protagonista incontrastato di tutte le 162 pagine di cui si compone il libro. Davanti ai suoi occhi di uomo morente, il passato prende vita, giorno dopo giorno, con quella memoria e quelle parentesi che rendono molto credibile il racconto. Emerge fin dalle prime pagine il comportamento iracondo e altalenante del malato, a volte ben disposto verso Tabucchi, altre volte desideroso di stare col suo dolore e vivere la solitudine. Una solitudine aspra, fatta di ricordi che non potranno essere raccontati, se non in poco tempo, perché l'ora della morte pende sul capo di Tristano e si fa sempre più prossima. Questo incombere, continuo e inevitabile, affiora anche dalla scelta stilistica: Tabucchi, lasciando direttamente la scena a Tristano, fa sì che il protagonista racconti al lettore direttamente la sua vita. I pensieri sono interrotti da frequenti spazi bianchi che isolano le vicende, le frasi sono chiuse da pochi punti fermi, ma soprattutto intervallate da puntini di sospensione, come pause di voce e respiri che danno vita al personaggio.

Il parlato è sempre in combutta con lo stile scritto, ma Tabucchi riesce perfettamente a rendere realistico il dialogo, con interiezioni, esclamazioni, modi di dire e appelli per riottenere attenzione. Dalla storia di vita di Tristano, sopravvissuto alla Guerra Mondiale e combattente per la libertà del suo Paese, emergono poi grandi interrogativi sul concetto di eroismo, specialmente se legato allo strazio del conflitto, ma anche in senso assoluto. Contrapposto a questo, ci si domanda quali siano i valori reali, quando si possa parlare di tradimento e quando di viltà. Tuttavia, i ricordi non sono solo riscoperta e trattazione di ideali, ma anche parentesi strettamente personali, legate a momenti indimenticabili, legati sempre da un velo di nostalgia. È importante notare che, nonostante il realismo, Tabucchi non affronta mai una ricerca espressionistica, ma, al contrario, infittisce il monologo di Tristano di una serie di riferimenti classici, di metafore colte che è difficile far risalire ad un soldato di quel periodo storico. Al di là di precisazioni tecniche, il libro di Tabucchi è una piacevolissima rivisitazione di un mondo che sta lentamente scomparendo, frase dopo frase, con i puntini di sospensione sempre più fitti che conducono all'agonia di Tristano. Leggerlo, significa riscoprire il piacere delle parole.

Gloria M. Ghioni