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Wunderkammer 2025 in equilibrio tra tradizione e novità: l'Intelligenza Artificiale secondo Madhumita Murgia e la Jane Austen di Liliana Rampello

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Vite all’ombra dell’Intelligenza artificiale - Madhumita Murgia presenta Essere Umani con Diletta Huyskes

Il primo incontro della seconda giornata di Wunderkammer parte all’insegno dell’impegno civile con Essere umani, un’opera ibrida in cui vengono narrate vite diverse legate e condizionate dall’intelligenza artificiale, rispetto alla quale Madhumita Murgia ci mette in guardia, illuminando le sorti di persone comuni. La moderatrice Diletta Huyskes parte dalla scelta del titolo, apparentemente antifrastico, ma che in realtà vuole mettere in evidenza la componente umana di ogni tecnologia. Allo stesso tempo il testo vuole indagare alcune applicazioni dell’intelligenza artificiale più nascoste, opache, meno esposte al vaglio dell’opinione comune. 

Murgia, anche in virtù dei suoi trascorsi da scienziata, si considerava unottimista rispetto al progresso scientifico e tecnologico, nella convinzione che la tecnologia potesse contribuire a migliorare la vita delle persone. Dopo aver avviato le sue ricerche sull’AI dodici anni fa, però, ha iniziato a osservarne l’impatto sulla vita delle persone. Inizialmente era convinta di potersi concentrare sugli elementi positivi, in realtà ha visto emergere alcuni aspetti più sottotraccia che venivano sottovalutati, perché riguardavano la vita delle persone comuni. Ha iniziato quindi a cercare l’elemento umano, più comune, che si poteva trovare dietro l’AI. Ora, nonostante gli angoli oscuri che ha individuato, non si considera pessimista, piuttosto realista: vuole mettere in luce le aree grigie di questa nuova tecnologia, per poterne trarre storie e insegnamenti in grado di migliorare sia lo strumento stesso, che la nostra società. 

In Italia, nota Huyskes, si riscontra un certo sensazionalismo rispetto a ciò che proviene dalla Silicon Valley, quindi l’approccio di una giornalista come Murgia, che scrive per il Financial Times ma ha anche un background da scienziata, ha sicuramente fornito un approccio particolare al tema. Murgia è partita con l’idea che il giornalista dovesse essere un testimone, raccontare ciò che accade. Poi però si è resa conto che, con il procedere rapido dello sviluppo tecnologico, il ruolo del giornalista è cambiato: deve spiegare, e non solo a un livello superficiale, ma mostrando la realtà del progresso su più livelli e nelle sue conseguenze, che spesso sono a catena. Bisogna trovare esempi concreti di ciò che accade o potrebbe accadere, mostrando in particolare quali potrebbero essere gli impatti, le collisioni, tra esseri umani e tecnologie. 

Essere umani. L'impatto dell'intelligenza
artificiale sulle nostre vite

di Madhumita Murgia
Neri Pozza, 2025

Traduzione di Simonetta Frediani

pp. 320
€ 20 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)

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Nel volume questo viene fatto attraverso le storie dei suoi protagonisti. Senza risorse naturali, ma soprattutto senza persone, non esisterebbe intelligenza artificiale. Murgia vuole scostare il velo dietro cui si nasconde la vera natura dell’AI, in particolare per quel che riguarda l’addestramento. Noi tendiamo a ingannarci sull’intelligenza artificiale, pensando che abbia una sorta di cervello, un’anima, perché comunica con noi attraverso il linguaggio. Non ci rendiamo conto che l’AI è "human-based", costruita da e per l’essere umano, predisposta da milioni di persone sparse in diverse aree del mondo. Sono loro a garantire il funzionamento di prodotti che condizionano la nostra vita, e molto spesso non sanno neanche cosa stanno facendo. Ciò che colpisce e interessa Murgia è la vita delle persone che lavorano dietro l’AI. Non solo come lavorano, ma anche come ciò che fanno condiziona la loro esistenza

Noi non vediamo queste persone e queste persone non sanno a cosa stanno contribuendo, non vedono il prodotto finale, prosegue Huyskes. Spesso quella che noi consideriamo automazione è solo fittizia: noi sfruttiamo un lavoro umano, anche se invisibile e molto lontano da noi. Al contempo, queste persone hanno una percezione molto diversa dalla nostra. Tutte le persone con cui si è confrontata Murgia vivevano in condizioni non agiate. In Kenya, per esempio, questo lavoro è svolto da ragazzi, spesso giovani, che vivono negli slums; in Bulgaria questo è un lavoro che fanno i rifugiati; molti di questi ragazzi si sentono anche grati di un lavoro che consente loro di guadagnarsi da vivere e che possono fare anche da casa. Al contempo, spesso non sanno per chi lavorano o cosa stanno facendo, sono legati da accordi di riservatezza, vivono una sorta di paradossale disconnessione dal reale. C’è una dimensione fortemente contraddittoria. Queste persone vengono pagate il minimo sindacale e Murgia ne è colpita perché, come giornalista, osserva invece le grandi promesse esibite dall’AI, di un miglioramento generale della vita, soprattutto per i lavoratori. Questo però non vale per chi lavora per l’AI. 


Quella che viene promessa come una rivoluzione, si chiede Huyskes, lo è davvero, o ricalca al contrario dinamiche già viste in passato? La rivoluzione, intesa come un importante cambiamento socio-politico, si realizza nel concreto, o l’AI non fa che aumentare il divario tra classi sociali e parti del mondo? Nel romanzo di parla di un neocolonialismo in cui le nuove tecnologie giocano un ruolo fondamentale. 

Mentre facevo le mie ricerche sono emerse delle linee narrative che creavano un pattern che era impossibile continuare a non vedere. Per questo parlo di neocolonialismo: ci sono individui che dispongono di molto denaro e che diventano sempre più ricchi grazie alle nuove tecnologie; queste però devono essere testate e implementate, e per questo vengono sfruttate soprattutto persone che vivono in condizioni di povertà in zone anche molto lontane del mondo.

Questo tema è fondamentale anche per l’impatto che ha sul piano geopoliticoL’AI non si rivolge più infatti solo al piano dei consumatori, ma è usata anche in altri ambiti (sanità, istruzione, politica…). Anche le armi, in zone di conflitto come l’Ucraina, o Gaza, vengono guidate dall’intelligenza artificiale. Diventa quindi fondamentale sapere chi controlla questi strumenti, e chi beneficia delle conseguenze dell’utilizzo di questa tecnologia; non si tratta di una tecnologia open source, ma appartiene a privati, che non solo ne traggono vantaggio, ma decidono anche come implementarla. È essenziale capire chi ha il controllo di tutto questo potere.  


Uno degli esempi tratti dal libro riguarda i Paesi Bassi, dove grazie all’AI vengono create delle liste di adolescenti ad "alto rischio di criminalità", ovvero che si prevede possano commettere reati nel prossimo futuro. Gli elenchi sono stati creati sulla base di un sistema predittivo statistico, che considerava diversi elementi (non andare a scuola, la famiglia di provenienza, il quartiere, i vicini di casa…). Questa situazione ricorda molto quanto avviene in Minority Report, osserva Murgia, solo che in questo caso non è un film di fantascienza, è l’Europa occidentale di oggi. Quando il progetto è partito, come accade spesso, era fondato sulle migliori intenzioni, ma le conseguenze sono altrettanto spesso terribili. L’esperimento, invece di prevenire il crimine, lo ha incentivato: i ragazzi si sentivano continuamente osservati, giudicati, e questo li ha spinti verso comportamenti a rischio. Le madri, spesso madri single, erano colpevolizzate e questo ha allentato i legami famigliari. 

Non va dimenticato però che in altri casi, come quello citato nel libro relativo alla dottoressa indiana, l’AI può invece completare il lavoro umano, se utilizzata con intelligenza ed empatia, per migliorare la vita degli altri.


ChatGPT è uno degli esperimenti sociali più grandi di sempre”, scrive nel testo Murgia, perché in questo caso la tecnologia è in fase di sviluppo in tempo reale, ma è anche già utilizzata. Non è stata testata prima, eppure viene impiegata da medici, studenti, un sacco di persone chiedono all’intelligenza artificiale anche consigli di ambito psicologico o medico… le conseguenze possono essere importanti, anche sul modo in cui comunichiamo. L’AI limita le possibilità delle nostre interazioni. 

Come finirà? Finiremo isolati? Questa è una domanda a cui dobbiamo trovare una risposta e possiamo farlo solo assieme. Questa è la mia speranza. 

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La divina Jane Austen Liliana Rampello presenta Un anno con Jane Austen con Enrico Terrinoni


La pausa caffè trasporta il pubblico in sala attraverso un varco spazio-temporale, fino a una cascina nelle campagne inglesi, dove duecentocinquanta anni fa nasceva Jane Austen, che nella sua breve vita (durata solo quarantun anni) non avrebbe mai potuto immaginare l’impatto che la sua opera avrebbe avuto nei secoli successivi. Un anno con Jane Austen è una piccola Wunderkammer. Dialoga con l’autrice Liliana Rampello Enrico Terrinoni, che introduce il libro parlando di un “viaggio esotico, un viaggio strano, un caos ordinato”. Questo libro è composto infatti da 365 sezioni, ognuna con una sua data specifica, un breve titolo, un commento di Rampello e una citazione tratta da uno dei romanzi di Jane Austen. L’autrice scrive infatti che il libro è un gioco, ma che come tutti i giochi deve essere fatto in modo serio. Così gioca anche Terrinoni, leggendo all’autrice alcuni passi scelti, affinché li commenti per la platea. 

Un anno con Jane Austen
di Liliana Rampello
Neri Pozza, 2025

pp. 432
€ 26 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

VEDI IL LIBRO SU AMAZON

Un anno con Jane Austen è un breviario laico, che permette di conoscere Jane Austen, e di farlo con la leggerezza e l’ironia che caratterizzavano l’autrice. Austen, spiega Rampello, ha inventato il romanzo di formazione femminile, un tipo di narrazione che aiutava le ragazze ad arrivare al matrimonio preparate, ma soprattutto orientate da un desiderio individuale di felicità, che al tempo non era affatto scontato. 

Figura fondamentale per Jane è stata la sorella Cassandra, come lei nubile. Alla morte di Jane, Cassandra ha bruciato tutti i frutti dei loro scambi epistolari (più di tremila lettere, di cui oggi ne resta solo una minima parte). Le motivazioni possono essere varie: al tempo la vita privata degli autori non era così rilevante, ma probabilmente Cassandra ha voluto soprattutto proteggere la sorella, la cui lingua pungente nelle lettere era spesso rivolta contro persone viventi. Il rapporto con la sorella ha certamente condizionato anche la scrittura di Jane, che ha voluto rappresentare le dinamiche della crescita femminile in un contesto in cui la prospettiva era prevalentemente quella maschile. Anche per questo nel suoi romanzi compaiono spesso coppie di sorelle, molto legate. 

Una delle opere più famose di Austen è Orgoglio e pregiudizio, che permette di osservare come l'autrice tratti il tema delle passioni. Si deve notare innanzitutto che l'orgoglio e il pregiudizio non sono caratteristiche di Darcy, come si potrebbe pensare inizialmente, ma vengono scambiate continuamente tra i personaggi nel corso del romanzo. Elizabeth, in visita a Pemberley, fa una metariflessione, in cui si rende conto del suo errore di (pre-)giudizio in merito al giovane uomo, quando lo vede rappresentato come un bravo fratello, un ottimo padrone per i suoi fittavoli...

Per Austen la passione non è mai un qualcosa di diretto, carnale, ma sempre un insieme complesso di sentimenti, che le protagoniste devono assimilare e metabolizzare. Il matrimonio non è mai la cosa rilevante, quello che conta è sempre il processo: le ragazze devono arrivare a scegliere l’uomo giusto. Il destino del matrimonio non è in dubbio, per una giovane donna del suo tempo, ma Austen elabora il modo in cui lo si deve realizzare. 

Austen persegue la bellezza della passione, ma in maniera non sentimentale”, commenta Terrinoni. Austen era una grande conoscitrice degli autori e dei generi del suo tempo, spiega Rampello, e nutriva una grande ostilità nei confronti della piaga del sentimentalismo, che era “anti-economico”, dal punto di vista dell’energia mentale delle sue protagoniste. Lei propone invece un percorso che permetta alle ragazze di arrivare ai sentimenti veri. Al contempo, sfugge anche dal cinismo, trova un via di mezzo. 

La capacità di far convivere lo sguardo attento e materialista che dominava la società e la sua vita e il racconto sfavillante e armonico dei suoi romanzi ci fa intuire la sua grandezza, sotto questo aspetto quasi inimitabile.

C'era anche una difficoltà relativa allo sviluppo del genere, come dimostra l'episodio di Harriet aggredita da un gruppo di malintenzionati in Emma. Le strade per le ragazze non erano mai sicure (mentre lo erano sempre per gli uomini). Goethe negli stessi anni inventa il romanzo di formazione maschile, Austen non può però inventare una trama in cui le ragazze vanno in giro per il mondo, perché nella realtà non sarebbero sopravvissute. L’Inghilterra del tempo era, con poche eccezioni, dominata dalla povertà. Ogni scena di Jane Austen, riletta a posteriori, contiene tanti elementi e tanti piani di lettura, quasi sempre connessi alla vita dell'epoca. Mansfield park, ad esempio, è un romanzo politico, e non ha infatti grande successo; la vicenda fa un esplicito riferimento al fenomeno dello schiavismo. Austen non ne fa un tema, perché non è questo che le interessa, però lo mostra trasversalmente, per segnalare un cambiamento sociale in atto, nel modo pragmatico e realistico che le è consueto. Austen riesce a parlare dell’universale con leggerezza, partendo da una prospettiva inevitabilmente limitata. Lo fa perché ha una capacità di osservazione acutissima, è una buona ascoltatrice e una grande lettrice di saggistica, e sa raccontare con una lingua magistrale. Si vede anche nell’uso del discorso indiretto libero, di cui fa spesso uso, perché le consente di sovrapporre lo sguardo dell’autore a quello del personaggio, di tenere insieme ambiguità ed ironia. “In letteratura le cose ambigue sono le più belle, perché danno la possibilità a te di entrare nel testo”, commenta Terrinoni. Anche il dialogo è una struttura fondamentale, cuore vitale, delle opere austeniane e Jane trae il ritmo che riesce a conferirgli dalla profonda conoscenza del teatro di Shakespeare.

E cosa può trasmettere Jane Austen ai ragazzi e alle ragazze di oggi? chiede Terrinoni.

Alle generazioni di oggi Jane Austen può insegnare  l’economia mentale. Jane Austen è povera, ma non perde tempo a recriminare, a odiare, ma cerca di fare quel che può per scrivere la propria storia. È una maestra di libertà, si è donata la libertà interiore di scrivere di ciò che voleva e conosceva, e ha donato questa libertà alle sue lettrici.

Carolina Pernigo