In questo thriller psicologico, Seraphina Nova Glass ci porta in un quartiere residenziale sulla costa dell’Oregon, dove le vite di tre donne si intrecciano in un thriller psicologico avvincente. Oltre a Paige, madre in lutto, e Cora, moglie sospettosa, emerge la figura enigmatica di Georgia, la nuova vicina inglese.
È una storia che si snoda tra recinti bianchi, cene di quartiere e sorrisi di circostanza, mentre sotto la superficie impeccabile delle villette residenziali si consuma un dramma sottile, teso e implacabile.
Glass lavora sui non detti e sulle maschere della quotidianità, proponendo una narrazione corale che trova il suo cuore pulsante nel personaggio di Cora. In apparenza, Cora è una madre come tante, inserita nel tessuto sociale di un sobborgo elegante, ma dietro le sue pause e le sue paranoie si cela un dolore che non si può dire: suo figlio Caleb è stato assassinato, e il vuoto lasciato dalla sua morte si fa ossessione. Non c’è conforto possibile quando anche i vicini si trasformano in sospettati e il dolore diventa motivo di esclusione sociale. Cora non è sola, ma è come se lo fosse: è lei a condurre il lettore nel cuore del buio, mentre cerca risposte che nessuno vuole darle.
Attorno a lei si muovono altre figure femminili, e tra tutte spicca Paige, la vicina più empatica ma anche la più compromessa: le sue incertezze, il suo disagio crescente, la spinta a voler proteggere Cora anche a costo di mettere in discussione le proprie certezze, costruiscono un’intensa dialettica interiore. E poi c’è Georgia, moglie devota, elegante e… troppo perfetta. È lei la più enigmatica, con il suo sorriso chirurgico e i gesti calcolati: un personaggio scritto con la giusta ambiguità, che si impone lentamente come vero ago della bilancia, tra ciò che si mostra e ciò che si cela.
Il punto di forza del romanzo sta nella struttura a scatole cinesi, dove ogni capitolo scardina la sicurezza acquisita in quello precedente. Glass calibra bene i tempi della rivelazione, evitando colpi di scena gratuiti, preferendo invece un lento accumulo di sospetti, false piste, e piccoli dettagli che assumono, retrospettivamente, un valore dirompente.
Lo stile, asciutto e tagliente, evita gli orpelli e privilegia un ritmo che alterna introspezione e azione con sapienza. Le frasi brevi, spesso sospese, restituiscono il senso di precarietà che domina l’intero romanzo, in un’atmosfera che richiama le suggestioni inquietanti di Big Little Lies, ma con un piglio più cupo, quasi claustrofobico.
La “strada tranquilla” del titolo si trasforma così in simbolo di una società che coltiva l’apparenza come unica forma di sopravvivenza, dove la verità è un ingombro, qualcosa da nascondere sotto tappeti pregiati e conversazioni anodine. E quando la verità emerge – come in questo romanzo – lo fa con una violenza sottile, che non lascia indenne chi legge.
Un romanzo perturbante, che si legge d’un fiato ma lascia un sedimento duraturo: non è la tragedia in sé a sconvolgere, ma il modo in cui viene silenziata dalla comunità. In fondo, è proprio questo il cuore del thriller: non il delitto, ma l’indifferenza. E questo thriller lo dimostra attraverso personaggi ben delineati e una trama avvincente, che invita a riflettere sulle dinamiche nascoste nelle relazioni e sull’importanza della solidarietà tra donne.
Samantha Viva
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