di Francesca Romana Recchia Luciani
Ponte alle Grazie, febbraio 2025
«Ho esitato a lungo prima di scrivere un libro sulla donna. Il soggetto è irritante, soprattutto per le donne e non è nuovo. Il problema del femminismo ha fatto versare abbastanza inchiostro, ora è pressocché esaurito: non parliamone più». (p. 7)
Era il folgorante incipit de Il secondo sesso, saggio classico del pensiero femminista del 1949. Eppure questo inizio non è una boutade, ma un mettere subito in chiaro lo spazio che Recchia Luciani intende occupare con questo saggio. È lo spazio della vita contemplativa, che, come ha spiegato Hannah Arendt non è una vita ritirata o ascetica, bensì un esercizio dinamico e continuo del pensiero. Attraverso la presentazione di dieci filosofe, il saggio intende mostrare che
la passione, l'emotività, il pathos femminile non sono più il limite del logos con cui era stato impedito alle donne di pensare e contribuire alla crescita culturale dell'umanità, ma il suo potenziamento, l'ampliamento e la proliferazione di prospettive senzienti e pensanti inusuali e inusitate che, scardinando la rigidità della logica, fondano un nuovo sapere filosofico sull'esperienza, sul dato di realtà, sulle occasioni della vita, sugli accadimenti dei corpi e sulle volute della storia. (p. 23)
Già nell'Introduzione (da cui ho tratto il brano sopracitato) emerge una chiave interpretativa che personalmente trovo semplicistica e ideologica: che gli uomini filosofi, cito l'autrice,
salvo pochissime eccezioni, restano intrappolati nel dogmatismo e nella logica dell'astrazione, impiegano vite intere a cercare di dimostrare d'appartenere, con i propri discorsi e i loro trattati, all'ordine superiore del logos al di fuori del quale nulla appare sensato. (p. 21)
Non solo credo sia irriconoscente nei confronti della storia della filosofia leggerla come un fallologocentrismo (il termine è di Derrida), ma credo che più di "pochissime eccezioni", tra i filosofi uomini, abbiano messo in crisi una filosofia astratta e dimentica della vita (basti pensare alle svolte di filosofi come Wittgenstein, Cassirer e perfino dell'algido Husserl, oltre che dei teorici della complessità o degli epistemologi anarchici come Feyerabend.
Tuttavia, al di là del piglio dell'introduzione, il saggio di Francesca Romana Recchia Luciani è una presentazione seria e appassionata di figure da scoprire o da riscoprire. Si comincia con Lou Salomé, musa inquieta e inquietante, che turbò con la sua bellezza e il suo lucido e libero esercizio del pensiero personaggi del calibro di Nietzsche, Rilke, Freud. Salomé è realmente una figura chiave non tanto della rivendicazione quanto della professione femminile di libertà. Nata a San Pietroburgo, in un palazzo nobiliare posto di fronte il Palazzo d'Inverno, unica donna di sei figli, imparò fin da piccola il francese e tedesco fin da giovanissima inizio a leggere Kant, Leibniz, Fichte, Schopenhauer e soprattutto Spinoza
nella cui filosofia orientata al panteismo trovava finalmente riconciliata la sua attitudine religiosa con l'ormai assodata e percepita essenza del divino dalla realtà. (p. 31)
Le sue esperienze di vita, trasfigurate in racconti, avranno uno dei momenti salienti, nell'incontro con Friedrich Nietzsche, che le si rivolse la prima volta con queste parole: «Cadendo da quali stelle ci siamo venuti incontro fin quaggiù?» (p. 35).
Dopo la rottura con Nietzsche e i viaggi con Rilke, uno di questi fu a Jasnaja Poljana per incontrare Lev Tolstoj, l'incontro con Sigmund Freud. Salomé fu la sola donna autorizzata a frequentare la Società del mercoledì di Freud. La stima del padre della psicoanalisi per Lou fu tale che le affidò come paziente la sua figlia prediletta, Anna, e l'apprendistato di Lou la portò a diventare un'acuta psicoanalista, non solo come terapeuta ma anche come scritterice di importanti saggi critici. La sua vasta produzione poetica, scientifica, filosofica, letteraria rende manifesta la sua libertà intellettuale e la vastità dell'orizzonte dei suoi interessi.
Gli altri profili sono quelli di Maria Zambrano, filosofa e attivista durante la guerra civile spagnola, ideatrice della ragione poetica, intesa come luogo di un "pensiero vivente". Il modo in cui Francesca Romana Recchia Luciani narra le vicende di queste donne, intrecciando le loro biografie, tutte segnate da esilii, abbandoni, ritorni, e le loro opere, i passi delle loro formazioni, è decisamente affascinante e rende questo saggio affascinante come un romanzo.
Scorrendo ancora questo carosello di donne straordinarie, incontriamo Hannah Arendt, la brillante allieva di Heidegger e Husserl, che diverrà un punto di riferimento per gli intellettuali ebrei in esilio negli Stati Uniti e la coscienza critica del processo ai gerarchi nazisti, nel celeberrimo La banalità del male. Il profilo che Recchia Luciani traccia tiene conto delle indagini di Arendt sull'organizzazione totalitaria e il suo contributo alla filosofia politica ed etica in Vita activa.
la rivoluzione delle donne trova ne Il secondo sesso la propria voce, sia nella riflessione teorica che nello slancio della prassi, poiché è grazie a questa filosofa, militante e scrittrice che finalmente il genere femminile comprende di essere «altro» rispetto all'unico genere fino ad allora considerato pienamente umano o, comunque, concepito come indiscutibile paradigma universale: quello maschile. (pp. 88-89)
Il motto di de Beauvoir "donna non si nasce, lo si diventa" è il fil rouge di questo saggio, ciò che unisce le differenti esperienze di pensiero e di vita di queste dieci filosofe.
«Trattenere le donne in un’abissale ignoranza era fondamentale per il dominio maschile, poiché la non conoscenza impediva loro di impossessarsi degli strumenti di liberazione. Questa è la più importante delle ragioni che spiegano perché quella che per secoli ha preteso di venire considerata come la regina delle scienze, il sapere dei saperi, ossia la filosofia, sia stata anche e per così a lungo una delle aree della cultura più ostica verso le donne» (quarta di copertina).
Questa constatazione, esplicitata in quarte di copertina, è l'anima della ricostruzione di Francesca Romana Recchia Luciani, che prosegue con la presentazione delle figure di Agnes Heller, Carla Lonzi, Silvia Federici, Judith Butler, con la quale entriamo nel dibattito attuale in merito tanto alla politica anti-gender della destra americana che delle critiche alla violenza di Stato israeliana (cfr. p. 222).
Deborah Donato
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