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La "geologia" di un capolavoro: "I 75 fogli" di Proust

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I 75 fogli di Marcel Proust traduzione di Anna Isabella Squarzina
La nave di Teseo, 2022

pp. 298
€ 19,00 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)

Il testo pubblicato da La nave di Teseo costituisce il più antico stadio della Recherche. Si conosceva la loro esistenza dal 1954, Bernard de Fallois li aveva definiti "corpi preziosi geologici", ma solamente nel 2018 questi settantacinque fogli sono stati ritrovati, proprio in una cartellina bordeaux a casa dell'editore e critico proustiano de Fallois alla sua scomparsa.

Partiamo da un fattore numerico: il libro recensito si intitola "75 fogli", ma è costituito da 298 pagine, perché le 75 pagine proustiane vengono accompagnate da un imponente apparato esegetico, costituito dall'introduzione all'edizione italiana di Daria Galateria, dalla nota alla traduzione di Anna Isabella Squarzina, dalle note all'edizione originale di Nathalie Mauriac Dyer e da saggi e appendici di Jean-Yves Tadié e di Nathalie Mauriac Dyer. Questa precisazione è funzionale a far capire che veniamo accompagnati per mano nel paese delle meraviglie proustiano, tanto da avere l'impressione di trovarci in visita alla Bibliothèque nationale de France, a toccare con mano il "fondo Proust", per scoprire la prima apparizione, l'abbozzarsi aurorale, di luoghi, personaggi ed eventi che  sono entrati a far parte dell'immaginario collettivo di varie generazioni di lettori. Basta scorgere i titoli (non dati da Proust, tuttavia) assegnati alle cinque parti in cui sono suddivisi i 75 fogli: Una serata in campagna; La parte di Villebon e la parte di Meséglise; Soggiorno al mare; Fanciulle; Nomi nobili; Venezia.

I proustiani incalliti avranno già avvertito un brivido sotto la pelle nel leggere questi titoli, presagendo ciò che in essi si trova. 

Proust non lo sa ancora, ma qui inizia la Recherche. In queste pagine si potranno riconoscere, allo stesso tempo estranei e familiari, sorpresi come i personaggi del romanzo in un momento sconosciuto della loro "rivoluzione", la nonna in giardino, il bacio e il dramma della buonanotte, le passeggiate verso Méséglise e Guermantes, l'addio ai biancospino, le lezioni delle "parti", il ritratto di Swann, la camera di Balbec, i clienti abituali del Grand Hotel, i tre alberi di Hudimesnil, la piccola "banda" di fanciulle, la poesia dei nomi, la morte della nonna, i sogni postumi, Venezia, altri episodi ancora...Una Recherche ante litteram, insomma (pp. 255/256).

Così la Dyer, che ammette che I 75 fogli pur avendo quel qualcosa di artificiale che caratterizza la pubblicazione postuma dei manoscritti, ossia documenti non ancora pronti secondo l'autore a camminare sulle proprie gambe, presentano già un'idea di romanzo. Ciò che caratterizza questa "idea" di romanzo, rispetto alla concretizzazione della medesima, è una vicinanza maggiore all'autobiografia. Sebbene Proust non si sia mai stancato di teorizzare la differenza fra l'Io narratore di un romanzo e l'Io in carne ed ossa dello scrittore - non convincendo perlaltro proprio i proustiani che hanno incessantemente cercato i segni della vita di Marcel Proust nella Recherche, inscenando una sorta di enigmistica su chi potesse realmente nascondersi dietro i personaggi del suo capolavoro - in questi fogli l'Io narrante è per certi  versi più Marcel Proust che il Marcel della Recherche: sono ancora nominate con i nomi autentici la madre e la nonna. Nel primo dei capitoli in cui sono raccolti i 75 fogli, troviamo narrato, forse in modo ancora più drammatico che nella Recherche, il trauma del bacio della buonanotte:

Il momento in cui la mia tristezza mi sembrava oscura sotto l'assalto dell'odore di smalto delle scale era forse quello in cui mi opprimeva più dolorosamente che in qualsiasi altro momento. E allora cominciava quel labirinto di scalini che uno per uno mi allontanavano da Mamma, e mi avvicinavano alla mia prigione, dal momento che sarebbe stato troppo tardi per ripensarci, per tornare ancora una volta (cosa già difficilissima) a salutarla;  quelle scale, labirinto di dolori così atroci che anche alla luce del giorno (quando c'era ancora più di metà giornata davanti, in cui avevo ancora ore e ore da passare con Mamma, persino quando magari un profumino di cucina la colmava della promessa di momenti deliziosi), quando dovevo salire a prendere qualcosa in camera mia per poi lasciarla di nuovo, contemplando il letto senza dovermici affatto coricare, se anche quella rampa di scale non evocava la salita al supplizio serale più di quanto la rappresentazione della morte in un dramma a cui assistiamo comodamente dal nostro palco non somigli alla morte vera, quelle scale non riuscivo a salirle senza un vago turbamento, e per quanto non riconoscessi su quei pacifici scalini, biondi di sole e che salivo e scendevo a rompicollo, libero, i grandi della scala della mia passione su cui non potevo inerpicarmi senza farlo "a malincuore", quel teatro del mio supplizio di ogni sera serbava, risvegliava ancora in me di giorno un'impressione dolorosa. (pp. 56/57).

Il periodo proustiano ha il medesimo inarrestabile flusso di quello che conosciamo, eppure si sente ancora un'imperfezione, un'incompletezza. Di certo queste pagine non reggono il confronto estetico con la perfezione e la simmetria delle corrispondenze di Alla ricerca del tempo perduto, eppure commuove il carattere quasi intimo di queste pagine, come se ci fosse data la possibilità di sbirciare nel taccuino di lavoro dello scrittore.

Nella sintesi che ne ha dato Bernard de Fallois, che tenne questi 75 fogli per sé, questa Ur-Recherche

comprende sei episodi, che saranno tutti ripresi nella Ricerca: si tratta della descrizione di Venezia, del soggiorno a Balbec, dell’incontro con le fanciulle, del bacio della buonanotte a Combray, della poesia dei nomi e dei due côtés. Dopo Jean Santeuil, è la più antica versione della Recherche. Guermantes qui si chiama Villebon. Swann non esiste: il suo ruolo è suddiviso tra lo zio del narratore e, per le serate di Combray, un certo M. de Bretteville. Due ragazzine sono l’abbozzo delle fanciulle in fiore. Balbec, infine, non ha ancora nome.

Come un bozzetto da cui poi verranno fuori tutti i colori della tavolozza proustiana, questo testo è un imperdibile immersione nel mistero dell'atto creativo; ci porta, a costo di fare arrabbiare Proust stesso, a cogliere più da vicino quanto della sua vita vi fosse nella Recherche, prima che essa venisse purificata e sublimata nell'opera d'arte. 

Deborah Donato