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Mistero e ironia nell'"Antro dei filosofi" di Scerbanenco

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L'antro dei filosofi
di Giorgio Scerbanenco
La nave di Teseo, luglio 2021

pp. 240
€ 17,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



 

A un certo punto il cerchio si è chiuso. Dentro il cerchio vi sono cinque o sei persone. Arthur Jelling sente che sono un poco colpevoli...Ma di che? E chi è la più colpevole? La soluzione può sembrare facile usando i soliti sistemi, eppure non lo è. Bisogna fare uscire il lupo dalla tana, bisogna costringere l'assassino alla resa, le mani alzate. E per far ciò la vecchia tecnica non va bene. Così Arthur Jelling ne inventa una nuova. (p. 203).

La nuova tecnica messa in atto da Arthur Jelling per questa sua quarta indagine (utilizzando la datazione originaria delle opere di Scerbanenco) ci porta vicino ad un finale alla Poirot, con colpo di scena che neanche un navigato lettore di gialli può facilmente intuire. L'antro dei filosofi ha intanto un titolo delizioso, perché rivela l'ironia molto ben nascosta di Jelling e del suo autore, nei confronti di una famiglia che si isola dalla società, sperimentando un'etica inflessibile. Gli Steve sono seguaci di un puritanesimo rigoroso e "filosofi" in senso stretto lo sono il padre, Leslie Steve, che era professore universitario di filosofia, ma che ha perso la cattedra a causa del vizio dell'alcol, e il primogenito Gerolamo Steve, che tiene sgangherate conferenze di scienze morali. A completare il quadro di questo asfissiante "antro dei filosofi" vi sono gli altri tre membri della famiglia: Oliviero Steve, un burocrate grigio e ossessivo e Carla Steve, l'unica figlia, che prima di ammalarsi lavorava nella biblioteca di Stato. A questo oscuro quartetto si aggiunge la giovane moglie di Oliviero, Luciana Axel, sposata al solo scopo di dirimerla dal peccato. L'antro vero e proprio è una casa dimessa nella periferia squallida e maleodorante di Boston. Scerbanenco mostra di saper usare la sua penna come ottimo strumento di analisi tanto per creare un affresco sociale, quanto una rigorosa e palpitante indagine psicologica. La psicoindagine di Jelling stavolta deve confrontarsi con un gruppo psicopatologico, nel quale è di norma ogni sera riunirsi intorno al grande tavolo della sala da pranzo e confessarsi a vicenda i peccati e le mancanze della giornata, promettendo di non nascondere nulla agli altri membri della famiglia. Ogni sera, con la stessa modalità.

Era finito. L'indomani sera la scena si sarebbe ripetuta, come tante altre infinite sere, appena tutti i componenti la famiglia sarebbero rientrati. Ma non si ripeté, perché per quanto gli Steve l'attendessero fino all'una passata, Luciana Axel non si presentò a casa. Era scomparsa. (p. 34).

Dopo trenta pagine, si rompe l'equilibrio e abbiamo l'inizio del giallo. È doveroso sottolineare, tuttavia, che il romanzo era perfettamente godibile ancor prima che si innescasse il tipico intreccio del romanzo giallo. La vividezza dei personaggi, la loro avvincente singolarità, la descrizione sfumata eppure così socialmente nitida di una Boston degli anni '40, hanno fatto in modo che ben prima della comparsa di Arthur Jelling, il lettore de L'antro dei filosofi fosse bene avvinghiato alla storia.

Ma Luciana Axel scompare. Da lì a poco, verrà ritrovata cadavere e i suoi familiari la riconosceranno senza turbamenti emotivi, certi che «ciascuno è responsabile delle sue azioni», secondo un rigido tribunale della coscienza, che appare giustamente a Jelling un «misto di puritanesimo da manicomio e di inumanità».  Eppure Jelling, con i suoi toni sommessi e timidi, con la sua imperturbabile educazione, riesce a scovare briciole di umanità anche in soggetti così alienati. Il metodo di questa indagine, probabilmente, è proprio quello di riportare all'umano coloro che credono di vivere nel cuore dell'imperativo categorico, in una dimensione di rigorismo etico inattaccabile dai miasmi della vita. Come i migliori giallisti, Giorgio Scerbanenco utilizza la trama dell'indagine poliziesca per attraversare i vizi e le ossessioni degli uomini, ma anche le loro tenere debolezze, con uno sguardo umano, non implacabile (in questo vi è una profonda differenza con Monsieur Poirot). 

Insieme a Luciana Axel scompare e poi viene ritrovato ucciso, un suo amico, Padder, che di lei era stato il benefattore e che continuava ad aiutarla nei momenti di difficoltà economica. La lista degli indiziati si amplia, così come la galleria di irresistibili personaggi che Arthur Jelling deve interrogare.

L'intreccio si fa più succoso, accanto agli Steve, conosciamo le sorelle di Padder e i suoi concorrenti in affari. Tuttavia, l'antro dei filosofi resta il cuore del testo, fino alla risoluzione finale, che è impossibile svelare in una recensione, è chiaro, ma che assicuro è una giocata geniale del romanziere.

A indagine conclusa e soluzione raggiunta, resta al lettore l'amaro in bocca per quelle figure tristi, per la loro visione gretta della vita, per l'asfissiante sistema di valori che ne ha prosciugato la vitalità. Il bene inseguito, professato in aule universitarie e sale di conferenze, non riesce non solo a dare gioia, ma nemmeno a tenere lontano il male.

Deborah Donato