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La vita, le stagioni: "Mai stati così felici" di Claire Lombardo

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Mai stati così felici
di Claire Lombardo
Bompiani, 2020

pp. 681
€ 22,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Titolo originale: The Most Fun We Ever Had
Traduzione di Silvia Castoldi


Chiunque abbia mai guardato la serie televisiva This is Us conosce perfettamente il senso di fascinazione, quasi di dipendenza, che deriva dall’osservare dall’esterno le vicende di famiglie allargate, apparentemente perfette e in realtà costellate di traumi e questioni irrisolte. Chiunque abbia amato i Pearson, la relazione ideale tra Jack e Rebecca, e abbia poi notato gli effetti di questo amore dirompente sulla crescita dei loro figli, si troverà immediatamente a suo agio nell’affrontare la ricca saga famigliare immaginata dall’esordiente Claire Lombardo, da poco edita da Bompiani.
Protagonista, anche in questo caso, è una coppia di lungo corso, quella costituita da David, medico di famiglia, uomo paziente e affettuoso, e Marilyn, un tempo studentessa di letteratura e poi soltanto madre, impiegata in tarda età nella gestione di un negozio di ferramenta. Profondamente innamorati, ancora attratti l’uno dall’altra dopo quarant’anni di matrimonio, nella grande casa a Fair Oaks appartenuta al padre di lei hanno cresciuto quattro figlie femmine: Wendy, coraggiosa, ribelle, sfacciata e ora profondamente infelice; Violet, seria e compassata, maniaca del controllo e devota alla nuova famiglia costruita con Matt e i due bimbi ancora piccoli, Wyatt ed Eli; la terzogenita, Liza, donna di successo, che si destreggia tra un lavoro soddisfacente e un uomo che ha amato ma non riconosce più; infine Grace, la piccola di casa, che anche da adulta fatica a farsi prendere sul serio dalle sorelle, di molto più grandi, e dai genitori. Intorno a questi personaggi Claire Lombardo articola un’ampia e turbinosa narrazione.

Il continuo cambio di focalizzazione e punti di vista, anche all’interno di uno stesso segmento di testo, tra personaggi che condividono una stessa scena, conferisce al ponderoso volume un ritmo molto rapido, eppure non impedisce all’autrice, ottima ritrattista, di riuscire a restituire con poche pennellate gli elementi caratteristici o lo stato d’animo dei protagonisti, la tonalità delle situazioni rappresentate. Anche il frequente sfasamento dei piani temporali, in particolare l’alternanza di passato e presente, complica e arricchisce il tessuto narrativo, fornendo al lettore tasselli che solo progressivamente sono destinati a trovare una loro collocazione in un disegno complessivo. È possibile così farsi un’idea stratificata e poliedrica delle figure che affollano il romanzo, tratteggiate sempre nel loro divenire attraverso gli anni e le esperienze segnanti. 
Il ginko, le cui foglie sono raffigurate non a caso sulla copertina, è un nume tutelare della famiglia, che osserva lo scorrere del tempo, segnato dal ricorrere immutabile ed eterno delle stagioni e criterio di macro-partizione del romanzo – sia a livello di semplice ambientazione dei fatti che come elemento strutturale più profondo. La primavera è la fase del cambiamento, delle novità, nel presente in cui la vita delle ragazze si disgrega e si ricompone, così come nel passato, in cui due giovani pieni di speranze, una studentessa e un futuro medico, si incontrano per caso all’università e decidono di unire le proprie sorti. L’estate è il momento in cui i nodi vengono al pettine, in cui si affrontano i conti in sospeso; il momento in cui si capisce che dietro alla perfezione apparente esistono nodi insoluti, segreti non rivelati, attimi di grandi difficoltà nascosti nel passato e pronti a sbocciare, a ripercuotersi sul presente. L’autunno è la stagione della malinconia, del disfacimento, della crisi, ma anche delle mille sfumature di colore – del dettaglio che deve essere colto per riscoprire la bellezza, la forza del mondo. Infine l’inverno, il periodo tradizionalmente associato alla fine, ma anche quello in cui si pongono le basi per un nuovo inizio.
Siamo tutte emotivamente immature perché tu e papà vi volete bene più di quanto ne volete a noi” (p. 442) dice a un certo punto una delle ragazze alla madre, mettendo in luce il punto nodale della narrazione. Il rapporto viscerale, carnale, di reciproca necessità di David e Marilyn condiziona infatti non solo l’evoluzione della loro storia, ma anche il rapporto con le figlie, e quello di queste ultime con la realtà:
Le ragazze li videro. Tutte e quattro guardarono i genitori, ciascuna da un punto diverso del prato, ciascuna avvertita della loro assenza dalla festa grazie all’impulso, un residuo dell’infanzia di cercare la rassicurante vicinanza di coloro che ti hanno creato e che si sentiranno sempre in obbligo verso di te, in qualunque circostanza; ciascuna delle quattro figlie interruppe ciò che stava facendo per osservarli: la sfera splendente e insondabile dei loro genitori, due persone che emanavano più amore di quanto l’universo sembrasse disposto a concedere. (p. 13)
Le ragazze sono pianeti che, pur seguendo orbite differenti, ruotano intorno a un unico centro gravitazionale, la casa di famiglia, a cui continuamente fanno ritorno.
Tutte mentono, prigioniere di vite che sono perfette solo sulla facciata e di cui cercano invano di nascondere le crepe profonde, forse insanabili: “Liza si chiese quanta parte di quella che sembra la normalità della vita adulta sia solo un’approssimazione, il frutto di uno sforzo, una buona prova di recitazione” (p. 189). I genitori, per la prima volta, si rendono conto di non conoscerle davvero, iniziano a sospettare di essere stati troppo presi dalla loro coppia per rendersi conto delle loro derive (“David si tranquillizzò. Lei sapeva. Nutriva i suoi stessi sospetti. Le loro figlie erano un casino. Andava tutto a rotoli”, p. 109). È difficile capire davvero un’altra persona, anche all’interno del nucleo familiare, perché ciascuno interpreta gli altri sulla base dei propri personali pregiudizi, del proprio modo di guardare al mondo. Le figlie non sospettano che il matrimonio dei genitori, nei loro primi anni, sia stato tutt’altro che facile. Che la madre abbia subito la maternità e attraversato momenti di severa depressione, avendo dovuto rinunciare alle proprie ambizioni per amore delle figlie (“A ventinove anni Marilyn era diventata così saldamente, irrevocabilmente mamma di tre bambine che non c’era spazio per nient’altro, e anche se quello spazio ci fosse stato non c’era nient’altro, perché lei non aveva mai potuto scoprire nessuna delle sue altre identità prima della nascita delle loro figlie”, p. 222). Al tempo stesso anche Marilyn e David non hanno che un minimo accesso alle sofferenze delle figlie, che spesso preferiscono confrontarsi e scontrarsi, o cospirare, tra di loro piuttosto che coinvolgerli.
Eppure il legame tra chi condivide lo stesso sangue e un’intera vita in comune risulta più forte dei non detti, o delle strane diversioni che le singole scelte, o anche solo la sorte, impongono alle esistenze dei personaggi. Nel lessico famigliare dei Sorenson, “Mai stati così felici” è espressione antifrastica, usata nei momenti di malessere per ricordarsi di qualcosa di più potente, più grande e più bello, di un amore in grado di valicare ogni difficoltà, che dopo averli allontanati li riporta vicini l’uno all’altro.
Molti sono i temi che emergono dalla trama, il più presente è forse quello della maternità, esplorata da diverse prospettive: sofferta, cercata, mancata, rinnegata, appresa... tutte le donne Sorenson, a parte Grace, congelata nel suo ruolo di piccola di casa, devono farci i conti: oltre a Marylin, Wendy, a cui è stata strappata brutalmente la possibilità di avere figli dall’amato Miles e ora si trova in casa quello adolescente della sorella, senza riuscire ad assumere pienamente il ruolo dell’adulta; Violet, che vede piombare nella sua esistenza equilibrata il frutto di un errore giovanile e non riesce a instaurare con lui un rapporto sano, pur essendo straziata da un affetto profondo e inconfessabile; Liza, che si scopre incinta di un uomo che non ama e non sa se potrà amare neanche il bambino.
Motore degli eventi, in qualche modo, è Jonah, l’elemento incongruo, il nuovo arrivato, che pure è parte integrante della famiglia, che ne condivide il sangue ma riesce a vederla dall’esterno, come chi non ne ha sempre fatto parte. Grazie ai Sorenson, il ragazzo, sballottato per anni tra una coppia affidataria e l’altra, sperimenta per la prima volta una stabilità insperata e si concede di provare un affetto nuovo: “la verità era che dopo l’incidente del viadotto non si era mai sentito in diritto di provare un legame per qualcun altro, genitore, fratello o ragazza” (p. 288). Jonah è motore degli eventi, che innesca a volte quasi suo malgrado. Intorno a Jonah si coagulano i peggiori segreti di famiglia, ma anche la possibilità di una loro risoluzione, di una pacificazione da ricercare.
La sua storia, come quella di tutti gli altri comprimari, viene indagata nel profondo, con una grande attenzione al dettaglio e all’analisi psicologica, ma anche con una grande verosimiglianza nei dialoghi, vivaci e articolati, che rivelano la complessità delle relazioni di lunga data all’interno del nucleo famigliare.
Quello dei Sorenson è un gorgo da cui nessuno dei personaggi può, né desidera realmente, fuggire, e questo vale anche per il lettore, che si trova avvinto per quasi settecento pagine e non riesce quasi a posare il volume, totalmente assorbito dalle complesse trame che l’autrice riesce a intessere con sentita partecipazione, con evidente e condivisibile affezione per i suoi personaggi.

Carolina Pernigo







Per chi abbia amato la serie tv This is us, o per chi sia affascinato dalle saghe familiari che si sviluppano nel tempo, in un continuo intreccio di piani temporali, non può che essere una manna dal cielo l’arrivo di questo romanzo di #clairelombardo, appena edito da @libribompiani. Un volume ponderoso, quasi settecento pagine, che scorrono veloci grazie alla capacità dell’autrice di intessere la trama, di muovere in uno scenario complesso personaggi vividi, di spessore, indagati nella loro evoluzione: David e Marilyn, una coppia apparentemente perfetta, e le loro quattro figlie femmine, che vediamo confrontarsi (e spesso fallire) con il modello inarrivabile dei genitori. @quinquilia ha appena finito il libro dopo una vera e propria maratona di lettura e non vede l’ora di scrivere la recensione. Nel frattempo, diteci: anche voi amate le storie familiari? Le preferite su carta o sullo schermo? Quali sono le vostre preferite? #saghefamiliari #bompiani #maistaticosìfelici #instabook #instalibro #bookstagram #bookoftheday #bookish #igreads #igbooks #readingnow #newbook #bookaddict #booklover #cover #bookcover #inlettura #cosebelle #thisisus #family #summertime #summereading
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