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#SpecialeMeridiani - Emily Dickinson, poetessa ribelle

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La prima memoria che ho di Emily Dickinson la devo a mia madre, da sempre appassionata lettrice di poesia: Neruda, Garcia Marquez, Merini, Keats, e lei, Emily Dickinson, tra le capostipiti della poesia americana. Leggevo quei versi curiosi, originali, ne coglievo solo in parte il senso, ma immediata arrivava la bellezza della parola e la profondità del sentire. Poi è venuta l’immagine – fuorviante – di lei, la solitaria poetessa autoreclusa, vestita di bianco senza mai essere stata sposa, forse consumata da un amore non corrisposto, che ha scelto l’esilio circondata solo dalla propria fantasia poetica. Ci sono voluti altri anni e letture più approfondite per scindere la leggenda dalla realtà e riappropriarmi della poesia in tutta la sua forza espressiva. Similmente a quanto accaduto a Sylvia Plath, di cui si ricorda più spesso la modalità scelta per togliersi la vita dal valore della sua opera letteraria, anche per Dickinson resta nella memoria collettiva quell’immagine stereotipata, che certo ha contribuito ad alimentarne la leggenda, ma allontanandoci anche dalla realtà e dalla parola. Un’immagine manipolata, in parte per proteggerne la memoria – mi viene in mente, solo per fare un esempio celebre, il racconto biografico di Charlotte Brontë quale figlia devota votata al sacrificio, di cui si è a lungo cercato di negare il lato più passionale e ribelle del carattere – e in parte per creare la leggenda, perdendo però di vista oltre alla verità anche la forza della sue scelte.
Isolarsi dal mondo è stato per Dickinson un atto di ribellione contro una società nella quale non si riconosceva, una sfida al patriarcato e un atto di fede verso sé stessa.
Rileggere Dickinson all’università era stata quindi per me l’occasione per coglierne le sfumature fino a quel momento tralasciate, addentrarmi in quelle brevi composizioni che spalancavano mondi e scoprire quanto moderna, anticonvenzionale, sovversiva perfino, fosse l’opera e la sua autrice. Circolavano in casa mia diverse raccolte delle poesie di Dickinson e un Natale ho regalato a mia madre il Meridiano della sua opera completa, arricchito come sempre da un pregevole apparato critico e bibliografico, note, spunti, il testo inglese a fronte e le traduzioni affidate a voci differenti, nel complesso revisionate dal prof. Massimo Bacigalupo, all’epoca mio docente di letteratura angloamericana.

Se è improprio parlare di “riscoperta” per un’autrice che è ormai un classico del canone occidentale, forse possiamo parlare di rinnovata curiosità per l’opera e la sua creatrice, anche in seguito alla realizzazione per AppleTV della serie "Dickinson" che, pur con alcuni limiti e imprecisioni, mostra ancora una volta l’assoluta modernità della poetessa e l’incanto che sa creare nel suo pubblico. 

Ognuno di noi legge la propria visione di una storia, interpreta secondo il proprio sentire versi e immagini, e ognuno di noi coglie aspetti diversi del personaggio: per me, Emily Dickinson rappresenterà sempre la poetessa della natura, del tumulto interiore che si fa tempesta dietro una calma solo apparente, delle passioni forse non pienamente vissute ma di certo provate, della fantasia poetica ricchissima, dell’ossessione per la morte, delle innumerevoli maschere con cui ha costruito il proprio io poetico. Lascio ai lettori una selezione minima dei brani se non più rappresentativi di sicuro per me più emozionanti e carichi di significato.

Morii per la bellezza - ma non m'ero
ancora ancora abituata alla mia tomba
quando un altro - morto per la verità -
nel sepolcro vicino fu adagiato -
Piano mi domandò perché ero morta -
"Per la bellezza" - gli risposi - e lui:
"Io per la verità - è una sola cosa"
disse "siamo fratelli". (449)

Alla parola "fuga"
mi si accelera il sangue,
un'improvvisa attesa
quasi in volo mi tende!
Se dicon d'ampie carceri
infrante dai soldati
mi aggrappo alle mie sbarre
come un fanciullo - sempre
per ricadere vinta! (77) 

O frenetiche notti!
Se fossi accanto a te,
queste notti frenetiche sarebbero
la nostra estasi!
Futili i venti
a un cuore in porto:
ha riposto la bussola,
ha riposto la carta.
Vogar nell'Eden!
Ah, il mare!
Se potessi ancorarmi
stanotte in te! (249) 

Nessun vascello c'è che come un libro
possa portarci in contrade lontane
né corsiere che superi la pagina
d'una poesia al galoppo -
Questo viaggio può farlo anche il più povero
senza pagare nulla -
tant'è frugale il carro che trasporta
l'anima umana. (1263)

Di Debora Lambruschini