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#CriticaNera - Un Malox a colazione, per digerire la Milano spietata e decadente di Mariella

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Malox for breakfast
di Piero Mariella
Giraldi Editore, 2018
pp. 214
€ 12,50


La città è un lupo stanco e sempre affamato. Un manto spelato su una carcassa scheletrica di strade disastrate. I grattacieli denti affilati incastonati in gengive nere e senza più presa. Il vecchio lupo ha percorso zoppicante la sua strada.(…) Digrignando i canini logori e grigiastri, il lupo si è appostato con calma, aspettando il nostro passaggio. Dopo un piccolo rigurgito di appetito, si è leccato il muso sporco di fango e ci ha ingoiato tutti. (p. 206)
La citazione, tratta dalle pagine finali di Malox for breakfast, secondo romanzo di Piero Mariella (Giraldi Editore), anticipa e suggerisce l’elemento più interessante del libro, il racconto di una vicenda bizzarra che ha per protagonista il (non più tanto) giovane e (certamente alquanto) cinico Stephan Corradi.
Ma prima di illustrarlo, e di spiegare quale invece sia, a mio parere, l’aspetto un pizzico più fragile del testo, vediamo la trama.
Stephan Corradi, trentaquattrenne assicuratore milanese doc, vive una vita tranquilla, a tratti noiosa: una giovane fidanzata, un lavoro banale, qualche amico e una mamma chioccia, leitmotiv del romanzo, che lo chiama insistentemente (senza mai riuscire a parlarci), preoccupata dell’eccessiva latitanza del figlio.

Un giorno riceve una misteriosa e inquietante telefonata da parte di qualcuno che lo scambia per il signor Paolo Masi. Il tono dell’interlocutore non è per niente rassicurante e la richiesta è perentoria: poche ore per racimolare una cifra da capogiro e salvarsi la vita.
Ma chi è Paolo Masi e perché il ricattatore chiama Stephan Corradi? Inizia così una corsa contro il tempo che scava nel passato, alla ricerca di un vecchio amico scomparso nel nulla, con l’aiuto  dell’affascinante ex fidanzata di Masi.

Una trama semplice, pochi personaggi e un mistero centrale da risolvere: elementi che giocano a favore della riuscita del romanzo, nel quale l'autore tenta (sapientemente) di tenersi alla larga da eccessive complicazioni, riuscendo così a concentrarsi sulla definizione del protagonista, Stephan. L’assicuratore milanese è, chiaramente, il personaggio meglio riuscito all’interno del romanzo, forse l’unico con una solida coerenza e unmix di malinconia e sarcasmo che lo rende reale agli occhi del lettore. Chiunque di noi conosce o ha incontrato nella propria vita uno Stephan Corradi: può essere un fratello o il vicino di casa single incallito; un vecchio amico sempre pronto a una birra o lo zio affascinante che la mamma definisce “irrecuperabile”. Stephan Corradi potremmo essere noi stessi.

Se Stephan è quindi il protagonista ideale di una storia metropolitana che si tinge di giallo, la stessa coerenza e solidità non si ritrova negli altri personaggi: a tratti poco definiti, a tratti del tutto incoerenti o contradditori (i personaggi femminili in particolar modo – la segretaria Sonia, di volta in volta professionale, ammiccante, distaccata, confidente… O la ex di Paolo Masi, Letizia, che dimostra nel presente una confidenza e un’intimità con Corradi di cui non c’è traccia nei racconti del passato). È la contraddittorietà l’elemento fragile di un romanzo che presenta, tuttavia, spunti interessanti ed elementi senz’altro piacevoli: una fragilità che dai personaggi si riversa nella trama (non convince del tutto il finale e i passaggi che ci conducono a esso) e, per certi versi, nel tono della prosa.
In alcune pagine, infatti, la narrazione muta di stile e ritmo in maniera repentina, abbandonandosi a descrizioni più lente e prolisse, all'apparenza fuori contesto ed estranee al tono narrativo in cui sono inserite, che costituisce in verità il vero elemento di forza del romanzo. Basti leggere questo passaggio:
Sentori di caffè e tabacco mi accompagnano nello scendere i gradini, e nello sfiorare con le dita il legno del corrimano cerco di ricordarmi come si chiamava il profumo… (…). Un alone di malinconia, come una patina di brina dopo la fredda nottata d’inverno, si adagia su Milano, raggomitolata ancora nelle sue tonalità di grigio e antrace. (p. 23)
E confrontarlo con la forza narrativa di:
Rinchiusi in becere trattorie e paninoteche, imprigioniamo le nostre coscienze nel perfetto quadretto di un menù fisso, allungando tutto con alcol e bile. Come un vecchio furgonato malandato e arrugginito macina chilometri sbuffando da un tubo di scarico traballante, così Milano consuma gasolio e tempo sulla pelle di barboni e manager dalle ulcere variopinte… (p. 54)
E qui si giunge all’elemento davvero interessante di Malox for breakfast: la capacità dell’autore, il suo vero talento, di farne un romanzo metropolitano, che conferisce fascino e godibilità alla narrazione, donandole un fattore d'originalità che vale la lettura. Attraverso la lente opaca della metropoli, del suo spietato perpetuarsi, guardiamo ai protagonisti di questo giallo come a paradossali elementi di fondo, marginali rispetto all'unico personaggio realmente centrale: il capoluogo lombardo. L’insoddisfazione cronica del protagonista costituisce lo specchio del decadimento di una metropoli, Milano appunto, un tempo culla di attività e frenesia, oggi soltanto scheletro di un florido passato.
Stephan è la metafora della Milano rassegnata, intrecciata di apparenza e cinismo, e Milano è la perfetta bambagia che immobilizza Stephan, con le sue infinite sfumature di grigio, il suo freddo orizzonte che imprigiona anziché aprire all’ignoto.

Barbara Merendoni