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Che cosa mangiava a pranzo un Neanderthal: A cena con Darwin di Jonathan Silvertown

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A cena con Darwin
Cibo, bevande ed evoluzione
di Jonathan Silvertown
Bollati Boringhieri, 2018

Traduzione di Andrea Migliori

pp. 227
€ 25


Non avreste mai creduto come la pizza che, questa sera, avete davanti a voi, "fumante di bontà", sia in realtà il frutto di una ricerca tecnico-scientifica millenaria, a cui hanno contribuito generazioni e generazioni di donne e uomini prima di voi: la meraviglia che si prova nello scoprire ciò e molte altre cose è tutto merito di A cena con Darwin. Cibo, bevande ed evoluzione di Jonathan Silvertown, uscito per Bollati Boringhieri. Ancora una volta la casa editrice di Torino si segnala per una pubblicazione di alto, altissimo livello la quale, grazie a una scrittura semplice ma non semplicistica (grande merito va anche ad Andrea Migliori che si è occupato della traduzione) ci fa, letteralmente, scoprire un mondo in cui ogni singolo alimento che oggi vediamo sulla nostra tavola non è quasi mai "uno spontaneo frutto della Terra" ma il risultato di un lungo lavorio dell'essere umano.
Questa idea di artificiosità della natura che ci sta intorno, concetto che viene fuori chiaramente da queste pagine, è quasi subito trattata nello specifico dallo stesso Silvertown che, lungi dal voler fare del moralismo, dichiara in modo chiaro come occorra non vedere sempre come qualcosa di negativo l'artificiosità, dato che, in molti casi, tale caratteristica è un segno di progresso. Di grande progresso.

E proprio in tale ottica si comprende perché la narrazione descriva come se fosse un'avventura l'addomesticazione dei bovini e dei suini, la selezione dei pomodori, che da piccole bacche quasi insapori sono diventati quei meravigliosi globi color del sangue così importante per la nostra cucina o come il mais odierno, il cereale più utilizzato al mondo, è il frutto di un colpo di genio degli antichi abitatori delle Americhe: perché è un'avventura grande come l'Antropocene, il nostro tempo. 

Silvertown, docente di Ecologia Evoluzionistica ad Edimburgo, costruisce un vero e proprio viaggio attraverso le meraviglie dei cibi e del lavorio che l'uomo vi ha fatto su di essi. E per farlo parte proprio dalle basi, ovvero da Lucy, il primo esemplare integro di Australopithecus  ritrovato. Lo scrittore spiega quale fosse la dieta di Lucy in correlazione con quello delle altre specie umane successive a lei. E lo fa attraverso una buffa cena tra ominidi, presentando così come nel corso dell'evoluzione la dieta umana sia molto cambiata: partita come una specie di copia di quella dei piccoli mammiferi che vivevano sugli alberi, si è via via evoluta sino ad abbracciare praticamente ogni tipo di alimento, come oggi. 

Tuttavia l'autore, nonostante ricordi come la carne sia stato l'ultimo grande alimento ad essere introdotto nella dieta, sottolinea come "cibarsi di altri animali" non sia qualcosa di alieno alla nostra specie, ma anzi una tappa fondamentale della nostra evoluzione. Giusto per confutare, in un colpo solo, chi dice che l'essere umano sia un vegetariano "per natura" e chi sostiene che mangiare una bistecca sia qualcosa di assolutamente distante dalla vera natura della nostra specie. 

Proseguendo in capitoli sempre brillanti per scrittura ed esposizione, quello ad esempio dedicato ai formaggi è davvero uno dei vertici della divulgazione scientifica contemporanea. A cena con Darwin è un saggio emozionante e meraviglioso, che spiegandoci la vita di tutti i giorni, gli alimenti che tutti i giorni consumiamo, spiega anche noi stessi. 

Perché, come si ricorda nel libro, è proprio vera quella frase che dice: "L'uomo non è un animale così diverso dagli altri, forse la sua unica e incommensurabile specificità risiede nel fatto che sia l'unico a cucinare. La cucina è il tratto più evidente della nostra evoluzione". Altro che Masterchef e Quattro Ristoranti, no? La pizza che mangiamo in quel posticino che conosciamo solo noi è sempre la più buona: così come la storia di come "siamo diventati grandi" e come siamo oggi, è sempre la più bella. 

Mattia Nesto