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"Casinò Hormonal": non si è mai troppo grandi per il porno

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Casinò Hormonal
di Gianluca Mercadante
Introduzione di Luigi Carrozzo
Las Vegas Edizioni, 2018

€ 13,00
pag. 164

La critica di settore mi ha ribattezzato "il geyser della bassa piemuntèisa". Ai festival di genere, per orgoglio di appartenenza, per retaggio culturale, raddrizzo sempre la pronuncia "piemuntèisa" in colore che a bella posta citano questa curiosa quanto sintomatica definizione, nata un po' per gioco, un po' per caso, un po' perché, in effetti, il gentleman da me interpretato nei nostri film è solito annaffiare i primi piani delle sottomesse co-protagoniste con generose emissioni spermatiche. Da qui, l'azzeccata etichetta. 

Si è soliti dire "nomen omen" quando un nome calza con la professione svolta: quando uno si chiama Diego Paloalto, che lavoro potrà mai fare nella vita? Lui e il suo amico Sandrino sono nati e cresciuti in una piccola ed eccezionalmente tranquilla città del Piemonte, Vercelli: compagni quasi fraterni, da ragazzini avevano l'appuntamento fisso del pomeriggio per guardare Holly e Benji, ma un giorno Sandrino scopre la collezione di riviste del padre: il glorioso fotoromanzo erotico SuperSex che racconta le avventure di un superoeroe che, contrariamente a Superman, non si limita ad amare una sola donna. Tutti gli adolescenti rimangono ipnotizzati dalla pornografia, con conseguenti attività ludico-solitarie, ma in quanti trasformano questa passione in un lavoro? Sandrino e Diego si proiettano così nel mondo del porno, partendo da prime lavorazioni casalinghe (come non aver visto La Glabra Bernarda?) fino a grandi produzioni dagli alti richiami cinematografici (Ian Fleming ringrazia per la rivisitazione del suo agente segreto); i due giovani diventano dei grandi del settore. Ma un giorno qualcosa si inceppa: se uno diventa famoso con il nome di "gayser", la mancanza di pressione e consistenza può portare all'afflosciarsi di una carriera di successo.

Ammetto che la curiosità iniziale per questo romanzo di Gianluca Mercadante è scattata per la città di ambientazione: Vercelli, città di origine dell'autore e anche della sottoscritta, sembrava il palcoscenico ad un tempo più e meno probabile per una storia a tinte hard. Meno perché, anche nelle stesse parole dell'autore, è una città dove non succede un cazzo; più perché il famoso proverbio delle acque chete vale anche per le sonnolente cittadine. E poi c'era la voglia pruriginosa di vedere i luoghi della mia infanzia con una luce più soft e musiche leggermente sincopate da filmografia di genere. E devo dire che è stato un piacere: la città poteva essere utilizzata anche solo come ambientazione generica, ma l'autore la descrive con estrema precisione, con nomi di vie, luoghi di ritrovo e bar (uno su tutti la celeberrima Croce di Malta). Vercelli è il punto di partenza, ma anche di ritorno dei protagonisti che, una volta raggiunto il successo, scelgono di organizzare la loro troupe personale proprio a Vercelli senza farsi tentare da città più grandi o palcoscenici più prestigiosi. Certo in maniera un po' particolare e goliardica, ma è un gran bel canto d'affetto verso la città.
Ammetto anche che l'argomento non mi tirava più di tanto. L'hard nel mondo editoriale degli ultimi anni non richiama più alla mente illustri opere classiche, ma ben meno pregevoli prodotti dal grande successo commerciale. Parlare di porno, di hard e di sesso non è semplice: si rischia di incorrere nella volgarità gratuita, nello stereotipo o, nel caso peggiore, nello stucchevole. Casinò Hormonal si destreggia bene in questo argomento, perché fare porno viene trattato come un lavoro qualsiasi. Certo, non ci nascondiamo dietro dita o allusioni: parliamo di consistenze spermatiche, di tecniche da 5 stelle sul pompino e di manici di gatti a nove code nel culo. La madre di Diego si riferisce al lavoro del figlio come al "fare le schifezze" e fare porno è, nelle parole del produttore della casa cinematografica Dreamporks, 
Riprendere per ore, per giorni, per mesi, un coglione e una mignotta che fottono. 
L'argomento è ben spiattellato, ma a conti fatti, è un lavoro come un altro, con i suoi pro e i suoi contro. Porta stress nella coppia fatta da Diego e Tiziana (la migliore ex fluffer del settore) che cercano di avere un figlio; porta incomprensioni tra Diego e Sandrino, che è il suo regista di fiducia ed è preoccupato che il suo "gayser della bassa" non eiaculi più alle distanze e con la consistenza di cinque anni prima. Spinge a fare sacrifici, come quello di immolare la propria prima volta per l'amore dell'harte. Insomma fare porno è lo sfondo per le dinamiche umane che si troverebbero in qualunque altro settore. D'altra parte, anche De Crescenzo trovava più degradante andare al lavoro all'IBM tutte le mattine che non fare la prostituta.
L'effetto comico è comunque innegabile: sia per l'ironia insita nella voce dell'autore, sia perché, possiamo raccontarcela, ma non leggeremo mai di "ansia da prestazione lavorativa" su un set di questo tipo come leggeremmo dell'ansia di consegna di un progetto di architettura. I boccacceschi personaggi di contorno come Jolanda detta Jole (il cui nome è chiaro presagio della sua occupazione) regalano dei momenti di pura ilarità.
Si segnalano alla critica di settore almeno due inquadrature degne di nota, per testo e interpretazione: nella prima, Glabra Bernarda, in primissimo piano, guarda verso di noi con un'espressione in volto che definirei famelica solo per premiare la buona volontà dell'attrice al suo esordio. Ma ecco la battuta:
-Asportami le tonsille, bastardo!- 
Casinò Hormonal, originariamente pubblicato in formato e-book nel 2013 da Lite Edizioni, e poi, visto il grande successo, approdato con una nuova versione alla Las Vegas Edizioni, è un'opera ironica con quella scabrosità ben dosata che dà l'idea di leggere un libro proibito, quasi fossimo tornati tutti adolescenti e sbirciassimo le pagine di un giornaletto zozzo. E certe vie di Vercelli, farò fatica a guardarle nello stesso modo di prima.
Giulia Pretta