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"Gli stonati": ciò che immorale non è

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Gli stonati
Autori vari, a cura di Alessio Romano
Neo edizioni, 2017

208 pp.
€ 16,00



22 storie che spaziano dal racconto di formazione di Marco Drago al noir urbano di Piergiorgio Pulixi, dalla fantascienza di Gianluca Morozzi alla favola di Yasmin Incretolli: tanti generi diversi, fra i quali trovano spazio veri e propri trip godibilissimi e assolutamente realistici, soprattutto per chi – come il sottoscritto, e lo dico senza vergogna alcuna – fa uso di marijuana. Questo è l'ultimo libro della Neo edizioni, un'antologia di racconti curata da Alessio Romano.
Gli stonati non è un trattato scientifico che espone chiaramente i pro e i contro dell'uso (o dell'abuso) del THC; Gli stonati non è un saggio che presenta punti di vista etici o ideologici sul perché sia giusto o sbagliato fare uso di sostanze psicotrope: Gli stonati è, come dice il sottotitolo, un Manifesto letterario per la legalizzazione della cannabis, e come tale è assolutamente di parte. Ci si deve avvicinare a questo testo sapendo che gli scrittori che hanno contribuito con i propri racconti sono tutti, chi più chi meno criticamente, a favore della legalizzazione delle droghe leggere.

Ed è giusto che sia così, aggiungo io uscendo dalla recensione ed entrando nella mera opinione personale. Come i racconti di Alessandro Berselli (Un bambino così bravo) e Romano De Marco (Legalizziamola!) mostrano così bene, sulla questione "legalizzazione" l'opinione comune è altamente ipocrita: alcol, tabacco, gioco d'azzardo, sesso e pornografia sono tutte attività o sostanze che causano dipendenza, eppure sono legali nonostante i primi tre, soprattutto, siano causa di molti mali nella nostra società civile. Basta compiere una ricerca su Google scrivendo "THC pericolo alcol" per trovare diversi articoli (Il PostWiredHuffington Post) che affermano quale delle due cose faccia più male, anche solo per gli effetti a brevissimo termine sui comportamenti sociali. Allora perché, ci si chiede, questa demonizzazione? Con le parole di Berselli:
Il tuo è un ragionamento a senso unico. Sai cosa penso che dovrebbe essere illegale? L'infelicità. L'indolenza. La gente che smette di raccontarsi le cose, di essere curiosa. Chi non legge. Chi non ascolta musica. Chi va al ristorante e non parla. La maleducazione dovrebbe essere illegale. Chi parla forte al cellulare. Chi non rispetta la fila e ti sorpassa a destra in tangenziale. Il razzismo e l'arroganza, la prepotenza, gli insulti negli stadi. Chi maltratta le donne, i bambini, i cani. Queste sono le cose che ti dovrebbero inquietare, santo Dio. La cannabis non è un valore morale.
Una prima e importante risposta alla domanda viene dal racconto di Pulixi Il male minore, che parla di connubi fra cartelli della droga messicani e ndrangheta calabrese:
Sapeva che allo stato attuale sarebbe stato impossibile debellare i grandi cartelli della droga e che, per quanto potesse apparire assurdo e paradossale, era una mossa strategicamente più perspicace accordarsi con le mafie che cercare di combatterle a spada tratta, perché ormai si erano insediate dappertutto.
Si torna dunque al racconto di Berselli, a mio avviso il più riuscito insieme a quello (meno "politico") di Francesca Bertuzzi Il culo alla Leoni. Quando la madre del protagonista gli risponde, ignorando le sue argomentazioni, che «La droga non è un'idea politica», quello risponde, palesando una verità assoluta: «Eccome se lo è. Che cazzo.»
In parole povere (e romane): su 'sta questione ce magna troppa ggente.
Quindi è bene che se ne parli.

David Valentini