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È ancora possibile l'incontro nella letteratura moderna?

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L'incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell'uomo occidentale
di Romano Luperini,
Laterza, 2017

1^ edizione: 2007
pp. 344
€ 24 (cartaceo)
€ 13,99 (ebook)


L'incontro, fortemente legato a uno specifico cronotopo, è un tema chiave della letteratura di tutti i tempi e Romano Luperini, con la sua grande esperienza di critico e la sempre attenta sensibilità nelle letture testuali, sa bene che è impossibile scrivere uno studio che miri alla completezza. Dunque, occorre operare una selezione, innanzitutto cronologica: a interessare Luperini non sono gli incontri tradizionali, quelli che hanno in sé qualcosa di profetico o, perlomeno, che cambiano sostanzialmente la trama della narrazione. Lo studioso vuole invece soffermarsi sull'età moderna, o meglio sui cambiamenti che avvengono nella concezione narrativa dell'incontro tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. 
Momento di grandi cambiamenti storici, economici e sociali, la modernità non fa sconti e intacca anche gli incontri: spesso fortuiti, non è detto che questi cambino il soggetto, che invece è spesso dominato da pulsioni che non domina mai pienamente. Dimentichiamo la centralità dell'incontro (strutturale, oltre che tematica) dei Promessi sposi: come Luperini rivela in una lettura trasversale del romanzo manzoniano, lì ogni evento è riconducibile a un incontro, inteso come confronto tra due individui, spesso rappresentanti del bene o del male. In gioco, ci sono sempre rapporti di forza, ora legati a differenze di gerarchia, classe sociale e/o ordini civili, perlomeno fino alla peste, in grado di ribaltare lo status quo. Tutta la trama si crea attorno a un «sistema di relazioni in conflitto», come sosteneva Brogi, fondato su opposizioni binarie. Basti pensare all'incontro del primo capitolo tra Don Abbondio e i Bravi; a quello tra Don Abbondio e Federigo Borromeo; o ancora a quello centrale tra Lucia e l'Innominato, per citarne solo tre. 

Il divorzio irrecuperabile tra sfera privata e dimensione pubblica presente nella società di metà Ottocento si ripercuote nel romanzo: ecco che a partire dal 1848 l'eroe risulta privo della spinta propulsiva che aveva in precedenza e all'incontro essenziale di tipo manzoniano si sostituiscono incontri mancati, incontri sostituiti da altri di minore importanza, incontri solo ricordati, incontri impossibili o irrealizzabili. Insomma, nella modernità vi sono solo «faccia a faccia inquietanti e perturbanti», talvolta inessenziali alla trama narrativa, però in grado di produrre traumi nel personaggio o di dare ragione per la fuga.

Se l'incontro diventa inessenziale per l'apatico e inetto Frédéric dell'Educazione sentimentale di Flaubert, è perché il protagonista non è in grado di partecipare alla storia del suo tempo né di prendere decisioni sulla sua vita: è un personaggio statico, senza evoluzione, che improvvisamente si ritrova anziano senza mai passare attraverso l'adultità. Anche l'amore per Madame Arnoux, potenziale punto di svolta, è stato montato da Flaubert in modo tale da dimostrare la vuotezza di una storia d'amore post-romantica, ormai moderna. 
L'amore non è più un'esperienza totalizzante, o perlomeno può essere concentrato e limitato a un solo episodio, poi ricordato ogni sera: è questo il destino di Henriette, giovane protagonista di un racconto di Maupassant, Une partie de campagne, in cui la gita in campagna con la famiglia offre alla diciottenne Henriette un rendez-vous con un canottiere. Poteva essere un'avventura, favorita dall'evasione domenicale, e invece sia la ragazza sia il canottiere serbano il ricordo, intatto, del pomeriggio insieme, nonostante ormai il ricongiungimento sia ormai possibile solo nella memoria. In questo caso, dunque, l'incontro può diventare esperienza, ma solo interiore e non comunicabile; non può in ogni caso mutare direzione di vita. 
La possibilità dell'amore viene negata anche da Svevo: in Senilità, la passione potrebbe provocare un'adesione improvvisa e inaspettata alla vita, ma il protagonista fa un passo indietro e la donna amata resta sempre simbolo dell'alterità pura, qualcosa di inconoscibile fino in fondo. Così il senso stesso diventa individuale e privato, in contrasto con il mondo esterno e con le tante parti che compongono l'io frammentato. 
Anche Proust, con Un amore di Swann, dimostra come l'amore sia impossibile nella sua pienezza e susciti anzi gelosia, intesa come una verità tutta privata, in cui il protagonista moderno si strugge, denundando un inevitabile senso di inferiorità rispetto alla persona amata. 
D'altro canto, la società di massa moltiplica le occasioni di incontro e i luoghi dove questi avvengono: non si tratta più dei luoghi chiusi di un élite, ma di luoghi di passaggio, come stazioni, battelli, treni,... Ecco che allora il viaggio assume una duplice valenza: da un lato, risponde a un progetto razionale; dall'altro, è aperto ad avventure impreviste, date dall'irruzione del caso. Lo si legge benissimo nel racconto di Musil Die Vollendung der Liebe ("Il compimento dell'amore"), in cui una giovane madre, in viaggio per far visita alla figlia in collegio, si concede a un uomo del tutto insipido e comune. Semplicemente, la donna cede, si lascia andare al richiamo della ferinità per essere fedele a sé stessa e rompere per una volta le convenzioni sociali. Quindi, si tratta di tradire il marito per non tradire sé stessa, secondo una concezione di incontro casuale che ha molto di predestinato. L'incontro-scontro con il viaggiatore ha proprio la funzione epifanica di rilevare come ognuno di noi abbia poco margine di decisione: parafrasando Luperini, si obbedisce o alla coazione delle convezioni e dell'ordine civile, o al flusso magmatico del proprio destino profondo. 
Se già il distacco tra società ed esistenza interiore è qui ben rilevato, questo si accentua nel Mastro Don Gesualdo di Verga, in cui l'equilibrio del soggetto è ormai minato irreparabilmente. Al protagonista tocca un pesante contrappasso: più migliora negli affari, più rovina la sua vita privata. Gli incontri che gli si presentano sono dei momenti di rivelazione, come si addice a un romanzo a tesi: da ogni incontro traspare la «ripetitività vuota» delle esistenze, lo sperpero delle energie senza una vera finalità. In ogni caso, si viene vinti, suggerisce Verga di pagina in pagina. 
Se in Dedalus di Joyce l'incontro epifanico avviene tra stati d'animo mutui, per cui ognuno trova nell'altro ciò che l'inconscio gli suggerisce, la casualità degli incontri è portata al limite con Pirandello. Luperini si concentra sui Quaderni di Serafino Gubbio operatore e si permette qualche incursione nel celeberrimo Il fu Mattia Pascal, ma tutte le opere del grande scrittore siciliano dimostrano la follia della vita associata. La rivelazione della condizione umana è sempre traumatica ed ecco che l'incontro si ammanta di exemplum o di apologo morale: è pienamente funzionale allo sviluppo di una tesi, non alla narrazione. L'incontro non racconta l'esperienza, ma la necessità di rinunciarvi: i protagonisti pirandelliani, infatti, pur intravvedendo una chance di partecipare al flusso della vita, vi si sottraggono, intrattenendo con la realtà un rapporto astratto e virtuale. 
L'incontro si fa sempre più perturbante in Federigo Tozzi, già a partire da Bestie: questo produce un disturbo nella percezione e nel rapporto con il mondo, è un incidente, in cui il protagonista si sorprende e quindi prova ansia. Anche il rapporto d'amore (si pensi a Con gli occhi chiusi) non è meno problematico: l'opposizione tra soggetto e mondo è ormai fortissima e irreparabile.

Se questi sono i testi narrativi su cui Luperini concentra maggiormente le sue attenzioni critiche, molto interessanti anche i cenni finali, in un capitolo che tocca Calvino, Fenoglio e Roth. 
Affascinante per lo sguardo brillante, preciso e, al tempo stesso, piacevolmente limpido di Luperini, lo studio è un ottimo strumento che offre percorsi di lettura alternativi da proporsi come lettori e da proporre in un corso universitario (o, semplificando molto, in un liceo). Indubbiamente, una splendida lettura, ancor più piacevole per chi ha letto le opere in oggetto e può godersi pienamente il piacere di una rilettura, illuminata però da una luce nuova. 

GMGhioni