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Fra la notte e l'alba: "Delia è di nessuno" di Ilaria Milandri

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Delia è di nessuno
di Ilaria Milandri

Laurana Editore, 2016

pp. 405
14,02 €



Di Delia, protagonista del romanzo di Ilaria Milandri, ricorderò l'uscire mattutino, l'aprirsi a un'aurora, dopo la notte, alla ricerca di quella «specie di bellezza in quel che resta di un'atrocità». Personaggio cinico e nichilista, prostituta per ripicca contro la vita "onorata e rispettabile" che il padre aveva voluto imporre a lei e alla madre, seguendo il suo narcisismo da studioso e la sua fama da intellettuale.
Si chiamava Delia Elena San Marco perché suo padre, Antonio, aveva amato Borges più di quanto non avesse amato lei e se ne era fregato se mettendole un nome del genere le avrebbe potuto causare non pochi problemi, ma se ne era fregato sempre di un sacco di cose, suo padre, e così l'aveva chiamata Delia Elena San Marco. Di cognome faceva Bruno.


Ce la presenta così, con un linguaggio diretto e talora spigoloso, come la sua protagonista. Delia è piena di odio verso il padre e verso la madre, più di tutti verso se stessa, probabilmente. Di una bellezza eclatante, impegnata a progettare suicidi ma poi tirata dentro i preparativi del funerale di suo padre. L'aurora che cerca la trova in Adamo, un anziano vedovo che la mattina presto porta il cane al parco, in attesa che apra il cimitero. Adamo è l'unico essere che scalfisce l'indifferenza di Delia, che si mostra subito curiosa di conoscerlo, di sapere qualcosa di lui, di comprendere il senso della dedizione verso la moglie che nemmeno la morte ha interrotto. Verso Adamo, Delia ha immediatamente (e noi lettori ci sorprendiamo almeno quanto la protagonista) attenzioni tenere, un tipo di osservazione diversa da quella che riserva al resto degli uomini: 
Era vestito troppo leggero per la temperatura di quei giorni, pensò mentre lo vedeva sparire dietro un enorme cespuglio di un sempreverde.

Adamo è indifeso, analfabeta, incapace quindi di proseguire la lettura del libro che la moglie gli leggeva ogni sera. Delia li propone di insegnargli a leggere, di dare voce al mutismo dei segni che lo circonda da quando è morta la moglie. La Milandri mette in scena due Delia, quella cinica che si rapporta con i clienti e con la madre, e quella che si incontra con Adamo: 
Ma al parco, con quel vecchio, il resto dell'umanità non c'era, era altrove, su un altro pianeta probabilmente, e loro erano su una panchina in mezzo al mondo e basta. Forse lui era la sua ultima speranza. Speranza di cosa non lo sapeva, ma sentiva che era così. 
Questo ritorno all'umanità di Delia, per il tono autentico con cui viene narrato, è la parte migliore del romanzo, mentre ho trovato un poco stereotipati i rapporti con Montecristo, lo stravagante gestore di una drogheria, e con gli altri uomini, con i quali i dialoghi non raggiungono mai la forza espressiva di quelli con Adamo. Come nella dichiarazione di Delia, quando lei prova a diventare di qualcuno e a scrollarsi di dosso la sua estraneità a tutti.

Tuttavia, il dramma di Delia rimane a volte distante dal lettore, troppo spiegato e mostrato in modo spesso prevedibile, anche nel finale forse ingombro di rivelazioni e avvenimenti. La verità resta nelle parole scritte da Adamo, nel biglietto di commiato, a bassa voce, nei sentimenti espressi con pudore. Anche la Milandri, a mio gusto, trova forza espressiva non nella frase ad effetto - di cui comunque mostra di essere un'abile giocoliera - ma nei chiaroscuri, nell'ellissi e nella sintesi.

Deborah Donato