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Luis Sepulveda, "La fine della storia"

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La fine della storia
di Luis Sepúlveda
Guanda, 2016

Traduzione di Ilide Carmignani
pp. 199
€ 17,00 (cartaceo)


Stavo andando a un appuntamento che non avevo cercato né voluto, e ci stavo andando perché non si sfugge alla propria ombra. Non importa dove stiamo andando, l'ombra di ciò che abbiamo fatto e siamo stati ci perseguita con la tenacia di una maledizione.
Il nuovo romanzo di Sepúlveda racconta uno spaccato di storia del Novecento. La fine della storia è dedicato alla moglie Carmen Yanez Sonia, la prigioniera 824, catturata degli uomini del dittatore Pinochet e rinchiusa a Villa Grimaldi di Santiago del Cile, dove fu torturata e martoriata insieme a tantissimi altri oppositori politici.
Il protagonista Juan Belmonte, ex soldato che ha combattuto contro il regime di Pinochet, vive con la compagna Veronica, donna rapita e sevizia durante la dittatura, in riva al mare nel sud del Cile, quando il passato torna a fargli visita. Agenti segreti russi hanno bisogno delle sue conoscenze e competenze militari per risolvere un intrigo internazionale.
Nelle pagine dense di avvenimenti e annotazioni, la storia e l’autobiografia si intrecciano: Veronica, come  Carmen, ha vissuto l’orrore del regime e si salva solo perché creduta morta.
Da quel portone Veronica era entrata con le mani legate e gli occhi bendati … Da quello stesso portone un giorno l’avevano fatta uscire, credendola morta, insieme ai copri senza vita di altre donne e di altri uomini giovani come lei, e li avevano gettati tutti in una discarica per seminare il terrore su cui si reggeva la dittatura.   
Molti sono i temi toccati dall’autore in questo racconto: politica, storia, memorie antiche e situazioni presenti, ma traspare anche l’amore incondizionato per la natura, gli animali, le bellezze paesaggistiche del Paese cileno, la vita di tutti i giorni e delle sue cose semplici, come il fare la legna per il lungo inverno australe, osservare il mare e le balene, guardare la cima del vulcano o trascorrere del tempo con i due pastori tedeschi, Zarco e Laika.
Non desidero altro che guardare il mare con Veronica stretta al braccio, sentendo il suo sguardo che passava dalla riva alle prime onde e di lì alle isole Cailin e Laitec, fino a raggiungere la riva vaga della Patagonia continentale. A quel punto le sue pupille cercano sempre la cima innevata del vulcano e si fermano impassibili, immuni alle mie promesse di attraversare un giorno il canale  navigare fino al golfo di Corcovado per vedere le balene azzurre che si accoppiano in quelle acque. 
Nonostante il susseguirsi di violenze e di dolori, non vengono mai meno la passione e la lirica partecipazione dell’autore per tutte le peripezie dei personaggi. In un susseguirsi di tormenti, brutalità e rancori, tra avventure e disavventure, è solamente la scelta di Veronica, di riprendere a parlare, a placare nel finale l’animo del protagonista e a riaccendere un lume di normalità nelle loro vite, sconvolte dalle amare sofferenze.
Allora gli arrivò nelle orecchie, penetrando fino all’ultimo angolo del suo corpo, la voce più desiderata, la voce che voleva risentire a qualunque costo, perché avrebbe dato la vita se necessario pur di riascoltare una sola parola di Veronica. Non ucciderlo, Juan! Gridò Veronica dalla scala che saliva nella mansarda, tenendo la Uzi puntata alla testa di Salamendi.     
Particolarmente originale appare la scelta di scandire i capitoli con le diverse latitudini e anche di lasciare nella traduzione, realizzata da Ilide Carmignani, alcuni termini in lingua originale in modo da accrescere il senso del reale e dell’autentico nelle vicende.
Con uno stile narrativo incalzante Sepulveda disegna eroi e antieroi di un’umanità variegata, con cura e attenzione delinea ogni singola personalità, quale traccia di un destino e di un vissuto. Se il coraggio, la pietà e la mestizia contraddistinguono caratteri e animi, la tenacia, l’amore e la speranza forniscono le risposte per un nuovo inizio.
Parla, compagna mia … smettila di proteggermi col tuo silenzio, tanto non possono più farci del male.

Silvia Papa