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#CritiComics - "Love addict": tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e invece già lo sapevate

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Love addict. Confessioni di un seduttore seriale
di Koren Shadmi
Bao Publishing 2016

Traduzione di Leonardo Favia
pp. 224
€ 22.00


K. è un ebreo newyorkese e ha tutto quello che ci si aspetta da un ebreo newyorkese. Occhiali spessi, gracilino, difficoltà col gentil sesso e un lavoro creativo (l'animatore, in questo caso). Dopo la fine di una storia d'amore, K. prevede di entrare in un periodo di quarantena e pensare solo a sé stesso, ma la cosa lo fa sprofondare nella solitudine e nella depressione. Stanco di ritrovarsi un peso morto in casa, il suo coinquilino lo obbliga a iscriversi a Lovebug, un'app di incontri. K. scopre il sesso occasionale e la sua vita cambierà totalmente.

Con il suo nuovo graphic novel, Love addict (Bao Publishing, 2016) Koren Shadmi, autore israeliano da anni trapiantato a New York, vuole mirare in alto. Tira in ballo Woody Allen, Robert Crumb e Chester Brown ma non riesce nemmeno ad avvicinarsi alla trimurti della sessuomania. Il suo fumetto non ci riesce perché il protagonista è simpatico, pettinato, educato, con i vestiti giusti, il lavoro giusto, il giusto anonimato, il giusto rispetto per sé stesso e la ragazza di turno. Allen, Crumb e Brown non avevano paura nel dipingersi degli schifosi, dei malati, delle brutte persone, degli stronzi di prima categoria. Mettevano in campo loro stessi nel gioco brutale e selvaggio del sesso, anteponendo i loro difetti, le loro piccolezze per far emergere non tanto la loro umanità quanto una piccola porzione di verità nei legami umani.

Con Love addict questo non succede mai né nella sceneggiatura - mai noiosa ma senza mai un guizzo, qualcosa che ci faccia capire che le cose andranno diversamente da come stiamo prevedendo - né nei disegni cui Koren Shadmi non riesce mai a dare una tensione interna, soprattutto nelle scene di sesso. Tutto è pulito e ordinato come il suo tratto, tutto è tranquillizzante come i colori pastello del fumetto, tutto andrà a finire proprio dove stiamo immaginando, verso la fatidica domanda: esiste il sesso senza l'amore? E la risposta che ci dà Love addict è quella che darebbe vostra madre e vostra nonna.



La storia scivola quindi tra scopate e lamenti inconsistenti verso un finale poco incisivo e decisamente paraculo. Perché Koren Shadmi fa terminare la dipendenza di K. prima della catastrofe, prima che essa diventi per davvero un problema. Shadmi ripara il suo personaggio, lo rinchiude in una safe zone e lo riporta sui binari della sua vita a deragliamento mai avvenuto. Così facendo Shadmi si protegge come autore e, nel momento in cui dovrebbe far fare al suo libro un impegnativo salto di qualità, si nasconde sotto il tavolo evitando i suoi doveri e scansando le sue responsabilità nei confronti della storia.

La poca incisività della messa in scena sembra quasi un suo voler evitare non solo una presa di posizione sull'argomento, ma proprio un punto di vista sulle vicende del suo protagonista. Impegnato com'è a rendere K. un personaggio simpatico e perfetto da compatire, Shadmi dimentica di farne vibrare le contraddizioni, di mettere in mostra le sue pulsioni nella maniera più umana possibile. Tra battutine, cordialità e simpatici pensieri erotici, K. rimane sempre un personaggio positivo, puro, bidimensionale. Anche quando la sua dipendenza lo porta ad avere un comportamento violento nei confronti di una ragazza, noi lettori non lo percepiamo mai come il pezzo di merda che in realtà è, ma come un povero Cristo in balia di un male più grande di lui.



Nella quarta stagione della serie tv Louie, c'è un episodio in cui Louis C.K. è protagonista di una scena molto simile. A un certo punto dell'episodio, Louie cerca di baciare Pamela (la sua fidanzata), la strattona, la chiude in un angolo, ma lei riesce a liberarsi e lo allontana con i soliti toni bruschi e segretamente dolci del personaggio, apostrofandolo con un umiliante "Non sei neanche capace di molestarmi". E la scena si chiude lì. Durante la quinta stagione è invece Pamela che attacca Louie. Dopo essere stato picchiato da una ragazza per strada, il protagonista chiede alla fidanzata di coprigli i lividi con del fondotinta. Finisce con lui truccato da donna e lei che, dopo avere indossato un cappello da baseball, lo scaraventa sul letto e lo obbliga a un rapporto sessuale. Nella scena successiva lui sembra decisamente soddisfatto.

Louis C.K. in questo caso (ma anche in gran parte degli episodi precedenti) evidenzia un fattore cui Shadmi accenna ma non decide mai di affrontare, ovvero il fatto che se il suo personaggio ha frequenti rapporti sessuali non è merito del carisma che a un certo punto crede di possedere e nemmeno della facilità con cui l'applicazione lo mette in contatto con altre donne, ma semplicemente perché parte delle donne con cui esce hanno anche loro voglia di scopare. K., pur essendo quasi sempre preda delle donne che incontra (tranne in un paio di casi), crede sempre di averle conquistate, ed è per questo che la sequenza dove molesta la ragazza non esplora le complicazioni dei rapporti tra gli adulti (come succede in Louie) ma - ponendo il personaggio su un gradino più alto rispetto alla ragazza - diventa solo una trovata narrativa per fargli prendere coscienza della sua condizione e, un'altra volta, un modo per proteggerlo dalle reali conseguenze delle sue azioni. 

Koren Shadmi proteggendo il suo personaggio, protegge anche sé stesso dalle difficoltà di un tema che non riesce a esplorare con la dovuta sincerità e cattiveria. Si nasconde dietro un bel tratto caricaturale, un po' di sano umorismo e dei colori che immergono New York in un continuo tramonto.

Matteo Contin
@matteocontin


Tavole riprodotte per autorizzazione della casa editrice