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La XXVI premiazione del Premio Calvino #lafinale26

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XXVI EDIZIONE DEL PREMIO ITALO CALVINO - Cerimonia di premiazione
Venerdì 19 aprile 2013, h. 17.30 - Circolo dei Lettori, Torino
Sono le 17.45 quando la giuria del Premio Calvino di quest'anno, composta da Irene Bignardi, Maria Teresa Carbone, Matteo Di Gesù, Ernesto Ferrero ed Evelina Santangelo, dà inizio alla 26^ premiazione. Il Circolo dei Lettori è gremito, e da un pubblico variegatissimo per età ma con la stessa passione per la lettura. Come precisato dal Presidente Enrico Castelnuovo, il Premio Calvino è un premio «necessario», dal momento che opera un filtro importante di selezione per la narrativa inedita italiana, nel miglior spirito calviniano. «Diventare scrittore, da scrivente, non ha età», e lo dimostra l'alto numero di partecipanti tra i 28 e i 55 anni. Qualche dato è necessario per testimoniare l'ampio prestigio e la risonanza del premio: i 30 lettori hanno dovuto spartirsi e lavorare su ben 570 manoscritti; a riconferma del trend degli ultimi anni, in prevalenza autori maschi dal centro-nord. Per la prima volta, invece, s'è registrato un buon numero (20) di manoscritti di italiani all'estero. E per la prima volta - operazione vincente - la premiazione viene trasmessa anche in streaming, dando l'opportunità di vivere almeno attraverso il monitor l'emozione dei finalisti (emozione davvero palpabile in sala). In questo modo, al live-tweet dei presenti hanno contribuito anche lettori appassionati che, dal pc, hanno assistito allo streaming e hanno potuto prendere parte alle discussioni in corso. 


La cerimonia, di per sé, ha testimoniato la sobria eleganza sabauda, senza fronzoli, mirata alle opere. Alla lettura di un estratto dall'opera finalista, l'autore si avvicinava alla giuria, ascoltava le lodi e le critiche e poi interveniva, rispondendo a una domanda o argomentando quanto ascoltato. Va detto che la giuria non ha trascurato il proprio compito e spesso ha ribadito come i romanzi finalisti siano ottime proposte su cui è necessario lavorare, editando e rifinendo. Sono usciti dapprima i cinque finalisti a parimerito e poi la terzina del podio. 

Domenico Dara

Si inizia con Domenico Dara, autore di Breve trattato sulle coincidenze, di cui la giuria coglie l'aspetto fuori dal tempo, di un'eleganza interessante e inaspettata. Protagonista del libro è Lorenzo Calogero, un postino-mentore che apre le lettere d'amore e le ricopia, conservandole in un archivio personale, finché una lettera in particolare innesca una concatenazione di fatti, da cui il titolo. Interessante anche la patina di dialetto calabrese, a scopo mimetico, che ambienta meglio l'intreccio di superstizioni del piccolo paese, teatro dell'azione.
Il movente dell'opera è da rilevare nella spinta a essere «bravo per gli altri, ma non per se stesso».

Carlo De Rossi
Segue Carlo De Rossi, che, ispirato da una frase di Pessoa, ha scritto Il ventre della regina. Si tratta di un lungo monologo di un educatore psichiatrico (elemento autobiografico), che  apre a perplessità sul mondo della psichiatria e dei tanti approcci diagnostici e terapeutici. La commistione tra fatti reali e fantasie schizofreniche ammorba il testo di sperimentalismo e provocazione. Il clima allucinatorio e il tema complesso rendono quest'opera inaspettata. Come precisato dalla giuria, è un romanzo in contro-tendenza, che richiede lettori disposti a farsi turbare e ad addentrarsi nel tema della malattia mentale. Dunque, per quanto De Rossi forzi a tratti la trama per virare verso il romanzo giallo, si tratta pur sempre di anti-evasione, e per questo necessiterà di un editore altrettanto coraggioso. 

Andrea D'Urso
Intrigante l'idea di Andrea D'Urso, che in Nomi, cose e città struttura l'opera secondo la divisione del noto gioco "a colonne". Il protagonista è un ex atleta che diventa gigolò, e cerca di isolare i traumi subiti attraverso una forma di sprezzatura del mondo. In realtà, la trama è ben più complessa, e richiede una lettura attenta, tra ricordi d'infanzia e impaludamenti del presente. Al centro, il tema della sconfitta è evidente, secondo quello che è stato definito dai lettori-critici «uno squallore beneducato». Come sottolinea l'autore, al centro vi è l'importanza di «quando un letto era tutto, nell'infanzia, al contrario di quanto sarebbe diventato poi, con il lavoro di gigolò». 

Stefano Perricone
Arriva Stefano Perricone, già finalista in una scorsa edizione del premio. Il romanzo che porta in questo 26° Calvino è La donna dell'uomo che girava in tondo, prova di una grande rifinitura stilistica. Definito dalla giuria come «parabola filosofica romanzata, di chiaro taglio esistenzialista», il libro testimonia la libertà solo apparente lasciata all'essere umano. La protagonista, infatti, non riesce a sfuggire a un suo destino che, circolarmente, torna a chiudere conto. E la forma del monologo, condotta con grande capacità, è particolarmente utile per lanciare il messaggio di trappola inconsapevole dell'esistenza. 

Carmen Totaro
Secondo la giuria,  «potente» è il termine che, per quanto abusato, si sposa meglio con Le piene di grazia di Carmen Totaro. L'opera è incentrata sulla faida e i delitti in nome della vendetta in ambiente foggiano. Scardinando i dettami del giallo classico, i colpevoli sono tutti noti fin dall'inizio, e ostentano la propria sicurezza. Pianificazione di omicidi, torture e orrori si avvicendano con una totale lucidità e premeditazione fredda. E lo stile, asciuttissimo e privo di voli aggettivali, è adattissimo alla resa della narrazione. Altrettanto efficace la lingua, che testimonia l'inquietudine crescente. 
Il romanzo, difficile e violento, è una prova rara e meritevolissima. 
Tra le motivazioni che hanno spinto Carmen a scrivere quest'opera, «la fiducia nel fatto che ognuno possa avere una chance diversa nella vita, un'ipotesi migliore, anche se non è dato conoscerla». 

Marco Magini
Poi arriviamo al podio. Al terzo posto, Marco Magini, giovane italiano-all'estero per motivi di lavoro e di studio. Suo malgrado, come ci spiega: il testo di Come fossi solo risponde infatti a un doppio bisogno, ovvero alla denuncia storica della guerra dei Balcani, troppo spesso passata sotto silenzio, ma anche al più personale bisogno di sfogo da una quotidianità di stagista all'estero. 
La narrazione è densa e violenta, come richiede il massacro di Srebrenica, a cominciare dalla frase di grande impatto: 
A Sebrenica l'unico modo per restare innocenti, era morire.
La crisi di Dirk, congedato dall'esercito, porta con sé raccapriccianti quadri di drammi storici e bellici, dove l'umanità è messa a dura prova. Per la forza linguistica, Magini riceve anche una menzione speciale della giuria.
Simona Rondonini

Grande impatto anche con il reading di I costruttori di ponti, della seconda classificata Simona Rondolini. Il titolo rimanda da un lato alla costruzione di rapporti interpersonali; dall'altro l'ossessiva ricerca di perfezione dei protagonisti dell'opera. La psicologia fa da padrona, nel delineare un rapporto figli-genitori che testimonia ampia indagine delle teorie freudiane, talvolta svelate. Tutta l'opera, come precisa l'autrice, si sviluppa attorno all'antitesi forte di bellezza e squallore.
Un particolare merito, nonché una menzione finale, sono state fatte per la scrittura di alto livello, colta e affascinante, molto controllata. 



Il vincitore Francesco Maino
Vincitore della 26^ edizione è Francesco Maino, che porta  con il suo Cartongesso un'invettiva letteraria contro il Veneto contemporaneo, e la mutazione antropologica attuale. L'invettiva è originalissima, condotta con una «totale fiducia nel letterario» e nella sperimentazione linguistica, con uno stile riconoscibile e innovativo. Il fondo apocalittico, di totale pessimismo, e la violenza dell'invettiva vengono giustificati dal protagonista, avvocato Michele Tessari, che soffre di disturbo bipolare, in perfetta consonanza con l'amore-odio per la sua terra corrotta. Di grande pregio la scelta linguistica, supporto alla critica satirica e arrabbiata. Scopo di Maino è «rimappare il presente del Veneto per le future generazioni», perché possano almeno loro cambiare le cose. 

Peccato davvero: causa Trenitalia, non ho potuto partecipare al bel buffet che era stato preparato per festeggiare con gli autori, la giuria e i lettori del Calvino, e con gli amici Noemi Cuffia (TazzinaDiCaffé), Lorenzo Baravalle (DuDag Edizioni), Sara Bauducco (Miraggi Edizioni), Laura Pezzino (Vanity Fair). Alla prossima! E intanto un "in bocca al lupo" gigantesco a tutti i finalisti, perché possano trovare editori che capiscano a fondo le opere e le apprezzino, prima ancora di riversarle sul mercato. 

Gloria Ghioni