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Pillole D'Autore: i funambolici corsivi di Giorgio Manganelli

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Improvvisi per macchina da scrivere  è il titolo migliore che si potesse scegliere per la raccolta dei funambolici corsivi manganelliani. Giorgio Manganelli nel corso della sua esistenza ha lavorato per numerose testate, e con i suoi fulminanti pezzi è stato un mirabile esempio di scrittura giornalistica di elevato livello letterario: i suoi corsivi sono stati scritti tra il  1973 e il 1988  per vari quotidiani, settimanali e riviste come La Stampa, Il Corriere della Sera, Il Mondo, Epoca , L’Espresso, L’Europeo e Il Messaggero. Manganelli considera il corsivo come un genere letterario umorale, litigioso e polemico di cinquanta righe circa in cui, con tonalità ironiche e sarcastiche, prendendo spunto da minimi fatti di cronaca, trasmette al lettore i suoi sentimenti e le sue impressioni che, di volta in volta, in base all’argomento trattato, sono di protesta, disagio, stupore o divertimento. Nei suoi pezzi tratta le più svariate tematiche: arte, politica, manifestazioni culturali e pseudo-culturali, cinema, ristoranti, concorsi, pubblicità, scritte sui muri, animali di ogni tipo  e comici episodi tratti dalla quotidianità come il bizzarro desiderio in punto di morte di una ricca signora di essere seppellita a bordo della sua Ferrari con il sedile comodamente inclinato. Egli destina le sue divertenti polemiche, raggiungendo altissime punte di sarcasmo, soprattutto contro la scuola considerata come un sistema di vessazione che consiste, fin dall’adolescenza, nel prendere una creatura con gli occhi candidi e pieni di curiosità nei confronti del mondo in cui vive e frapporre tra quegli occhi una barriera di libri inutili che trattano di discipline del tutto estranee alla sua realtà. E contro la televisione, il cui miserabile scopo è, secondo Manganelli, tenere lo sciocco spettatore al guinzaglio per ore e ore, nel tentativo di farlo ridere o piangere nello stesso istante in cui altri milioni di teledipendenti ridono o piangono. I corsivi di Manganelli, prendendo a prestito la felicissima intuizione di Pietro Citati, sono “lacrime di gioia e furori di ilarità che- attraverso una giocosa e mirabolante prosa- distruggono le istituzioni, i costumi, le abitudini e la noia dell’esistenza quotidiana”.


(Edizione di riferimento: Giorgio Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere, Adelphi 2003)

“Ricordo molto bene la mia insegnante di matematica che aveva nei miei confronti una lieve,educata repulsione che, nell’insieme, mi sento di condividere. Costei aveva un modo pacato e sommesso di dirmi, senza guardarmi direttamente, - Non hai capito niente,vero?- Era vero, non capivo niente.”
“Fino all’adolescenza noi tutti siamo entusiasti seguaci delle malattie. I bambini e i giovinetti sono specialisti in grandi ed eroiche febbri, in incubi squassanti,terzane,coliche, quartane, appendiciti, mal d’orecchie,di piedi, di mani, di dita, di falangi, di unghie, di lunule. Il giovane apprendista uomo studia se stesso con sondaggi di malattia,scandagli di febbri ed eritemi.”
“Lo Stato è matto; lo Stato è potente; lo Stato ha le paturnie, ha idee insondabili, umori fantastici, svagatezze, colpi di sole, euforie, depressioni, crisi omicide, sospette generosità;oggi è loquace, domani taciturno e tetro, un giorno vuol buttarsi dalla finestra, un altro giocherella con il rasoio e guarda la gola dei sudditi.”
“Ho l’impressione che la televisione sia una persona che,argutamente travestita da macchina con pulsanti, da ordigno con valvole ed antenne, tenti di entrare in casa mia. Di questa persona diffido: la sospetto garrula, emotivamente instabile, moralmente dubbia, non immune da una punta di isterismo,alternativamente lacrimosa e ridanciana; soprattutto l’apparecchio televisivo mi pare vittima di un complesso, che definirei coazione a sedurre. Ed essere incluso in una fascinazione nazionale è deprimente.”
“Il Festival di Sanremo: che si fabbrichi, si rappezzi un’ideologia collettiva dell’amorosità, capace di generare un linguaggio, con la sua grammatica, le sue rime, gli accenti; che questo linguaggio produca una musichetta doverosamente poverina, fatta di sette note, come quei romanzi che vantano poche centinaia di parole; tutto ciò mi pare irritante.”
“Ammetto una certa ammirazione per i gatti; isterici,psicotici,solipsisti,sopracciò e fatti-in-là,sbruffoni,taciturni e ringhiosi,non si lasciano assimilare. Intellettualmente maliziosi, sedentari come un filologo, capaci di fare nulla per una vita intera, ironici e distratti. Animale diffidente e crudele, il gatto insegue volatili e topi e zanzare. Ama i davanzali e ignora le vertigini. I cani li odiano e li temono.”
“Sebbene uomini ingegnosi e audaci l’abbiano tentato, specie scrittori, come il mite cronista di Alice, è proibito, da vivi, entrare nello specchio;esso se ne sta immobile e infecondo, come uno specchio d’acqua immota chiusa nella vera di un pozzo; indifferente, non trattiene le immagini; ma solo ne cancella la voce, ne ignora l’odore; lo specchio è il luogo del freddo, della solitudine, è la nostra fotografia pronta per il nostro documento di fantasma. Lo presenteremo all’ingresso del pozzo taciturno.”
“Quando penso alle ore trascorse a studiare chimica e fisica, che mi erano del tutto estranee, non mi interessavano e non mi interessano nulla, so di aver subito un irreparabile torto. Prendere una mente avida, sveglia o quasi, che sa quel che ama e quel che disama, e costringerla a fare tutto, Virgilio e tetraedri, monade e oligoscisti, non vuol dire che una cosa: dimezzare il suo vero e necessario apprendimento, sprecare del tempo, tempo che la vita non restituirà più. No, oggi non si va a scuola. Ci si alza tardi, si ciabatta per casa, si cerca di medicare il rancore per gli acidi che hanno corroso una lontana adolescenza.”
“Quando ci sono le elezioni politiche penso al candidato di voti uno e al candidato di voti zero. Chi sono? Perché si candidano? Quale torbida, rissosa eccitazione li ha indotti a precipitarsi nell’arena politica, in una trama di autodistruzione?Il candidato di voti uno ha una qualche selvaggia e forse pericolosa fiducia in se stesso, dispone di un carisma che ha questa particolare qualità: che agisce solo su di lui. Egli è sedotto, persuaso da se stesso. Crede a se stesso. Quando sarà nella cabina elettorale con fermezza sceglierà se stesso, un lieve sorriso sardonico sulle labbra sottili. Ma prendiamo il candidato di voti zero, che non vota neppure per se stesso. Non posso nascondere l’affetto, la tenerezza, la complicità innocente che mi lega a costui. Si è candidato per cortesia, per ingenuità, per distrazione, perché non ha saputo dir di no, forse per un effimero moto di entusiasmo per se stesso. Nel segreto della cabina elettorale sa già che nessuno al mondo, neppure per dileggio, voterà il suo nome. In un momento d’orgoglio, egli non vota se stesso. Ed ora esce dalla cabina e consegna la scheda con elegante amarezza, con coraggio,lui, il candidato di preferenze zero.”
“I cani sono animali misteriosi. Deploro la tendenza dei cani a trattare l’uomo come un essere superiore. Ho visto cani che guardavano con riverenza anche me. Esagerati. I cani hanno qualcosa dei falliti. Mi fanno pensare a quegli straordinari buffoni che fanno scene da sbellicarsi e non ridono mai. I cani sono seri, un po’ malinconici e hanno l’arte di provocare i sensi di colpa.”
“Da anni io bevo qualunque acqua minerale, eccetto una. Avete capito? Da anni una certa acqua minerale ha invaso radio, televisione, fuoriprogramma cinematografico, giornali, settimanali, riviste di filologia classica, ha occupato muri, palizzate, case in costruzione, ha corrotto ristoranti,alberghi, case di cura, cimiteri, e tutto questo all’unico scopo di essere bevuta da me. E io non la bevo.”

Nota introduttiva e selezione dei testi a cura di Marco Adornetto.