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Professore e gentiluomo di Riccardo Storti

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Professore e gentiluomo
di Riccardo Storti

Aereostella, 2011


Riccardo Storti ha coraggio, perché analizzare la discografia di un mostro sacro della canzone italiana come Roberto Vecchioni non è un'impresa da poco, ma profonde il suo lodevole impegno in un centinaio di pagine appena. E questo non è limitante di per sé – chi ha avuto tra le mani gli imperdibili Atlanti musicali Giunti sa quanto sia trascurabile il fattore mole – ma un bel po' lo diviene nel caso specifico. Ovvero quando si decide di procedere a una disamina di ogni singolo album, quando questi sono ventinove e quando il loro autore è il professor Vecchioni. Beninteso, Professore e gentiluomo (Milano, Aereostella, 2011) è un testo agile e godibile la cui lettura è raccomandata a chi vuole cogliere l'ipotesto alla base delle liriche solitamente molto elaborate e allusive del cantautore milanese

Proprio questo è il punto: in Vecchioni coesistono molteplici livelli interpretativi, le sue trame verbali sono intessute di svariati riferimenti letterari e artistici (mito di Orfeo, Odissea, poesie della Merini, di Rimbaud o di Pessoa...), spesso il nostro ricorre a un'ironia acuta che costruisce deformando o parodiando elementi colti (“Chanson de geste” diventa “Chanson sans geste”) e così via. Ora, è fuor di dubbio che una canzone debba essere innanzitutto “sentita” – e basti ascoltare il De Gregori più ermetico, magari il misconosciuto lp con la pecora in copertina, per convincersi che ciò può avvenire anche senza afferrare ogni passo del testo – e solo in un secondo momento recepita razionalmente nei suoi rimandi e nelle citazioni mascherate. Certo, sapere o non sapere quale sia il referente biografico di Canzone per Sergio,o magari di A Lupo di De Gregori o di Franziska di De Andre', non incide sul numero di battiti cardiaci che quelle parole e quelle note scatenano. La capacità di emozionare che ha un testo in musica, insomma, prescinde dalla conoscenza assoluta dei versi che lo compongono. Tuttavia l'esercizio intellettuale volto a colmare le zone più oscure di una canzone è sempre auspicabile. Sia perché riuscire ad attraversare il non detto per giungere là dove l'autore ha attinto il materiale poi filtrato attraverso la propria sensibilità è particolarmente gustoso, sia perché spesso questo lavoro di ricerca fa, per così dire, parte del gioco che si instaura tra cantante e ascoltatore. Come se le parole celassero inviti ad approfondire ciò che lasciano soltanto intravedere. Un intento pedagogico, questo, che deve essere ben presente in chi per una vita è stato insegnante. In ogni caso, il manuale di Storti è, nelle sue parti migliori, un buon vademecum per far luce sui punti più criptici delle liriche vecchioniane.
Oltre ad avere quindi un'innegabile utilità per gli amanti della canzone d'autore e non solo, Professore e gentiluomo è un testo ben scritto. Esente dalle improbabili pretese stilistiche che affliggono e inquinano sempre più spesso romanzi e saggi, dipana riflessioni e informazioni in uno stile piano e scorrevole che tradisce, senza realmente infastidire, un amore quasi incondizionato per l'opera del cantautore. Amore che in certi casi attutisce forse i pochi giudizi negativi su alcuni suoi dischi.
In fondo a ogni minicapitolo trovano spazio le “cronoannotazioni”, informazioni su dati cronaca e di costume che consentono di meglio comprendere il contesto in cui vedono la luce i singoli album. Qui l'estrema sintesi non dispiace: sono rapide pennellate informative che per quanto corrive e necessariamente superficiali permettono di farci un'idea del periodo. Restano inevitabilmente alcune perplessità sulla scelta di certi film o libri giudicati rappresentativi di un tal anno e l'esclusione di altri, ma rimane senz'altro apprezzabile la struttura “analisi album + cronoannotazioni”.
Segnaliamo infine pochi isolati errori dovuti forse alla fretta di mandare in stampa il libro (tra questi il bellissimo titolo del libro di Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre, diviene Come mi batte forte il cuore. Storia di mio padre).
In conclusione, è un «volo charter tra le canzoni» di cui raccomandiamo la lettura. Senza eccessive aspettative, però: sarà particolarmente gradito a chi si sta avvicinando all'imponente figura di Roberto Vecchioni e vuole farsi un'idea della sua produzione; chi ha già avuto modo di avventurarsi «nel suo giardino degli alberi incrociati» (probabile riferimento a Calvino, stavolta) rimarrà in parte deluso e in parte catturato dalla voglia di approfondire ulteriormente. E, in ogni caso, chiunque susciti una voglia così benefica merita senza dubbio una nota di merito.


Marco Giorgerini