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Palahniuk e la critica alla società contemporanea

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Survivor di Chuck Palahniuk
Survivor
di Chuck Palahniuk
Oscar Mondadori, 2010

€ 9.50
pp. 289

Traduzione di M. Monina e G. Capogrossi
Edizione originale: 1999

Gli elementi che differenziano un grande scrittore da un buon professionista della scrittura, o anche dallo scrittore di "un solo romanzo", sono fondamentalmente due elementi principali: la "cifra" e la "varietà" stilistica e contenutistica. In altre parole grande scrittore è colui che riesce a variare rimanendo se stesso. Se questi sono gli elementi con cui vogliamo identificare un grande scrittore, indubbiamente Chuck Palahniuk lo è.
Se, infatti, mettiamo a confronto il romanzo che ha portato al successo di pubblico Palahniuk, "Fight Club" con il romanzo che andremo a recensire, "Survivor" (che è anche il successivo) notiamo subito cose molto interessanti.
Innanzitutto, possiamo notare come la trama, il contesto i personaggi siano profondamente diversi e differenziati, ma la "cifra", appunto, rimane uguale. Cosa è, dunque, la "cifra" per Palahniiuk? La "cifra" è, secondo il modesto parere di colui che sta scrivendo, esattamente ciò che Gyorgy Lukàcs definiva come il "tipico". Lasciamo, a questo proposito, la parola all'eminente critico ungherese che affermava che in questo "tipico"
convergono e si intrecciano in vivente, contradditoria unità tutti i tratti salienti di quella unità dinamica in cui la vera letteratura rispecchia la vita; tutte le contraddizioni più importanti, sociali e morali e psicologiche, di un’epoca. Invece la rappresentazione della media fa sì che tali contraddizioni, che sono sempre il riflesso dei grandi problemi di un’epoca, appaiano necessariamente indebolite e smussate nell’animo e nelle vicende di un uomo mediocre, e perdono così proprio i loro tratti essenziali. Nella raffigurazione del tipo, nell’arte tipica, si fondono la concretezza e la norma, l’elemento umano eterno e quello storicamente determinato, l’individualità e l’universalità sociale». (G. Lukàcs, Per una critica letteraria marxista).
In altre parole il tipico non vuol dire per Lukàcs un'arte "a tesi" ma, rifacendosi alla dialettica hegeliana sul rapporto tra singolare, particolare ed universale, il personaggio in cui si rispecchiano "tutte le contraddizioni più importanti, sociali e morali e psicologiche, di un'epoca". Lukàcs, ovviamente, parlava del protagonista, del personaggio di un romanzo. Noi, invece, vogliamo parlare dello scrittore, di Palahniuk in questo caso, che mira a rappresentare - senza voler fare neanche lui un'arte "a tesi" - le contraddizioni di un'epoca, non svelandole, non dichiarandole ma, al contrario, svelando le falsità che la caratterizzano.
I lettori però, a questo punto, si staranno chiedendo: ma questo recensore quando inizia a parlarci del romanzo in questione? Presto presto, anzi quasi subito. Ci sembrava necessaria questa premessa per far ben comprendere, nei limiti delle nostre possibilità, di chi stiamo parlando. Non del "padre del new pulp", non del "profeta dei nuovi cannibali" o altre amenità del genere, utilizzate dai recensori delle "notizie brevi" dei quotidiani nazionali in cerca di titoli o di slogan in questo caso assolutamente fuorvianti.
Chuck Palahniuk non è inquadrabile in queste categorie. Palahniuk è uno scrittore a tutto tondo, in grado di rappresentare al meglio la società contemporanea, il suo degrado, la sua alienazione attraverso la rappresentazione di personaggi certo non rassicuranti né tranquillizzanti. La "cifra" stilistica e contenutistica di Palahniuk è il "male": un male che viene espresso non da rappresentazioni "pulp" o "splatter" per adolescenti in cerca di emozioni, ma un male più nascosto, sotterraneo e che può riguardare ognuno di noi.
Questa cifra stilistica viene espressa anche in "Survivor". Questo romanzo, secondo la tipica tecnica cinematografica, inizia dalla "fine", allo stesso modo di "Cronaca di una morte annunciata" di Gabriel Garcia Marquez, cioè dal suicidio del protagonista.
Nel corso del libro andremo così alla ricerca delle motivazioni psicologiche, sociali, storiche, del suo rapporto individuale e collettivo con la società che lo circonda che porteranno Tender Branson a questo gesto estremo.
Chi è Tender Branson? É il figlio di una famiglia apparentente ad una setta, tanto presenti negli Stati uniti, che educano i figli secondo regole "morali" ben precise (una moralità che, come si scoprirà alla fine del romanzo, viene interpretata a "modo loro"), con matrimoni stabiliti dalla "comunità" dei Creedish e l'obbligo da parte del secondogenito di trasferirsi "nel mondo" per fare lavori umili per tutta la vita. A un certo punto succede qualcosa, la comunità si sfalda e Ted Branson rimane apparentemente l'unico sopravvissuto di questa setta. Diventa una star televisiva, conosce un famelico agente che lo sfrutta con iniziative di ogni genere, anche le più assurde ed immorali (come trasformare quella che era stata la "Chiesa" di Ted in un centro raccolta di materiale pornografico) per racimolare denaro. Ted, però, accetta tutto questo, e grazie a Fertility, condannata a predire il futuro, diventa una vera e propria "star":

La bocca dice, "Hai per caso una vaga idea di quanto sia noioso essere me? Conoscere sempre tutto? Vedere tutto anche a distanza di milioni di chilometri?Sta diventando insopportabile. E non solo per me".
La bocca dice, "Siamo tutti annoiati".
Il muro dice, Ho scopato Sandy Moore.
Tutto intorno altri dieci hanno scritto, Anch'io.
Qualcun altro ha scritto, C'è qualcuno che non si è fatto Sandy Moore?
E accanto, Io.
E accanto, Frocio.
"Guardiamo tutti gli stessi programmi televisivi" dice la bocca.
"Alla radio ascoltiamo tutti le stesse cose, parliamo tutti delle stesse cose. Non c'è rimasta più nessuna sorpresa. Tutto uguale, sempre di più. Solo ripetizioni".
Dentro il buco, le labbra rosse dicono, "Siamo cresciuti tutti con gli stessi show televisivi. E' come se avessimo tutti lo stesso impianto di memoria artificiale. Non ricordiamo quasi nulla della nostra reale infanzia, eppure sappiamo perfettamente tutto quello che succedeva alle famiglie delle sitcom. Abbiamo tutti gli stessi sguardi. Tutti le stesse paure".
Come si vede già in questo passo appare chiaro cosa Palahniuk va rappresentando in un romanzo a metà tra il saggio e il thriller ed in cui i personaggi rappresentano proprio delle personificazioni delle critiche nei confronti della società capitalistica ed alienante. Così come il protagonista Ted Branson rappresenta infatti, l'imbelle, colui incapace di ribellarsi e l'agente il tipico speculatore affamato di denaro, Fertility, attraverso una straordinaria rappresentazione allegorica (il che sta a dimostrare, per l'ennesima volta, che fare del "realismo" non vuol dire fare "naturalismo"), proprio l'alienazione e l'omologazione contemporanea.
Per chiudere il quadro ci vorrebbe il "finto ribelle", il presunto rivoluzionario che vorrebbe cambiare tutto ma non cambia in realtà nulla. E infatti appare. È il fratello di Ted che, a seguito di una visione sconvolgente, ha denunciato la comunità e, in seguito, ucciso tutti gli aderenti ad eccezione del fratello. I due fratelli vivono dunque, verso la fine del romanzo, uno scontro dialettico e di sintesi: l'uno non è altro se non l'opposto dell'altro. Così come l'uno è imbelle ed accetta qualunque imposizione (che sia dell'autorità paterna o della società), così l'altro è disposto ad utilizzare tutti i mezzi per realizzare la "giustizia", il suo fondamento morale. Ma l'uno e l'altro non arriveranno a nulla e giungeranno alla stessa conclusione: la morte.

Altro elemento interessante di questo romanzo è il rapporto dialettico tra la piccola comunità religiosa e reazionaria Creedish e la cosiddetta "società aperta", secondo la definizione data da Karl Popper. Qual è, ci chiediamo, allora, la società migliore? La comunità chiusa ed escludente dei Creedish oppure la società capitalistica fondata soltanto sul denaro e sul successo?
Probabilmente, fa intendere Palahniuk, nessuna delle due o, addirittura, l'una è il presupposto dell'altra e l'attuale società contemporanea, probabilmente, non è per nulla "aperta" se non presuppone altro modo di vivere se non il "successo" e l'"omologazione".
Il romanzo, dicevamo, si conclude con la morte del protagonista (ma questo lo sapevamo già dall'inzio) e dunque la morte di ogni speranza. Infatti, ci chiediamo, che speranza ci dà Palahniuk? Nessuna probabilmente. Ma questo non è compito di un romanziere. Il romanziere ha il compito di indagare l'animo umano e le contraddizioni dell'attuale società svelando il velo delle menzogne. E questo Palahniuk lo fa molto bene. Cambiare la società è compito di altri.

Rodolfo Monacelli