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Tre tazze di tè

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Tre tazze di tè
di Greg Mortenson
Rizzoli, Milano 2008

pp. 482
€ 21,50

“Lentamente e con fatica, vediamo come nel mondo sia sempre più accettato il fatto che i paesi più ricchi e avanzati dal punto di vista tecnologico abbiano la responsabilità di aiutare quelli sottosviluppati non solo per un senso di carità, ma anche perché soltanto in questo modo possiamo sperare di avere una pace duratura e la sicurezza per noi stessi.” Da Schoolhouse in the Clouds di Sir Edmund Hillary.

Tra le organizzazioni non governative, anche conosciute come ONG, il Central Asia Institute fondato da Greg Mortenson è oggi noto grazie al libro di D. O. Relin. Tre tazze di tè, come spiega lo stesso protagonista e narratore, nonché eroe della storia in questione, è un titolo emblematico nel segnare la transizione, o se vogliamo più letterariamente la “metamorfosi”, da estraneo a ospite a membro della famiglia, di un free climber americano che capita per caso in un villaggio sull’Himalaya. A Korphe Mortenson promette di intraprendere il viaggio verso la lontanissima America per raccogliere fondi e tornare a costruire una scuola per i bambini che studiano sui prati gelati delle zone più isolate del Pakistan. La promessa si volgerà in una sfida politica tra conflitti civili, ayatollah e fatwa, divergenze culturali e problemi finanziari finché, da quell’unica scuola, una serie di contingenze renderanno possibile il “miracolo della moltiplicazione” e la costruzione di circa 70 scuole nel 2008. In Afghanistan Mortenson avrà anche a che fare con signori della guerra e coltivatori d’oppio, dimostrando che raggiungere un’intesa non è impossibile e che, anche gli americani possono giungere in un Paese travagliato issando bandiera bianca e caricando materiale da costruzione piuttosto che dando inizio a “guerre preventive”. L’edificazione di una semplice scuola diventa il primo mattone per l’educazione di giovani sottratti all’indottrinamento estremista delle madrase wahhabi. La possibilità dell’insegnamento laico rappresenta l’alternativa sostanziale a scuole dai precetti radicali o volte ad inculcare odio verso il mondo occidentale e che pure, per molte famiglie povere, rappresentano l’unico escamotage per garantire ai figli un riparo e il pasto quotidiano. 

L’autore descrive in prospettiva un percorso con lunghe scadenze. L’alfabetizzazione e la professionalizzazione non costituiscono obiettivi fini a sé stessi ma orientati a far crescere un Paese permettendo alla sua economia di innescare un ciclo auto propulsivo. Nel caso specifico e con sguardo lungimirante, costruire una scuola vuol dire sottrarre studenti alle madrase di Peshawar, e alla cosiddetta università della Jihad, promuovendo la sicurezza internazionale. 

Seguendo il pensiero di Amartya Sen, premio nobel per l’economia, il libro dedica uno sguardo particolare anche alle donne e alla loro istruzione. E’ così che attraverso la donazione per una scuola, si costruisce il futuro di una nazione… e stavolta non si tratta solo di retorica. Per questo ritengo che il meglio che si possa dire per suggerire la lettura di Tre tazze di tè è che si tratta di una storia vera. La storia di un successo ottenuto tra mille fallimenti, di una scuola laicista tra centinaia di altre estremiste; di un americano tra afghani e pakistani, di un infermiere di provincia tra capi musulmani e governi corrotti, di uno statunitense che ha scoperto che “casa” è il solo nome adeguato per un villaggio sperduto sulla catena himalayana, lì dove, inverno dopo inverno, il popolo baltì attende il disgelo. A dimostrazione del fatto che anche la scelta di un solo uomo può fare la differenza.

Eva Maria