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Riscoprire un classico contemporaneo: Ernesto di Saba

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Ernesto
di Umberto Saba
Einaudi, Torino 1995

a cura di Maria Antonietta Grignani
(Introduzione - Appendice - Nota al testo)

1^ edizione: Einaudi, 1975
pp. 156


Tutti ricordiamo Saba per il Canzoniere, ma quanti di noi hanno letto questo racconto lungo, in parte autobiografico, in parte sfuggente da qualunque categorizzazione? Ernesto è stato in parte accantonato per volontà di Saba stesso: tra maggio e giugno del 1953, in una clinica romana, aveva scritto d'impulso i primi capitoli del racconto (i primi tre episodi), ma qualcosa ha poi bloccato la stesura, nonostante gli entusiastici commenti degli amici (tra cui ricordiamo lettori d'eccezione come Elsa Morante). Di ritorno a Trieste, compone il quarto episodio, e poi cade in un altro silenzio scrittorio: alibi linguistici e psicologici gli permettono di schermare la vera paura:

Ernesto deve restare un "libretto", se no quel mascalzone mi ammazza Il Canzoniere. (Lettera alla figlia, 12 agosto '53)

La forza di questo libretto, insieme «lieto e spietato» (così nella lettera a Quarantotti Gambini il 25 agosto), avrebbe infatti potuto creare scompiglio nel profilo ormai canonizzato di Saba. Non da ultimo, nel '53 la matrice autobiografica avrebbe scandalizzato per l'esperienza omoerotica vissuta dal giovane protagonista all'inizio del libro. Questa, in breve, la trama: il sedicenne Ernesto, impiegato in un'azienda triestina, vive la sua prima esperienza sessuale con un bracciante avventizio, tra ripulsa e attrazione. In realtà, Ernesto ha accettato più per curiosità che per reale interesse, e presto decide di allontanarsi dall'uomo (che è invece innamorato di lui) e di andare da una prostituta: infatti, solo l'esperienza con una donna è considerata da Ernesto la vera iniziazione sessuale. Tra senso di colpa e tentativi di nascondere questi episodi, Ernesto finisce per confessare tutto (con un chiaro scopo catartico) alla madre curiosa e protettiva (il padre se n'era andato nella prima infanzia del ragazzo).  Come svago finale, il protagonista (nel V capitolo, tormentato e continuamente corretto e modificato) si reca a un concerto di un famoso violinista e, qui, un incontro è forse destinato a cambiare il futuro di Ernesto, come l'autore lascia vagamente intuire alla fine del libretto. 

Dunque, se di per sé la trama è piuttosto esile, interessantissima è la scelta narrativo-linguistica adottata da Saba: i personaggi parlano tra loro quasi sempre dialetto friulano, semplificato ma non eccessivamente italianizzato (talora seguito da spiegazioni in italiano, tra parentesi), e in questo dialetto, non connotato diastraticamente, vengono esplicitate frasi eroticamente forti e dirette. Ossimorico è, invece, il ruolo del narratore, probabilmente d'età matura, spesso commentante, in un discorso ricco di sprezzature e di quinte, prese di distanza e a volte di correzioni. E in questo è stato più volte individuata la proiezione di Saba stesso che riconsidera l'Ernesto-Umberto ragazzo, e rilegge le esperienze dell'adolescenza. 

Oltre a queste motivazioni, a mio parere già sufficienti per la lettura del testo, aggiungo una breve nota sulla riedizione del '95, curata dalla professoressa Grignani e poi adottata nelle ristampe einaudiane. Il tascabile propone un'Introduzione piacevolissima e fondamentale per la comprensione del testo, come anche l'Appendice e un'interessante (quanto insolita nei tascabili) Nota al testo. Qui è possibile scoprire qualcosa sulle carte di Ernesto, sul lavoro correttorio dello scrittore e sul dattiloscritto con correzioni autografe ora conservato al Fondo Manoscritti di Autori Moderni e Contemporanei di Pavia. 

GMG