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Crescere al chiarore di parole notturne

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Lettere alla notte. La fitta trama della vita.
di Carmine Fabio Cundari
Firenze, MEF, 2008

pp. 133
€ 11,90

Un incontro fatale, la sensazione di essersi da sempre conosciuti ed appartenuti. Sembra un inizio da spicciolo romanzo rosa; invece, questa è l’occasione per il protagonista – io narrante di conoscere a casa di questa interessante sconosciuta, Imel, una persona straordinaria, nonno Claude, pronto a raccontare episodi della propria vita e a regalare ai ragazzi massime e consigli di vita. Dunque, dopo un parziale assaggio della storia, il protagonista cambia: a nonno Claude viene dedicato infatti più spazio che al resto della trama. Gli episodi della sua vita, screziati di una certa immaginazione, suscitano suggestioni e riflessioni, tutte improntante al più tradizionale carpe diem: più volte si allude alla necessità di vivere completamente e con intensità, senza perdere nessuna occasione. Da subito, tra Claude e il ragazzo si instaura un legame sentito e immediato, una sorta di corrispondenza, suggellata dall’affetto che entrambi sentono per Imel.
L’intera situazione sembra appartenere al filone classico del romanzo didascalico, in cui il vecchio saggio, in procinto di morire, si racconta per depositare le proprie memorie e, soprattutto, desidera essere d’aiuto con i suoi errori e i suoi traguardi, educando le nuove generazioni. E proprio per questo verranno ripercorse le cosiddette Lettere alla notte, ovvero storie ed esperienze registrate negli anni con la complicità del buio. Non manca in questo un significato simbolico che sembra ricondurre la notte alla morte, a cui si sta serenamente preparando Claude.

L’incontro iniziale, lo sviluppo centrale della storia tra Imel e l’io narrante non sono altro che una sorta di cornice che culla i ricordi del vecchio Claude, fino ad inverarli col finale (che in questa sede tacerò). Quindi, si tratta di un vero e proprio passaggio di testimone che traccia un solco indimenticabile nella vita dei due ragazzi.

L’intera narrazione, in nome di questa urgenza di comunicare e insegnare, risulta più concettuale che visiva: lo spazio riservato alla riflessione didascalica sovrasta le azioni in sé, che restano nettamente in secondo piano. Gli stessi particolari fisici o psicologici dei personaggi sono sfumati, quasi a lasciare immedesimare il lettore: nel protagonista ci siamo tutti, e così in Imel.

Proprio per queste considerazioni, si può azzardare l’ipotesi di essere di fronte a un romanzo-saggio, in cui il ragazzo accetta di buon grado di passare il proprio ruolo di protagonista al vecchio, cioè di trasformarsi in semplice ‘spalla’ nel dialogo. Siamo addirittura in presenza di qualcosa che rasenta un monologo: le domande del ragazzo non fanno che preparare il terreno alla più lunga, complessa, molto articolata (e per questo non sempre verosimile) dissertazione di Claude.

Si notino infine le preziose citazioni che accompagnano l’inizio di ogni capitolo, tratte dalla letteratura di tutti i tempi e Paesi, ma accomunate dalla tematica: la notte.

È scontato, ma non inutile, sottolineare il lavoro che soggiace a quest’opera, non ancora matura ma di un certo fascino.

Gloria M. Ghioni [Anathea]