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#TreQuarti14 - "Quella vita che ci manca" di Valentina D'Urbano

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Quella vita che ci manca
di Valentina D'Urbano
Longanesi, 2014

pp. 334
€ 14.90





Tu per me sei puro istinto, sopravvivenza. Tu sei il pezzo di vita che mi manca.

Una regola d'oro che mi impongo sempre (e a volte, credetemi, è proprio difficile) è non recensire mai i libri su cui lavoro. Stavolta cedo, e per due motivi: Valentina D'Urbano è stata ospite di #TreQuarti14, e poi sono una lettrice-fan di Valentina dai tempi del suo primo "Il rumore dei tuoi passi", con cui ha vinto il torneo IoScrittore.
Insomma, il ritorno alla Fortezza, quartiere degradato dove ogni giorno bisogna lottare per sopravvivere e mettere insieme il pranzo con la cena - il ritorno, lo aspettavo proprio. Non vedevo l'ora di ritrovare questo luogo (ben più di un posto) che ti scartavetra, plasma, scortica, smussa, forma e, forse deforma.
Valentina D'Urbano ci torna con penna decisa, sposta il tempo narrativo agli anni '90, e sceglie un incipit che ammazza qualsiasi riserva: un uomo (ma chi?) sta tornando a prendere un vecchio amore («L’idea di rincontrarti mi mette una smania addosso, qualcosa che non riesco a controllare, è come avere un ferro rovente ficcato in gola»). Due paginette corsivate, che fanno capire cosa vuol dire amare alla Fortezza: è tutto molto fisico, concreto, e risponde alla regola di sbranarsi a vicenda
L'amore è sopraffazione, lì, ma è anche la difficoltà mista alla volontà di addomesticarsi; ci si ama malgrado le resistenze e le autodifese, e non ci si lascia più. O, se ci si lascia, resta il pensiero: 
Era per questo che pensava ancora a lei: perché avevano un conto in sospeso. 

L'autografo di Valentina a #TreQuarti14
Poi la scena cambia (e capiremo chi parlava in quell'incipit molto più in là); torniamo alla Fortezza con i nuovi protagonisti: i quattro fratelli Smeraldo, che non hanno tutti legami di sangue, ma si scelgono e si riscelgono ogni giorno. Perché lì nel quartiere l'unica via per sopravvivere è "fare gruppo", riconoscere di chi fidarsi e non fare mai un passo indietro, perché tradirsi equivale a firmare il proprio testamento. Con una consapevolezza, a tratti bruciante: «Dalle persone che ti abbandonano non puoi mai scappare.» E lo sanno tutti, i fratelli Smeraldo: dall'iroso Alan, che vi farà arrabbiare (ma lo amerete, vostro malgrado), al più tenero Vadim, innocente e ingenuo gigante un po' ritardato; dalla paziente Anna, che ha deciso di sostituire Mamma, che invece assiste piuttosto impotente alla vita della Fortezza; a Valentino, l'unico fratello che si ribella in parte alle leggi della Fortezza... 
A questi personaggi principali, si aggiungono comparse esterne (ma quanto lontane dall'essere protagoniste?): Delia, simpatica e bruttissima di primo acchito, ma poi tutta da spiare e imparare a conoscere («Era bello spiarla da lontano, nascosto dietro al parabrezza della Tipo che rifletteva il tramonto»); Caterina, ammaliante straniera che resta una ferita aperta per Alan,... 

La D'Urbano fa qui un'operazione tutt'altro che scontata: spoglia il paesaggio, fa perdere tutto ai suoi personaggi, che in questo stato di deprivazione quasi ferina scoprono quel che è più vero: i sentimenti, familiari e amorosi, tra passione e odio, fedeltà e orgoglio, dignità e umiliazione... E anche la debolezza: perché l'amore è visto così, e per questo quando Valentino incontra Delia, che non abita alla Fortezza, la avvicina solo con i dispetti. Fino ad arrendersi:
Valentina D'Urbano alla libreria CLU per #TreQuarti14 a Pavia
Foto ©Cletteraria
Se la strinse forte addosso, impacciato, sentiva qualcosa allargarsi al centro del petto e non sapeva cos’era.
Tra spari, sangue, rapine, arrivano dialoghi svelti, in apparenza semplici, in realtà complicatissimi per personaggi così disabituati alla grammatica dell'amore (grammatica d'eccezioni, d'altra parte, più che di regole). Un esempio: 
“Mi prometti che sei innocuo?”
“Con te sì.”

L'effetto sui lettori (specialmente sulle lettrici) è una profonda immedesimazione, al limite dello sdoppiamento (!): anche se alla Fortezza non ci siamo mai stati, i personaggi estremizzano sentimenti che conosciamo, e li portano alle loro conseguenze più forti, senza filtri o preconcetti. Facile commuoversi così, e a me è successo di nuovo, e non solo per la trama; anche per la crescita stilistica di una scrittrice che si riconferma un'originalissima voce letteraria. Chi sostiene che in Italia siamo conformisti, apra Quella vita che ci manca


GMGhioni