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#TreQuarti14 : intervista a Sara Rattaro

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Debora Lambruschini e Sara Rattaro alla Libreria CLU (Pavia)
per #TreQuarti14
Foto ©GMGhioni



Niente è come te di Sara Rattaro è un romanzo che si interroga su un tema importante e urgente, la sottrazione internazionale di minori; con delicata poesia e senza cedere ad eccessivi sentimentalismi, l'autrice porta ai lettori la voce di Francesco e Margherita, un padre e una figlia che lentamente cercano di conoscersi.

Hai affrontato un tema molto delicato, probabilmente mai esplorato prima in un romanzo italiano. Da dove è nato il desiderio di raccontare una storia che ha al centro il tema della sottrazione internazionale di minori?

È nato da una storia vera. Ho avuto la fortuna di incontrare il vero Francesco che non vede sua figlia da moltissimi anni. Quando lui mi ha parlato della sua volontà di seguire la legge per evitare altra violenza a quella già subita dalla figlia, ma per questo suo corretto comportamento non vedrà più sua figlia, ho capito che quella storia doveva essere raccontata.


La famiglia in ogni sua forma, gli affetti, sembrano essere tematiche ricorrenti nei tuoi romanzi; e poi i padri, assenti (non sempre per loro volontà), imperfetti, mancati. Scegliere di raccontare un legame tanto complesso e speciale come quello tra padre e figlia, qui complicato dai lunghi anni di lontananza, non deve essere stato facile: come sei riuscita a restituire al lettore tutta la complessità di questo rapporto?

Che io ci sia riuscita, devono dirlo i miei lettori. Quello che ho fatto è stato semplice. Francesco mi è stato raccontato dal vero protagonista mentre Margherita è venuta fuori da tutte le paure di bambina che ogni donna si porta dietro anche da adulta.

Francesco è un personaggio davvero speciale: è un padre, anche quando la ex moglie o lo stato gli tolgono quel diritto, è un uomo che non si arrende combattendo con le armi che ritiene più appropriate; e non cede mai alla tentazione di incolpare di fronte alla figlia ritrovata la sua ex moglie, ma al contrario fa a Margherita un bellissimo regalo: le fa conoscere pezzi di vita della madre perduta, aspetti inaspettati del suo passato e del suo carattere. Colpisce molto questa generosità di Francesco ma allo stesso tempo pare incapace di vedere il dolore che provoca in Enrica, la sua nuova compagna. È come se il ruolo ritrovato di padre mettesse in secondo piano tutto il resto?

Dopo dieci anni che non vedi tua figlia, che combatti guerre perse contro la burocrazia, l’indolenza e i vuoti legislativi, faresti qualsiasi cosa pur di recuperare il rapporto con tua figlia anche se questo significa rivivere un dolore immenso. L’obiettivo di Francesco è quello di non ripetere gli errori della sua ex moglie.


Il racconto a due voci, quella di Francesco che cerca disperatamente di fare il padre, e di Margherita la figlia rimasta lontana per dieci anni, è per il lettore sempre molto interessante perchè permette di comprendere la storia da due angolazioni diverse: quali sono le ragioni che ti hanno spinta verso questa soluzione stilistico narrativa?

Volevo che il romanzo non fosse solo un racconto di cronaca di un fatto terribile ma che esprimesse l’inviolabile diritto di essere un figlio. La voce di Margherita mi è servita per far comprendere le conseguenze che certe scelte possono avere sui figli anche dopo molti anni.


E questo racconto a due voci ci permette anche di esplorare il dolore di Margherita, per la perdita della madre, per il “papà italiano” che in fondo non conosce. Scopriamo così che le scelte dei genitori hanno avuto pesanti conseguenze su Margherita, che in qualche modo si sente inadatta, non voluta e per questo punisce sé stessa: mi sembra un aspetto molto importante, che dona al tuo romanzo ulteriore complessità perché non “si limita” diciamo a descrivere il rapporto ritrovato tra un padre e una figlia, ma ci spinge ad interrogarci su quali siano le ripercussioni delle azioni dei genitori nella formazione psicologica dei figli e dei meccanismi spesso contorti che ci portano a colpevolizzarci, sei d’accordo?

Si, sono d’accordo. Molti genitori pongono il conflitto e l’odio coniugale davanti all’amore per i propri figli. La voce di Margherita è un grido di denuncia contro tutto questo, contro genitori che prendono decisioni dure e assolute, spesso senza via di uscita anche a nome dei propri figli.


Da lettrice mi incuriosiscono sempre molto due aspetti della figura dello scrittore: il percorso personale che spesso rivela vicende biografiche curiose prima di approdare alla scrittura e il suo essere lettore prima ancora che scrittore. Puoi raccontarci qualcosa sul percorso che ti ha portata dagli studi di biologia all’attività letteraria e gli autori/libri che maggiormente ti hanno formata?

La passione per la scrittura mi accompagna da sempre ma la consapevolezza di poter vivere facendo la scrittura è arrivata molto più tardi, quando ero ormai adulta e avevo concretizzato un’altra strada, un altro lavoro. La scienza è l’altra grande passione della mia vita, quella che mi tiene con i piedi per terra, quella che mi aiuta a ragionare, quella che mi permette di non prendermi troppo sul serio. Un giorno, circa 10 anni fa, ho scritto il mio primo romanzo “Sulla sedia sbagliata” e ho cercato qualcuno che lo leggesse. Sono passati 6 anni!!!! La gavetta e i no sono state le cose più importanti che mi siano successe, arrivare tra i libri più venduti è stata la cosa più emozionante. La passione per la scrittura è stata sempre accompagnata dalla letture, soprattutto dei grandi classici che si studiano a scuola. Mi sono avvicinata maggiormente alla narrativa contemporanea dopo il diploma. Il mio sguardo è rivolto verso le grandi romanziere americane.