Shittysburg
di Rachele
Salvini
Pidgin, novembre
2025
pp. 92
€ 12 (cartaceo)
€ 5,99
(ebook)
Avevo sentito commenti come «Eh, sono situazioni difficili» o «Non puoi mai sapere che succede in casa degli altri» o «Ognuno di voi due ha probabilmente una versione diversa di come sono andate le cose». Nessuno aveva detto quello che mi sarei aspettata: Shitface era uno che picchiava le donne. (p. 56)
I testi
di Stormo, la nuova collana di Pidgin diretta da Mattia Grigolo, ci hanno già
abituati al loro stile tagliente: le prime due novelle – Bellissima
di Yasmin Incretolli e Xerox di Riccardo S. D’Ercole – hanno
saputo mostrare la loro graffiante anima punk. Non è da meno il
terzo Stormo di Rachele Salvini, che sin dal titolo promette un’immersione completa
in una Gettysburg ridotta a brago immondo. L’autrice, che ha vissuto realmente
nella città della Pennsylvania, non risparmia nulla ai luoghi che ha frequentato:
le strade, le case, i bar vengono descritti con la naturalezza della realtà,
appena velata da quel senso di malumore malmostoso di chi non conserva un buon
ricordo di ciò che è accaduto da quelle parti.
La storia è una storia di abusi, tema che Salvini ha già trattato nei suoi testi precedenti, sia nell’esordio No Big Deal sia nel secondo romanzo Pelli, entrambi editi da nottetempo. Sebbene l’elemento abusivo sia in tutti i casi un uomo, c’è da notare un elemento ricorrente che consente di sfuggire facilmente allo stereotipo bidimensionale e avvicinare le situazioni alla verosimiglianza: l’elemento abusato, sempre una donna, è comunque parte attiva del processo. Nonostante sia vittima delle violenze, la protagonista femminile non è spettatrice passiva di ciò che accade. La psicologia dei personaggi femminili di Salvini indaga a fondo sui problemi di autostima che conducono invariabilmente in primo luogo a situazioni da cui non è semplice uscire e in seguito a una quasi accettazione di ciò che è accaduto (o, in alcuni casi, di ciò che sta accadendo) come conseguenza più o meno diretta del tutto.
È questo il punto nodale del grande tema: se il maschio è un essere umano orribile che compie atti orribili (e pertanto non è da giustificarsi, mai), e se la società intorno è pronta molto spesso a giudicare e a puntare il dito ancor prima di intervenire (nei rari casi in cui ciò avviene: qui Salvini è brava a far comprendere come l’atto abusivo non sia mai un’azione singola bensì un processo collettivo), anche nella controparte femminile c’è qualcosa che giustifica e perpetua lo status quo. Alla fine di queste storie, le protagoniste in qualche modo si affermano e riemergono dal fango in cui sono precipitate, eppure qualcosa resta: questo senso di inferiorità, in qualche modo, persiste. È una cosa bella? Decisamente no. È molto realistica? Purtroppo sì.
In Shittysburg Salvini utilizza uno stile più diretto e meno elaborato rispetto a quello a cui ci ha abituati nei suoi testi precedenti (e nei racconti apparsi online). È uno stile quasi adolescenziale, senza fronzoli e fortemente ritmato, che ben si adatta all’idea che Grigolo sta perseguendo con l’intera collana: novelle viscerali, punk appunto, che puntano sull’immediatezza del messaggio. Si conferma dunque una terza prova ben riuscita per l’autrice livornese.
David
Valentini
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