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Le difficili relazioni contemporanee in accordo con i social media: Levy ci racconta i rapporti tra le persone nel mondo attuale

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Il mio primo libro
di Honor Levy
Mercurio Books, settembre 2025

Traduzione di Chiara Manfrinato

pp. 223
€ 18 (cartaceo)

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Glielo avrebbe detto, le avrebbe detto tutto. Se lo promise. Non subito, ma presto. Presto tutto quello che aveva dovuto sopportare in quell'epoca moderna e debosciata - il dolore, l'alienazione di una vita da animale in gabbia, gli esercizi per gambe e glutei e la faticosa ricerca della perfezione, la cura di sé per diventare più attraente, i tramezzini dopo il funerale, i giochi di ruolo, i post, tutti quei giorni da vergine, senza baci, senza abbracci, senza una mano da stringere - avrebbe avuto un senso. Le scrisse: vorrei che fossi reale lol, e lei gli rispose: certe volte non mi sento reale, e lui le rispose: Imao. Non stava ridendo però, non poteva perché si premeva la lingua sul palato come aveva imparato sui forum. Ti voglio, digitò, immaginando di sfiorarle la pelle con le dita, mentre batteva sui tasti. Emoji imbarazzata con le guance rosse, rispose lei quasi all'istante. Lui era Piramo. Lei Tisbe. (p. 16)

Honor Levy, classe '97, losangelina, è un'autrice esordiente e ce lo racconta bene anche il titolo del testo, Il mio primo libro. Credo che forse nessun'altra casa editrice a parte Mercurio Books avrebbe potuto pubblicarlo perché, come ho già detto in altre occasioni di lettura dei libri di Mercurio, la narrativa weird (nel senso lato del termine, non solo di genere) è proprio pane per i loro denti.

Al suo esordio Levy racconta ciò che conosce meglio: la sua generazione. L'autrice è del '97 dunque si può dire faccia parte della Gen Z, la cosiddetta generazione dei nativi digitali. Il testo si concentra proprio sul tipo di rapporti, di qualsiasi tipo, che i ragazzi e le ragazze tra i 20 e i 30 anni sono chiamati ad affrontare, intrecciandoli con il modo di utilizzare i social media, internet, le app di dating, le AI. 

Si tratta di una raccolta di racconti brevi, a volte brevissimi, slegati tra loro, che esordiscono con dei disegnetti a margine del titolo, creati con trattini, stelline, simboli, in modo molto giocoso (lo abbiamo fatto tutti quando abbiamo scoperto che si potevano creare figure). Un testo molto dinamico, frizzante anche, nonostante il tono a volte grave o drammatico, che rispecchia bene lo spettro di comportamenti tenuti dalla generazione più giovane. 

I protagonisti e le protagoniste di Levy si innamorano online, si lasciano online, chiedono a Google di spiegargli la vita, fanno domande alle app e ricevono tutte le risposte del mondo e perciò, in fondo, nessuna, cercano di capire come si sentono interrogando AI invece che il proprio terapeuta, odiano, desiderano di morire, fanno sesso e abortiscono usando mappe digitali. Di fatto, il mondo di Levy non è fatto di immagini, ma di codici, di algoritmi, di rapporti fragilissimi che vengono aperti e chiusi con un click o uno screenshot.

BUTTATI, CACASOTTO c'è scritto sul muro. Quelle due paroline vergate col pennarello indelebile - un graffito, una profezia - sono il miglior consiglio che ho ricevuto da quando mi sono trasferita a NYC. Sono nuova in città. Da sola al Chinatown Fair Family Fun Center, fisso la quarta parete, col cervello fuso, in modalità noclip, glitchando, ridendo.

BUTTATI, CACASOTTO. Parole per cui vivere o morire. Un ordine e un enigma, quindi obbedisci e risolvilo. Con timore, perché c'è in ballo la vita; con coraggio, perché c'è in ballo la morte. Con piacere e dolore, perché ci sono in ballo il piacere e il dolore. Sforzati di capire cosa significa, perché la vita è un gioco e giocare è il premio, e allora gioca! Quanto siamo fortunati a essere i personaggi di questo gioco di ruolo? Ci siamo dentro tutti, pure se in livelli diversi, costretti ad affrontare lo stesso inferno, cambiano solo i demoni. Soffrono tutti, proprio come soffri tu. Il mondo dei videogame riecheggia di sospiri e preghiere recitate a mezza bocca. Qui non ci sono cacasotto e in ogni caso nessuno può permettersi di giudicare. Buttati, cacasotto. Perdonati. Scongelati. Vai.

Buttati o verrai schiacciato. DAI K IL TEMPO STA X SCAD3R3!! C3 LA FAI AD ARRIVAR3 AL 2NDO LIV3LLO? (p. 49)

Si potrebbe pensare che i personaggi del libro siano immaturi, ma in realtà, dietro agli emoji e alle faccine sorridenti, soffrono, cercano di farsi capire, di stringere legami che vadano oltre lo schermo di uno smartphone. 
Ci sono racconti in cui Google sembra un Dio; racconti che girano intorno alla meccanica di una scusa; racconti che spiegano l'importanza dei neologismi, di creare vocabolari nuovi che si adeguino al presente (ho trovato molto interessante il racconto Z come Zoomer in cui la voce narrante compila un suo vocabolario dalla A alla Z modificando i significati delle parole comuni per adattarli al suo futuro immaginario, quello in cui si hanno i termini per esprimere nuovi sentimenti, paure, ansie, esperienze).

Fino alla terza elementare non sapevo leggere. Ho avuto il permesso di farmi i buchi alle orecchie solo quando ho imparato a pulirmi il sedere. Tutti i miei tentativi di suicidio sono stati a cazzo di cane. Sono segreti? L'ho detto a qualcuno? Può darsi. Fatemi riprovare. Fatemi pensare ai miei pensieri più ignobili. Ecco cosa sono i segreti. (p. 74)

La scrittura è frenetica, svelta, concitata a volte. Si adatta al tema ovviamente, parla la lingua delle nuove generazioni: nomi di app, videogiochi, serie Tv, programmi, luoghi, messaggistica con tanto di emoji, tutto coincide. Mi sono anche divertita a leggere, anche se alcuni racconti sono dolorosi.
L'autrice gioca molto con le parole, con la struttura narrativa, con le voci narranti, con le ripetizioni: si percepisce che si è divertita anche lei a scrivere. 

Lo consiglio senz'altro ai lettori e lettrici più giovani, ma anche a chi ama i testi asciutti, svelti e un po' pop che indagano il modo di relazionarsi al mondo di queste generazioni nate nel pieno dell'epoca digitale e che non conoscono e non conosceranno mai come si viveva prima dell'avvento di internet. 
La trovo una cosa affascinante e soprattutto interessante da leggere su quei ragazzi e ragazze che un giorno saranno adulti e prenderanno il nostro posto.

Deborah D'Addetta