Scelgo tutto
di Valerio Mieli
di Valerio Mieli
La nave di Teseo, aprile 2025
pp. 432
€ 22 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Vivere con il paradosso ipoteticamente avverabile di scegliere tutto, di non rinunciare a nessuna possibilità, di prendere entrambe le strade di un bivio è il solo modo per vivere senza rimpianti?
A sedici anni dal libro poi divenuto film Dieci inverni (Rizzoli, 2009), lo scrittore e regista Valerio Mieli sceglie di dar vita a un “romanzo delle possibilità”. Una storia la cui lunghezza (poco più di quattrocento pagine) non fa testo, che fluisce davanti ai nostri occhi come vividi fotogrammi di una pellicola dai colori caldi. D’altronde, come racconta lo stesso autore in un’intervista su Rai Cultura, Scelgo tutto è il frutto della scrittura e riscrittura di parecchi anni e nasce proprio dal seme della sceneggiatura, di cui l’autore ha già dato prova di abilità nella regia delle splendide pellicole Dieci inverni (Premio David di Donatello e Nastro d’argento al miglior regista esordiente 2010) e Ricordi?.
A sedici anni dal libro poi divenuto film Dieci inverni (Rizzoli, 2009), lo scrittore e regista Valerio Mieli sceglie di dar vita a un “romanzo delle possibilità”. Una storia la cui lunghezza (poco più di quattrocento pagine) non fa testo, che fluisce davanti ai nostri occhi come vividi fotogrammi di una pellicola dai colori caldi. D’altronde, come racconta lo stesso autore in un’intervista su Rai Cultura, Scelgo tutto è il frutto della scrittura e riscrittura di parecchi anni e nasce proprio dal seme della sceneggiatura, di cui l’autore ha già dato prova di abilità nella regia delle splendide pellicole Dieci inverni (Premio David di Donatello e Nastro d’argento al miglior regista esordiente 2010) e Ricordi?.
In Scelgo tutto si snodano due vite, due alternative possibili di uno stesso protagonista: Cosimo è un ragazzo giovane che ha appena finito la scuola negli anni Novanta del secolo scorso e vorrebbe vivere ogni cosa, non avere rimpianti. Ma è proprio dal gioco del “rimpiantino”, dall’annoso ipotetico “cosa sarebbe successo, se invece avessi…?” che nasce il romanzo. Una domanda che l’autore stesso si è posto a un certo punto della sua vita, decidendo di farne un romanzo, di dare libertà a questo gioco del “se” attraverso il personaggio di Cosimo, che tuttavia non è alter ego dello scrittore, né ha tratti autobiografici.
Da qui due flussi di storie perdurano per anni e sembrano, leggendo e addentrandosi nel romanzo, esistere insieme e contemporaneamente, grazie anche a un’impaginazione del testo che non segnala rotture, che non separa i due mondi possibili ma, anzi, sembra integrarli in un continuum spazio-tempo.
Un lavoro intenso sui personaggi da parte di Mieli, che ha saputo creare con efficacia il rispecchiamento di uno stesso personaggio tra una vita e l’altra: sebbene i personaggi intraprendano sviluppi anche diametralmente diversi nelle due vite possibili, l’identità caratteriale di ognuno di loro viene mantenuta, inossidabile, e non muta più di tanto in base alle scelte prese. In questo senso Mieli riesce a dare credibilità e verosimiglianza agli attori di entrambe le storie.
Sono soprattutto i personaggi femminili a funzionare, quelli che ruotano attorno ai protagonisti-Cosimo: tre donne (Sabina, Marie-Madeleine e Giacoma) che intessono relazioni con Cosimo in entrambe le sue vite, comparendo e scomparendo nei due filoni in modo diverso ma anche credibile rispetto alla personalità che le determina. Di ognuna di loro vediamo perciò due versioni, che si assomigliano e pure hanno destini diversi.
Allo stesso modo seguiamo i pensieri e le spinte emozionali di Cosimo nei due flussi della storia: in uno Cosimo sceglie di partire per Parigi, segue il consiglio di Marie-Madeleine, una donna più grande con cui instaura una relazione, per poi tornare e rifugiarsi in solitaria nei boschi, avere figli solo in età adulta; nell’altro, Cosimo resta nel paese, vicino ai genitori che rimangono insieme, vicino a Sabina, l’amore dell’adolescenza che si trasforma in famiglia precoce, che lo rende padre a meno di vent’anni. Eppure, entrambe le vite ci appaiono plausibili, avverabili, entrambe in sintonia con l’identità di Cosimo. La madre è forse, in questo teatro, il personaggio più tralasciato, un po’ abbandonato sulla soglia della scena, ma come gli altri nel suo mutare resta comunque fedele a se stesso.
Mieli riesce non solo a esplorare le alternative con verosimiglianza, tallonando i personaggi nel corso degli anni, ma anche a mostrare e a far riflettere su quanto possa essere diversa una stessa scelta in età diverse. In tal senso si inserisce nel romanzo il tema “doppio” della paternità: da un lato, la paternità del padre di Cosimo, quindi il modo di quest’ultimo di essere figlio, cambia rispetto alla vita che Cosimo decide di intraprendere, così come cambia di netto e con meraviglia anche il destino di suo padre; dall’altro lato, la paternità di Cosimo stesso e la diversità in cui questa è pensata e percorsa a vent’anni e a quaranta.
Aldilà della verosimiglianza, l’autore ci offre un’occasione potente, nel bene e nel male, di riflessione e dubbio sulle nostre scelte di vita. Ci offre anche un coltello dalla parte della lama, chiedendoci implicitamente di giocare anche noi al gioco del “rimpiantino” (ultima pagina del romanzo). Del resto, scegliere tutto parrebbe un’ipotesi desiderabile, per non avere rimorsi, per proiettarci in una vecchiaia serena in cui si è certi di avere vissuto pienamente. Ma significa questo, dopotutto, vivere appieno la vita? Invece, ci sussurra Giacoma a un certo punto del romanzo: «“scelgo tutto” significa piuttosto mi sta bene tutto quello che mi capita cioè: rinuncio a tutto» (p. 179), nella consapevolezza che le decisioni spesso si prendono come da sole e bisogna un po’ farsene una ragione e un po’ gioirne, di questo arbitrio a metà, di questa deresponsabilizzazione, che ci esautora con sollievo dal sentirci degli artefici fallimentari.
Pensare a quello che avrebbe o non avrebbe dovuto fare, era solo un dolore in più. […] Per calmare il suo senso di colpa le ho detto che le decisioni uno le prende per forza. Io avevo preso quella di andarmene, per esempio. Lasciare la fidanzata, lasciare il paese, lasciare l’università. Cominciare altrove. Cercarmi da qualche parte una vita davvero sbadabam. Ma certo che le cose poi vanno come vanno. Vanno dove vogliono loro. Hai fatto bene, hai fatto male? E chi lo sa. E così era naturale che pure lei se lo chiedesse […] Voleva proprio sapere se almeno io ero contento, ma io una risposta non ce l’avevo mica. Certo che ci avevo pensato tanto, ma ora no, non ci pensavo più. (pp. 373-374)Mieli ci regala una storia, anzi, due storie, appassionanti e delicate, al cui interno si dipanano altre storie di altri personaggi, altre tessiture, altri fili avvolgibili con infinite possibilità di avveramento, riempiendosi così di temi molteplici, gioiosi e luttuosi, intensi e spensierati, soprattutto variegati, perché sono i temi di due intere vite, sono le scelte possibili, in effetti, di una qualunque vita, anche della nostra. Con una scrittura calibrata e che non lascia nulla al caso, Valerio Mieli ci riporta in quella dimensione nostalgica e delicata già vivibile nei suoi lavori precedenti e che non si lascia dimenticare facilmente.
Federica Cracchiolo
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