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Per capire come, e attraverso i sacrifici di chi, le donne hanno conquistato dei diritti. Giulia Siviero traccia una genealogia dei femminismi

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Fare femminismo
di Giulia Siviero
Nottetempo, aprile 2024

pp. 192
€ 16,50 (cartaceo)
€ 11, 49 (e-book)


Di solito, i libri - romanzi e/o saggi - che trattano il tema del femminismo mi lasciano sempre con una sensazione di fastidio, come se mancasse qualche pezzo fondamentale, come se il discorso e il dibattito fossero iper semplificati, ridotti a slogan di pronto uso. Ci sono sempre spunti interessanti, ed è bene parlarne a prescindere, ma l'effettiva storia di come noi donne siamo arrivate a una certa consapevolezza, la storia delle battaglie attive e reattive che ci hanno viste impegnate, manca. Giulia Siviero, femminista e attivista, con questo saggio dal titolo Fare femminismo riporta l'attenzione proprio su quel "fare", ovvero sulle reali azioni che le donne, oggi e negli anni passati, hanno scatenato per farsi ascoltare, prendere in considerazione, sovvertire lo stato delle cose.

Le difficoltà, dicono, cominciano proprio nel momento in cui le rivendicazioni femministe vengono usate per richiedere parità e riconoscimento di diritti, cosa di cui beneficeranno soltanto alcune privilegiate. Quel che serve va dunque oltre la via legale, in un doppio senso: va oltre la questua di diritti allo Stato, perché è necessario che cambino radicalmente le condizioni di vita delle donne. E devono andare oltre anche le modalità di azione, visto che le strutture di oppressione e di violenza sono la legalità. È necessario, spiegano, che la pratica stessa del movimento "non si lasci ingabbiare in forme legali", la sua "rabbia e risolutezza si devono esprimere ininterrottamente in lotte extraparlamentari e in forme anti-istituzionali. La contrapposizione al sistema deve essere dunque radicale, incontrollabile e "non deve fermarsi ai limiti posti dallo Stato [...]. (p. 114)

Io stessa ho imparato moltissimo da questo testo, un testo che descrive, se non tutte, la maggior parte delle azioni radicali più incisive che hanno permesso alle donne di prendere spazio, facendo rumore, dando fastidio, mostrando i propri corpi, alzando la voce, sovvertendo il linguaggio, bruciando, distruggendo, semplicemente mostrando al mondo la propria esistenza, un'esistenza che non chiede parità, ma che prende quel che vuole senza chiedere permesso.

Molto interessante il racconto sulla conquista della legalizzazione dell'aborto: storie di donne che lo fanno da sempre e che sono state imprigionate per la semplice protesta di fare quel che ritengono opportuno col proprio corpo. Siviero sviscera, attraverso esempi di processi, biografie, movimenti, qual è stato il percorso tortuoso, non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo, che le donne hanno dovuto imboccare per vedere riconosciuto questo sacrosanto diritto (diritto che, oggi, purtroppo nel nostro Paese pare sotto minaccia).

I movimenti, per l'appunto: l'autrice ne elenca molti, insieme ad altrettante protagoniste che, ognuna a modo proprio, per mestiere, estrazione sociale o esperienza vissuta, hanno avuto un peso fondamentale nella lotta. Menziona ad esempio il Progetto Olivia e l'Olivia Travel, una compagnia per viaggi e crociere per donne lesbiche; menzione 4B, un movimento femminista sudcoreano progressista che va contro il matrimonio e l'assoggettamento sentimentale all'uomo; menziona il lesbofemminismo, il pornoterrorismo, il movimento delle gambe incrociate (che molto mi ha ricordato il romanzo di Amado, Teresa Batista stanca di guerra), una protesta che ha visto lo sciopero dal sesso, menziona le femministe del self-help statunitense, l'invenzione di un dispositivo chiamato del-em per autoprocurarsi un aborto in mancanza di un sostegno privo di pregiudizi da parte delle istituzioni; menziona tante donne che hanno messo sul piatto della lotta la propria vita, la propria testimonianza per cambiare le cose.

La radicalità delle pratiche segna i femminismi fin dall'inizio, creando al loro interno differenze e conflitti. Ci sono movimenti che pretendono di opporsi all'oppressione con il vocabolario e con le regole di chi quel vocabolario l'ha inventato e che, per dirla con Carla Lonzi, hanno fatto un "accordo sportivo e senza drammi con l'uomo"4. Sono femminismi conformi, civilizzatori, non disturbanti, spesso funzionali all'incorporazione delle istanze e delle lotte all'interno di un sistema che ha fatto delle donne un oggetto delle politiche pubbliche, qualunque esse siano. Femminismi che si affidano alla delega, al meccanismo della rappresentanza politica e al linguaggio dei diritti e che scelgono di rivolgersi alle istituzioni o alle loro protesi per chiedere, attraverso petizioni e manifestazioni educate, diritti, uguaglianza, protezione e giustizia: assumono, da istituzioni e loro protesi, logiche e obiettivi [...] Altre femministe, diversamente dalle loro omologhe di matrice liberale ed emancipazionista, affermano invece che l'ordine patriarcale non è né emendabile né perfezionabile, per cui è necessario andare alla radice del problema. Non per riprodurre un modello riformato ma identico: bensì per sconvolgerlo. Il moderno contratto sociale si basa sulla cessione della violenza dei singoli e delle singole al monopolio statale della violenza, in nome di una promessa: la progressiva vittoria del diritto sull'abuso e sulle ineguaglianze (pg. 102-103)

Il focus del testo è l'azione: i processi, le proteste, i cortei, gli scioperi, le occupazioni, le manifestazioni, i conflitti, tutti quegli spazi e modi che le femministe hanno impugnato per farsi sentire, spesso con la violenza, il turpiloquio, la forzatura. La rivendicazione di un modo di combattere solitamente di matrice maschile. Attraverso storie vere e movimenti femministi che esistono ancora oggi, e a grazie alle cui lotte e sacrifici - basterebbe pensare alle suffragiste - godiamo di alcuni benefici, seppure sempre minati e messi in discussione, Siviero crea una genealogia dei femminismi al plurale, con accento su quelli più radicali.

Si impara molto, sulla nostra storia, tanto che sarebbe un testo da introdurre nelle scuole, uno di quei saggi che davvero hanno qualcosa da dire, che aprono gli occhi anche su quegli assunti che crediamo progressisti e che invece non lo sono, perché sporcati dalla paura, dall'abitudine, dal patriarcato. Ho molto apprezzato il tono colloquiale, la scrittura chiara, i numerosissimi esempi. Lo consiglio a occhi chiusi a chiunque, soprattutto ai ragazze e alle ragazze adolescenti, per imparare a conoscere chi ha combattuto per noi, per non dare per scontati alcuni diritti e avere la forza di proseguire in questo modo per mantenerli e migliorarli.

Deborah D'Addetta