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Voci alla ricerca del giardino segreto: "Le vie dell'Eden" di Eshkol Nevo, lo scrittore dell'inconfessabile

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Le vie dell'Eden
di Eshkol Nevo
traduzione di Raffaella Scardi
Neri Pozza, 2022

pp. 256
€ 18,00 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)

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La sera scolora nella notte fuori dalla mia finestra. La casa è vuota. Dal salotto non arrivano le voci dei bambini. Nella doccia l'acqua non scorre sul corpo di Niva. Le sonate di Schubert continuano a suonare in sottofondo, a basso volume. Se devo confessare tutto, questa è l'ora. (p 178)


Quando leggi Eshkol Nevo c'è sempre un punto, almeno un punto, in cui ti sembra che stia parlando di te, di qualcosa che ti riguarda. Si potrebbe obiettare che è una cosa che succede con tutti i grandi autori, che ha a che fare con la loro capacità di creare immedesimazione, ma in realtà mi riferisco a un aspetto diverso. È la sua tendenza al ritratto dei nostri tratti più intimi, quelli che non siamo abituati a esplicitare. Messi su pagina dalla penna di qualcun altro, questi tratti acquistano toni più lucenti, escono dall'ombra in cui erano e si connettono a certi centri dell'io che all'improvviso vibrano, sollecitati.
Nevo è lo scrittore dell'inconfessabile che viene confessato, del nascosto che viene illuminato. E nell'inconfessabile e nel nascosto ci siamo tutti noi.

Nell'acclamato Tre piani quest'intimo meccanismo di letteratura-confessione conduce il lettore in un viaggio lungo i livelli della psiche umana. Creando tre potenti piani di racconto interconnessi, e seguendo i ritmi di un tempo di sviluppo tutto interiore, il romanzo ci consegna tre storie cangianti come i nostri DNA emotivi. 
Il nuovo atteso Le vie dell'Eden non delude in questo senso perché vi si ritrova lo stesso sguardo acuto di Nevo, intento a dipingerci nei nostri lati più reconditi. 
Siamo sempre In Israele, ancora in presenza di tre storie legate tra loro da un filo di sottili richiami.
Ci sono dei personaggi, i principali all'interno di un gruppo che è come una giostra che gira, che si ritrovano di fronte a prove estremamente dure che il passato, le scelte o tiri mancini del destino, gli hanno posto di fronte. Ciascuno a proprio modo, cercano le parole più giuste per dire qualcosa che li affligge.
In analogia con lo schema della seduta psicoanalitica, in cui il dire all'altro equivale all'ammettere a se stessi, i personaggi del romanzo ammettono qualcosa - colpe, sentimenti, sbagli, segreti - a un terzo che li ascolta, spesso con una certa autorità, e mentre lo fanno provano ad accettare la verità di quello che sentono, a darle corpo. 

Omri si reca al funerale di un uomo che ha conosciuto per caso durante un viaggio in Bolivia ma dopo poche pagine scopriamo che in realtà non va lì per rendere omaggio al defunto, bensì per rivedere Mor, la vedova che nasconde a tutti la verità su qualcosa di terribile. 
Il dottor Caro, anziano e rispettato primario, scopre di essere stato accusato di molestie da una giovane specializzanda. Nel rapporto creatosi tra i due c'è qualcosa di non chiaro che ha a che fare con il passato del dottore e con un aspetto specifico della sua storia: il senso di perdita. 
Nella terza storia una coppia entra in un frutteto, un luogo in cui vanno a passeggiare settimanalmente. Senza che ci fosse nessun segno premonitore apparente, Ofer, il marito, si spinge oltre due filari di alberi lasciando il proprio telefono alla moglie Heli. Da quel momento fa perdere del tutto le proprie tracce, mentre lei si ritrova a rispondere di questa sparizione di fronte a tutti, riscoprendo dei lati di lui e di se stessa che erano nascosti tra cose e parole, quasi fossero embrionali indizi della sua scomparsa. 

Mentre i personaggi di Nevo cercano le parole giuste per confessare l'inconfessabile, ci muoviamo con loro tra una matassa di ricordi, omissioni, mezze verità. La topografia di questa scoperta passa attraverso luoghi simbolo come la Strada della Morte in Bolivia con le sue curve che danno sull'orrido, i frutteti che si aprono su sentieri misteriosi, i corridoi di un ospedale che sembra familiare ma in realtà ha un che di inesplorato. 
Nevo ci mostra i lati più spaventosi e sorprendenti dell'esperienza umana come labirinto di azioni ed emozioni. A proposito di emozioni, è maestro qui nel restituirci la paura, l'innamoramento, la perdita, il turbamento, la gioia e la tenerezza che si rincorrono in una partitura in cui la musica ha un ruolo di assoluto primo piano. 
Nel sentirsi sotto accusa, le voci di questo libro chiedono di essere ascoltate, credute, perdonate. Siamo tutti noi, eterni bambini di fronte all'oscuro e alla possibilità, anzi alla certezza dell'errare (come vagare e come sbagliare). 
Sebbene in Tre piani l'intreccio strutturale sia nel complesso superiore per finezza e composizione, anche qui si conferma la potente sensazione finale di essere stati messi a nudo. Non è violenta, anzi: è liberatoria.
Ancora una volta, parlando dei suoi personaggi, Nevo ha raccontato qualcosa di noi.
Si dice nel Talmud che quattro saggi maestri entrarono nel giardino dell'Eden alla ricerca di un senso e che solo uno di loro uscì incolume. È il prezzo da pagare per guardare a fondo, cercare una propria verità e per confessarla.
Quando si ha il coraggio di addentrarsi in un frutteto segreto si accetta il rischio di non tornare più, o di ritornare e non essere più gli stessi. 


Claudia Consoli