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Le atmosfere oniriche, la narrazione sospesa, il mistero: "La notte dell'incanto" dell'autore premio Pulitzer Steven Millhauser

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La notte dell'incanto
di Steven Millhauser
Mondadori, aprile 2022

Traduzione di Sonia Folin

pp. 144
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


La notte dell’incanto, dello scrittore premio Pulitzer Steven Millhauser, è una delle letture più particolari che mi siano capitate negli ultimi tempi. Una forma ibrida, tra romanzo e racconto, è un breve testo pubblicato per la prima volta in America nel 1999 e appena tradotto in Italia da Sonia Folin per Mondadori; il nome di Millhauser è nel nostro Paese poco noto al pubblico non specialistico, ma negli Usa questo scrittore ottantenne è sempre stato al centro del dibattito culturale, premiato dalla critica e molto apprezzato anche dal pubblico, tanto per i suoi romanzi (tra cui appunto Martin Dressler, il racconto di un sognatore americano che gli è valso il Pulitzer nel ‘97) che per i racconti (We Others: new and selected stories è stato finalista al prestigioso PEN/Faulkern Award e ha vinto il The Story Prize). A distanza di più di un ventennio arriva quindi la prima traduzione italiana di questo testo breve e particolarissimo cui ci auguriamo seguirà la pubblicazione delle short story, la forma forse più congeniale a Millhauser.

Ma che cos’è, quindi, La notte dell’incanto? È una narrazione sospesa, a confine tra romanzo e racconti, sono immagini, lampi fugaci e racconti più complessi, immersi in un’atmosfera onirica, tra verità e sogno, reale e fantastico. Ispirato a Midsummer night’s dream, del testo shakespeariano evoca quel mondo a confine, la sospensione momentanea del reale, e racchiude la narrazione in una notte d’estate di un paesino del Connecticut, nello spazio breve di quelle poche ore che precedono l’alba.
Questa è la notte della rivelazione. Questa è la notte in cui le bambole si risvegliano. Questa è la notte del sognatore nella mansarda. Questa è la notte del pifferaio nei boschi. (“Coro di voci notturne”, p. 11)
Al chiaro di luna si compie l’incanto, i pensieri si fanno liberi, ciò che di solito è inanimato prende vita e movimento, affiorano desideri e sentimenti: un manichino dei grandi magazzini si anima e percorre le vie della città al fianco di un uomo che ha passato molti guai; una banda di ragazze liceali si intrufola nelle case, rubacchiando oggetti di scarso valore e lasciando un biglietto “SIAMO LE VOSTRE FIGLIE”; uno scrittore frustrato che vive nella mansarda della madre si incontra ogni notte con la madre di un amico d’infanzia e le confida i propri tormenti, la relazione tra loro mai davvero compiuta, tra le tante possibilità mancate; una ragazzina irrequieta compie vagabondaggi notturni nella natura, mentre un maniaco la spia; e, ancora, un pifferaio suona la sua incantata melodia per attirare i bambini fuori dalle lore case, bambole dalle soffitte si svegliano e prendono vita.

L’incanto si spezza alle prime luci dell’alba, ogni cosa torna ordinaria, per ripetersi e intrecciare nuovi fili nelle notti a venire. Lampi fugaci o storie più articolate, La notte dell’incanto è un testo affascinante, orchestrato con uno stile musicale, lirico a tratti, reso abilmente dalla traduzione di Folin, rifugge a troppo rigide etichettature e ammalia per le molteplici possibilità di lettura. È a noi amanti della forma breve, credo, che questo testo parla in modo tanto coinvolgente: seguiamo la storia sulla pagina ben consapevoli dell’importanza di ciò che resta fuori, degli spazi vuoti, viviamo il frammento, quel «moment of truth» che non aspira all’universalità del romanzo ma a fotografare un istante, una verità, un particolare, lavora sullo stile e le possibilità narrative che concede il racconto.
Ci ammalia, preda di un incanto simile a quello dei personaggi inventati da Millhauser.