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Uno spaccato di società contemporanea tra ironia e riflessione: "La risata del barbaro" di Sema Kaygusuz

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La risata del barbaro
di Sema Kaygusuz
Voland, 2020
 
Traduzione di Giulia Ansaldo

pp. 176
€ 16,00 (cartaceo)
€ 7,49 (ebook)

La scrittrice Sema Kaygusuz è nata nel 1972 a Samsun, in Turchia. I suoi lavori letterari hanno ricevuto diversi riconoscimenti e sono stati tradotti in varie lingue. La risata del barbaro è stato pubblicato nel 2015 e ha ricevuto in Turchia il prestigioso premio Yunus Nadi, mentre in Italia è stato portato in libreria da Voland, con la traduzione di Giulia Ansaldo.   

Presso un magnifico hotel sulle rive del Mar Egeo trascorrono giorni felici e sereni all’insegna del totale svago un gruppo di villeggianti. Una sera alcune signore si imbattono in una scena singolare: un uomo urina in mare, vicenda che, non solo non passa inosservata degenerando poi in rissa, ma dà l’inizio a una serie di episodi, nei quali i turisti dell’albergo si ritrovano alle prese con un bizzarro autore che si diverte a imbrattare di pipì la biancheria dell’albergo, creando scontento tra i clienti che vogliono lasciare l’hotel.

A quel punto scoppiò il caos. Grida di donne, pianti di bambini, latrati del cane alla catena nel cortile della reception… su, su, signori state calmi! brutto infame! ma ho solo fatto pipì, che sarà mai… che vergogna, vi prego! perché tu non fai pipì quando entri in mare? questo è un posto rispettabile! amore, ma forse soffre di prostata! ma davvero ha mostrato il suo coso? dai, mammaaa! non credo, probabilmente ha fatto pipì in mare… (p. 13).

Il romanzo, sebbene sia diviso in capitoli, ciascuno dotato di un titolo, risulta una storia unica e corale formata da tanti racconti concatenati e compiuti. Diversi sono i protagonisti, che rispecchiano le facce della classe media della società turca, al cui interno si mescolano e convivono fazioni e correnti eterogenee: ad esempio, la signora Simin, esperta in rimedi naturali annota sul suo quaderno cure e antidoti utilizzati da medici antichi; il dodicenne Ozan, come in un rito di iniziazione, presenta ogni giorno il cadavere di un animale agli ospiti del Colomba Blu: un pesce, una tartaruga e addirittura un capretto; la sensuale Eda spiega al fidanzato che cosa accade al corpo di una donna durante l’orgasmo.  

“Cos’è questa schifezza?” Gli ospiti del ristorante allungarono il collo come fenicotteri guardando nella stessa direzione. Un giovane, dopo essere schizzato via dal grosso cuscino da terra sul quale era sdraiato si lamentava con rabbia. “Ma che puzza questi cuscini, peggio di un cadavere! Sentite qua!” In pochi secondi il personale dell’hotel e i vacanzieri al completo si riunirono attorno all’uomo […] Nessuno toccava il cuscino, cercavano di annusarlo a distanza. “Forse ci è caduto sopra qualcosa?” “È ancora bagnato, magari è odore di umido.” […] “No, caro mio, sa di urina forte e chiaro.” (p. 72).

Il ritmo è snello e serrato; con un certo sapore di “giallo” su chi è o chi sono gli autori dei nauseanti attacchi ad asciugamani, lenzuola, cuscini, coinvolge e cattura l’attenzione del lettore. Regnano l’ironia e l’allegria, grazie alle quali l’atmosfera si mantiene leggera e gioiosa, ma non mancano spunti per approfondire e riflettere su temi di notevole rilevanza, come la violenza sulle donne, la laicità e la religione, il passato e le contaminazioni culturali. I toni sagaci e l’interpretazione vivida e concreta della realtà conferiscono al testo forza narrativa, sapientemente cesellata e curata dai diversi registri linguistici, usati per rendere le voci dei molteplici personaggi.

Ne risulta una storia curiosa, ma non banale, in cui l’autrice ha saputo guardare alla società attraverso la lente della metafora, restituendo uno spaccato umano potente e acuto in una rappresentazione variegata del nuovo e del vecchio, del presente e dell’antico.  

Ricordo con deferenza la levatrice delle levatrici, Scribonia Attice, scolpita nei bassorilievi. Tra le dottoresse dell’antichità annovero Cleopatra, che creava preparati con le piante officinali. Continuo a difendere la venerabile Agnodice, giudicata dal tribunale popolare per aver esercitato la professione medica indossando abiti da uomo. Ai miei studenti non manco mai d’illustrare i rimedi contro l’epilessia della cosiddetta Africana, che Galeno insultava chiamandola prostituta e strega. (p. 70).  

Aprendo La risata del barbaro, preparatevi a incontrare un mosaico intriso di echi suggestivi, tessere che si mischiano in una prosa chiara e asciutta per un affresco autentico e vero. Sema Kaygusuz con abilità tratteggia moti e azioni di una contemporaneità, figlia di innumerevoli stratificazioni storiche e spirituali e ci offre un romanzo coraggioso, audace e libero: “Questa situazione non cambierà. Vi prego, non insistete, almeno il pelo lisciatemelo per il verso giusto”. 

Silvia Papa