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Napoli brucia: cercare il sesso, l’amore e la propria identità ne “Il primo che passa”, l’esordio letterario di Gianluca Nativo

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Il primo che passa
di Gianluca Nativo
Mondadori, gennaio 2021

pp. 216
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Non sempre è facile trovare il modo per capire chi siamo. C’è chi lo capisce grazie alle proprie passioni, chi invece attraverso le proprie emozioni; c’è chi lo sente sulla sua pelle, chi dentro la propria testa; c’è chi lo capisce condividendo paure intime con i propri affetti, chi invece preferisce la solitudine per una rivelazione esistenziale. C’è chi decide di ignorare la questione e vivere spensieratamente, e chi al contrario ci riflette per tutta la vita, senza mai trovare un’adeguata risposta. Poi c’è chi, invece, preferisce affidare se stesso al primo che passa per strada, cercando nel corpo dell’altro la propria immagine, in modo tale da poter rispondere, attraverso il riflesso altrui, alla più difficile delle domande: chi sono io?

È a questa domanda che Il primo che passa, l’esordio letterario di Gianluca Nativo edito da Mondadori, cerca di rispondere: chi è Pierpaolo Tammaro, il protagonista del romanzo? Per cominciare, Pierpaolo è nato e cresciuto in un quartiere popolare alla periferia di Napoli, ma la sua è una condizione privilegiata: vive all’ultimo piano di una delle palazzine costruite da suo padre, e dall’alto della sua terrazza sente di poter controllare quella giungla urbana che è Napoli. Ha vent’anni, una buona famiglia che lo sostiene, una promettente carriera da studente di medicina, un gruppo di amici con cui divertirsi e varie ragazze che lo corteggiano. Presto Pierpaolo si rende conto che «Mancava però qualcosa alla mia vita, forse la fortuna era solo un riparo» (p. 15). Infatti, da quando suo padre viene prima arrestato e poi condannato ai domiciliari, tutta la solidità della sua vita inizia piano piano a sgretolarsi, e persino la sicurezza trasmessa dalla sua terrazza non riuscirà più a salvarlo. Come se la sua vita fosse un copione già scritto e stampato, Pierpaolo sente la necessità di andare oltre a quello che la famiglia e gli amici gli hanno insegnato, iniziando a seguire unicamente ciò che gli detta il suo corpo: l’attrazione sessuale per i maschi

Comincia così l’iniziazione sessuale di Pierpaolo, scandita da scambi di sguardi per strada, corpi che si sfiorano sugli autobus affollati, conoscenze casuali per le vie della città, app di incontri, baci rubati in macchina, scappatelle nei parcheggi di periferia e notti trascorse in case di sconosciuti. Una successione di nomi e figure anonime: Francesco, Saverio, Alessio, Enzo, un dottorando di ingegneria, «e gli altri uomini laidi con cui ero stato» (p. 133). Pierpaolo scopre allora che il sesso non è un automatismo, e che il corpo è uno strumento delicato al quale bisogna insegnare a provare piacere. Ed è grazie ad ogni uomo e ragazzo con cui va a letto che Pierpaolo impara a conoscere il suo corpo e capisce che ogni “primo che passa” a cui consegna tutto se stesso rappresenta un’esperienza diversa, raramente piacevole e molto spesso deludente. Quello che Pierpaolo realmente cerca in ognuno di questi incontri è un’immagine riflessa di sé nel corpo dell’altro. Uomo dopo uomo, ragazzo dopo ragazzo, Pierpaolo raccoglie tanti piccoli frammenti che, lentamente, scoprirà essere i tasselli necessari per iniziare ad abbordare la domanda da cui è scappato per tutta la vita: chi è veramente Pierpaolo Tammaro?
Dagli ultimi incontri mi ero fatto l’idea che si trattasse sempre della stessa colluttazione animale, da consumarsi in poco tempo. A eccitarmi del resto era la curiosità. Le case degli altri, il rapido sguardo che proiettavo sulle pareti, le cassapanche all’ingresso, armadi a muro stipati di completi, cucine a vista, pavimentazioni surriscaldate, stendini in un angolo che mandavano intenso odore di ammorbidente, stanze della nonna con le lenzuola a piccoli pois rosa e il materasso duro. Tutto così diverso da casa Tammaro, tutto così nuovo. (p. 81)
Assorbito da questo eterno ritorno dell’uguale in termini di incontri frivoli e impersonali, Pierpaolo conoscerà Elia, personaggio che dà avvio all’educazione sentimentale del protagonista, facendolo temporaneamente uscire dal loop esistenziale in cui si trova per iniziarlo ad un altro tipo di vita a cui Pierpaolo, finora, non era mai stato abituato: quella emotiva. Per la prima volta il protagonista si dovrà interfacciare con una relazione stabile e con tutte le problematicità che da essa derivano; in primis, l’approssimarsi alla parola “amore”. 

Gianluca Nativo ha dunque scritto un romanzo sulla scoperta dell’omosessualità e sull’amore. Paradossalmente, queste due parole quasi mai vengono pronunciate dalla voce in prima persona di Pierpaolo: troppo impreparato per usare termini come “omosessuale”, “gay” o “coming out”, troppo immaturo per confrontarsi con l’amore come sentimento, Pierpaolo vive in questo limbo esistenziale segnato dal passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, complicata poi da una sessualità non normativa che lui stesso non riesce a capire perché privo di modelli da seguire nell’ambiente famigliare e tra gli amici. Pierpaolo, in questo senso, deve fare tutto da solo; e lo farà attraverso sbagli, delusioni, forzature e sviste che, forse, lo faranno crescere. Nativo scrive un romanzo che respira, che lascia il tempo a Pierpaolo (e al lettore) di capirsi, di conoscersi, di accettarsi e di aprirsi al mondo che lo circonda. Con grande abilità narrativa, Nativo scrive senza etichettare, concedendo il giusto tempo affinché Pierpaolo, un domani, riesca a rispondere a quella domanda esistenziale alla quale, probabilmente, non c’è un’effettiva risposta. 

Eppure la città risponde, a modo suo, a Pierpaolo. Chiuso nel suo mondo di benessere famigliare e sicuro nella sua cerchia di amici, Pierpaolo va incontro alla città nel momento in cui decide di scoprire di più riguardo a se stesso. Simbolicamente, al posto del protetto spazio domestico in cui ha trascorso tutta la vita, la città si apre davanti ai suoi occhi e diventa l’altra grande protagonista del romanzo. Napoli pulsa insieme ai piaceri del corpo di Pierpaolo, si incupisce con le sue sofferenze, risplende quando sorride, lo confonde con le sue bellezze e lo delude con il suo degrado, oppure si trasforma in una città-labirinto che sembra non offrire alcuna scappatoia, nemmeno dalla terrazza più alta. Ma la vera lezione che Pierpaolo deve imparare dalla città è che non sempre protezione e privilegio sono sinonimi di felicità.
La città raccontava al posto mio cosa era successo, cosa mi lasciavo alle spalle, chi ero. Per le strade più trafficate mi chiedevo quanti fossero nelle mie condizioni. Cosa facevano per andare avanti e soprattutto dov’erano? Avremmo formato un’unica carovana per un breve tratto prima di riprendere ognuno la propria strada e aver sussurrato un timido grazie. Invece no, ero solo. (p. 195)
Torniamo quindi alla domanda iniziale: chi è Pierpaolo Tammaro? Bene, se il lettore si aspetta di trovare una risposta nel romanzo, allora la sua aspettativa verrà delusa. La bellezza dell’esordio di Gianluca Nativo sta in una storia che preferisce le domande alle risposte, che opta per mettere in dubbio un’intera esistenza e vedere quali sono le possibili strade che una giovane vita può scegliere, piuttosto che tracciare a priori un destino prestabilito per il protagonista. Il primo che passa racconta tutto quello che viene prima della formazione di un’identità, al di là di ogni definizione, di ogni etichetta. Quello che succederà, verrà scritto strada facendo, dopo aver chiuso il romanzo e averlo riposto con grande affetto e tenerezza sullo scaffale della nostra libreria. 

Nicola Biasio