in

"Il mio valzer con papà": un libro necessario alla formazione di una coscienza civile

- -

 

Il mio valzer con papà
di Rita dalla Chiesa
Rai Libri, 2020
pp. 200

€ 16 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

Sono stata innamorata di lui mentre era in vita, e forse ancora di più lo sono oggi, nella memoria di un uomo che, come ogni genitore, ha lasciato un'impronta forte, profondissima, nel cuore di un figlio. E la sua è un'impronta buona, come il profumo di quelle roselline rosa (p. 7).

Leggo sempre con grande curiosità i testi dedicati alle vittime della mafia perché penso che ricordarle, impararne i nomi e conoscere le loro storie sia un dovere morale.

Però ero scettica nei confronti de Il mio valzer con papà (Rai Libri, 2020) perché pensavo che nulla più si potesse aggiungere alla storia di una delle più celebri vittime della mafia, il Generale dell'Arma dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa.

Credevo che la sua triste Storia fosse fin troppo nota e, invece, sua figlia Rita, con questo testo intriso di ricordi dolcissimi riguardanti non solo suo padre, ma la sua intera famiglia, è riuscita nell'impresa di raccontare dei dettagli dei quali non ero a conoscenza e di emozionare.

Il titolo dell'opera prende spunto da un ballo che si tenne al Circolo Ufficiali, quando Rita aveva diciotto anni e il padre le chiese di danzare sulle note di Sul bel Danubio blu, forse il valzer più celebre composto dall'austriaco Johann Strauss. Ma questo è solo uno dei molteplici episodi dai quali emerge l'affetto fortissimo che i tre figli del Generale nutrivano non solo per quest'uomo tanto fermo quanto dolce, ma anche per l'adorata mamma Dora, prematuramente scomparsa a causa di un infarto.

«Come stai, Topino?». Mi aveva sempre chiamata così, da appena nata. E io ebbi la certezza che qualsiasi cosa fosse successa, e che per quanto io lo avessi potuto deludere, lui per me ci sarebbe sempre stato (p. 127).

Lentamente veniamo a conoscenza dell'intera vita del Generale, dai giorni in cui operò nella Resistenza nel corso della Seconda Guerra Mondiale all'impegno contro il fenomeno criminale del banditismo, dall'opera prestata durante il terremoto del Belice alla lotta contro le Brigate Rosse, sino all'ultimo periodo da Prefetto della città di Palermo, nomina quest'ultima che lo condurrà alla morte insieme alla seconda moglie a causa di un vile attentato mafioso.

Rita non risparmia le critiche agli "intellettuali" ed ai giornalisti dell'epoca, poiché quando il padre lottava strenuamente contro il terrorismo rosso questi personaggi in qualche modo approvavano e giustificavano non soltanto gli atti di efferata criminalità, ma addirittura gli omicidi.

La figlia del Generale non dimentica di ricordare come il padre fosse stato lasciato completamente solo dallo Stato quando gli fu affidato l'incarico di Prefetto di Palermo, come i poteri aggiuntivi che aveva richiesto per combattere la criminale organizzata arrivarono solamente al suo successore. 

Celebri le parole:

"Mi mandano in una realtà di Palermo con gli stessi poteri del Prefetto di Forlì".

Da Il mio valzer con papà emerge il ritratto di un uomo motivato da un profondo amore per lo Stato e per i suoi uomini, da un senso dell'onore e del rispetto delle istituzioni fuori dal comune, ma anche legatissimo alla sua famiglia.

Il ricordo più commovente di questo libro è rappresentato per me dall'ultima immagine che la figlia ha del padre:

Ma quando presi la strada in discesa, verso il cancello, eccolo nello specchietto retrovisore, con la sua Lacoste azzurra, che mi salutava con la mano. Tirai la mano fuori dal finestrino e lo salutai anch'io. È l'ultima immagine che ho di lui. Stampata in quello specchietto. Quando ho dovuto cambiare auto, quello specchietto retrovisore l'ho svitato, ed è ancora con me. Mi basta guardarlo per rivedere ancora papà, nella sua Lacoste azzurra che, nonostante fosse arrabbiato con me, mi saluta con il braccio alzato (p. 197).

Il libro finisce appena prima dell'attentato di Via Carini, ma riesce comunque a farne intuire tutta la feroce crudeltà e la drammaticità che per anni si sarebbe riversata sui figli del Generale.

Il mio valzer con papà è uno di quei testi realmente necessari alla formazione di una coscienza civile, un libro che andrebbe fatto leggere nelle scuole non solo per permettere ai ragazzi di conoscere le gesta di un grande Servitore dello Stato, ma anche per ragionare su un pezzo di Storia moderna del nostro Paese per condannare sempre e comunque ogni forma di mistificazione della violenza.


Ilaria Pocaforza