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"Potendo avere il sorriso dell'amore, mi condanno alla sua smorfia": storia di Adèle Hugo, anima inquieta

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Adèle Hugo. Pazza d’amore
a cura di Manuela Maddamma
Fandango Libri, 2020

pp. 128
€ 12,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Nessuna possibilità di equivoco: la Adèle Hugo di cui si occupa Manuela Maddamma nel volume da lei curato e appena dato alle stampe da Fandango Libri è proprio la figlia del celebre autore francese. Chi conosce Adèle H., il film a lei dedicato da François Truffaut nel 1976, è già al corrente della sua tragica parabola biografica, in cui il desiderio di indipendenza e autodeterminazione mal si celò dietro la maschera cinica e beffarda di un'ossessione erotica destinata a non risolversi mai nel matrimonio e nella creazione di un nuovo nucleo familiare. Una passione non ricambiata, quella per il tenente Albert Pinson, che portò la giovane donna alla completa perdizione di sé: Pazza d’amore (come da sottotitolo) la secondogenita dell’illustre letterato dilapidò il patrimonio della sua giovinezza (in senso sia materiale che metaforico) nell’inutile tentativo di convolare a nozze con un uomo che, invaghitosi appena di lei, non poté prevedere l’ostinazione del suo attaccamento e la degenerazione delle sue facoltà mentali, condizioni che resero infine necessario l’internamento a vita. In fuga dai genitori e dai fratelli, Adèle non mancò tuttavia di avere con loro uno scambio epistolare e di tenere un diario: così, già erede di uno dei più importanti autori d’oltralpe, anche lei ha consegnato alla propria scrittura la possibilità di una conoscenza e di un’interpretazione dei fatti, proprio quella che Manuela Maddamma affida alla selezione delle lettere e delle pagine del journal intime di una fanciulla tormentata e priva di autentica speranza.

Non è dunque di Adèle – che sposa, per l’appunto, non fu mai – l’abito bianco che galleggia tra i vapori smeraldini e i barbagli fosforescenti della copertina. Non le appartiene, eppure è come se fosse suo: il corpo che lo ha indossato è difatti quello della sorella Leopoldine, a cui la sorte riservò l’altrettanto disgraziato destino della morte in mare in compagnia del marito. Esposto in casa Hugo come una reliquia, quell’abito rappresentò sempre un ricordo ma anche un presagio, come se l’infelicità più atroce dovesse annidarsi proprio laddove una fanciulla della seconda metà dell’Ottocento, in accordo alle convenzioni, avrebbe dovuto cercarla in primo luogo, vale a dire nell’amore coniugale e nella conseguente rispettabilità sociale. Niente di più illusorio anche per Adèle, che ben presto, incapace di rassegnarsi all’inequivocabile indifferenza del suo militare in carriera, perse anche le forme più elementari di buon senso e giudizio, adoperando ciò che restava della sua intelligenza al racconto di bugie e alla ricerca di espedienti e sotterfugi pur di raggiungere il suo scopo impossibile. Tutto vano, per l’appunto, in attesa del sollievo della morte che, ormai lontani gli anni dei pedinamenti amorosi tra il Canada e le isole Barbados e dopo decenni di degenza, la colse nella primavera del 1915 presso la casa di cura di Suresnes.

Per raccontare la storia di Adèle, Manuela Maddamma opta per l’oggettività delle testimonianze autografe: le parole della fanciulla, quelle del padre, della madre e dei fratelli Charles e François-Victor si susseguono nella cronologia di un carteggio che si fa via via sempre più disperato e rassegnato, e in cui i tentativi di far desistere una figlia e una sorella dall’utopia dei suoi propositi si alternano alle testimonianze dei deliri e dei vaneggiamenti, nella certezza che l’autocontrollo ostentato dalla giovane e le sue promesse di un ritorno a casa sempre imminente siano solo l’altra faccia della sua ostinazione. Se dunque l’autrice del volume limita il suo intervento ai brani di raccordo tra le epistole e gli stralci dei quaderni è forse perché la viva voce dei protagonisti di questa storia così vera e allo stesso tempo così romanzesca è di per sé bastevole oltre ogni ulteriore e possibile commento che non sia fuorviante. Le ambiguità e le contraddizioni che emergono dalla storia – con la stessa frequenza con cui il ricordo di Leopoldine perseguita Adèle al punto da crederla sua anima protettrice e consigliera – sono lo spettro che non permette a chi legge di decidere una volta per tutte se l’innamorata non corrisposta sia da disprezzare per la sua ottusità, da stimare per il suo coraggio, da compatire per la sua ansia di perdizione. Ed ecco dunque spiegata anche l’epigrafe del volume, affidata a un brano del diario di Adèle risalente al 23 giugno del 1855 in cui si preannuncia il dibattersi schizofrenico tra propositi quasi femministi confinati nella sfera dell’idealità e una routine di schiavitù psicologica nei confronti di un uomo cinico e indifferente: «dedico un pensiero alle mie sorelle che soffrono nei bordelli, alle mie sorelle che soffrono nel matrimonio. Occorre dar loro libertà e dignità, il pensiero nella testa e l’amore nel cuore. Questo XIX secolo è di ostacolo: io riuscirò».

La Adèle Hugo di Manuela Maddamma non ha le fattezze angeliche della pur eccellente Isabelle Adjani che quasi cinquanta anni fa la interpretò sul grande schermo: è totalmente disincarnata – per certi aspetti è proprio il corpo che non veste i paramenti nuziali sul frontespizio – e per chi non ha mai visto il lungometraggio è anzi quasi un bene che la sua percezione sia affidata alle parole, senza il condizionamento e la seduzione delle immagini. La passione dell’autrice del volume per i personaggi dell’Ottocento e del Novecento dominati dall’inquietudine, già esplicitata nel libro Anime estreme (2011), ha evidentemente trovato un altro soggetto eccellente, da amare e rispettare proprio a causa e in virtù del suo tormento. Chi li ama come lei si confronterà volentieri con le aporie e i malintesi di una donna senza redenzione, che – come ebbe a scrivere – potendo avere il sorriso dell’amore si condannò alla sua sola smorfia.

Cecilia Mariani


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L'innamoramento non corrisposto di Adèle Hugo per l'ambizioso tenente Albert Pinson somiglia a un invito conviviale a cui il militare in carriera, dopo un primo consenso, non si sarebbe presentato mai più. Ma mentre un'altra donna, pur addolorata, avrebbe trovato il modo di volgere altrove le proprie attenzioni, così non fu per la secondogenita del celebre letterato di Francia, che per anni perseverò, sola e ostinata, nel preparare un futuro che fosse apparecchiato per due: una parabola evidentemente disperata, fatta di fughe, menzogne e strategie fallimentari che portarono la giovane alla perdita della ragione, ottenebrata da un concetto malinteso dell'amore, dell'indipendenza e dell'autodeterminazione. Quella di Adèle Hugo è una storia talmente amara che risulta impossibile temperarla con l'ausilio di qualcosa di dolce, e forse è anche per questo che Manuela Maddamma la offre "senza zucchero" nel volume da lei curato e appena dato alle stampe da Fandango Libri @fandangolibri: una selezione di lettere e di pagine di diario di Adèle e dei suoi familiari che hanno bisogno solo di qualche raccordo essenziale perché si comprendano il dramma e la sfortuna di un'anima inquieta che trovò pace solo nell'internamento e nella morte. La recensione di Cecilia Mariani in arrivo sul sito! 📚✉💌 #libro #book #instalibro #instabook #leggere #reading #igreads #bookstagram #bookworm #booklover #bookaddict #bookaholic #libridaleggere #librichepassione #libricheamo #criticaletteraria #recensione #review #recensire #recensireèmegliochecurare #adelehugo #manuelamaddamma #fandangolibri

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