#IlSalotto - Tra fantascienza, fantapolitica, “esperienza femminile” e cruda realtà con Irene Chias, autrice di “Fiore d’agave, fiore di scimmia”

Foto di Irene Chias per CriticaLetteraria
C’è un tipo di storie che mi ha sempre affascinato: i romanzi i cui protagonisti sono scrittori a loro volta. Narrazioni moltiplicate, apparentemente svelate ma allo stesso tempo celate dietro altri veli, in cui il lettore sembra messo a parte di un segreto, ma a cui in realtà viene solo mostrata una serratura, senza però che gli sia data la chiave. È di questo che parla Fiore d’agave, fiore di scimmia di Irene Chias, appena uscito in libreria per Laurana editore: è la storia di Adelaide Dattilo, scrittrice di fantascientifiche distopie dallo scarsissimo successo, il cui agente Max la convince a recarsi nella sua nativa Sicilia per scrivere “un romanzo rosa”. Il libro prosegue così alternandosi tra la storia di Adelaide e il romanzo che lei scrive, una sorta di rimaneggiamento della sua vita, della sua famiglia e del borgo in cui è cresciuta. Eppure, mentre Adelaide scrive la storia di Adelasia cercando di convogliare nelle pagine “l’esperienza femminile” tanto importante quanto semplice e univoca secondo Max, non riesce a non pensare a come, forse, la vera esperienza delle donne e dell’umanità di oggi siano rese meglio dal genere distopico e dalla fantascienza, che, seppur in chiave cifrata, possono parlarci in modo più onesto del nostro mondo.

Il romanzo abbonda di riferimenti alla Sicilia contemporanea ma anche alla storia d’Italia, nelle sue contraddizioni e zone d’ombra, dalla legge Merlin al MUOS di Niscemi; nella cornice del nostro quotidiano, spesso lontana dalla fantascienza e più simile alla fantapolitica che tanto affascina Genova, personaggio alquanto singolare, che forma può avere la distopia intesa come chiave di lettura del reale, un caveat che ci impedisce di distruggere la nostra stessa umanità?
I romanzi fantastici, di fantascienza o di fantapolitica, hanno quasi sempre avuto la funzione di parlare del reale camuffandolo; hanno quasi sempre potuto costituire, per chi fosse stato in grado di coglierlo, un avvertimento. Purtroppo, i mezzi di persuasione collettiva sono altri e sono molto più pervasivi di un libro. L’adorazione del denaro come unica possibile prova del successo personale è diffusa a livello planetario e le culture diverse – l’unico reale “altro” – vengono marginalizzate e distrutte: tutto deve poter essere comprato coi soldi. Si inseguono con fatica, sacrifici e spesso azioni non etiche sogni di realizzazione sociale inculcatici per poter meglio favorire l’arricchimento spregiudicato di qualcuno già ricco. Ci sono varie narrazioni che lanciano l’allarme della deriva (sociale, ambientale, di salute) già ampiamente intrapresa dalla contemporaneità. Ma non sembra che possano bastare, anche perché per ogni avvertimento ci sono cento narrazioni che invece perpetuano e promuovono il paradigma del capitalismo più spietato.

L'esordio italiano di un romanzo ingiustamente dimenticato: "Le donne di troppo" di George Gissing



Le donne di troppo
di George Gissing
Edizioni La Tartaruga, febbraio 2017

Prima edizione: 1893

Traduzione di Vincenzo Latronico

pp. 476
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Audiolibro disponibile 


Coinvolgimenti romantici, eredità inaspettate, campagna inglese e ville londinesi. Tutto quello che ci si aspetta da un romanzo vittoriano, vero? Sì, ma no. Perché la storia che ci racconta Gissing ha uno scopo diverso. Non vuole parlare di quei lieto fine amorosi che i suoi contemporanei cercavano nei romanzi, quei romances che Virginia Madden, una delle protagoniste del romanzo, legge ubriacandosi di gin per dimenticare gli stenti e le infelicità della sua vita. Vuole parlarci di chi quei romanzi li cerca e in essi si rifugia, vuole parlarci delle vite che troppo spesso la letteratura e la memoria non ci ha tramandato; coloro che leggono i romanzi, coloro come Virginia Madden. Gissing, come anche Thomas Hardy e tanti altri, sancisce la fine dell’Ottocento vittoriano, abbattendo gli alti muri che rinchiudevano la percezione dei lettori e parlandoci delle altre donne. Di quelle che non potevano sposarsi, non solo per mancanza di mezzi o di possibilità, ma proprio per statistica:
"Ma sai che nel nostro felice Paese le donne sono mezzo milione in più degli uomini?" disse Rhoda.
"Mezzo milione!" le fece eco Monica.
"Già, una cosa del genere. Così tante donne di troppo... Nessuno se le potrà mai prendere. I pessimisti le chiamano inutili, perse, vite sprecate. Io, ovviamente - dato che sono una di loro - la vedo in modo diverso. Io ci vedo una grande scorta di energia."

Voce del verbo abitare. "L'esercizio" di Claudia Petrucci

L’esercizio
di Claudia Petrucci
La Nave di Teseo, 2020

pp. 333
€ 17,10 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)




Per parlare dell’Esercizio, il libro d’esordio di Claudia Petrucci per La Nave di Teseo, ci si rimbocca le maniche, ci si raccoglie i capelli in una coda: la storia cammina sul filo sottile tra teatro e letteratura con la lucidità sorprendente di un acrobata navigato, affrontando tematiche accessibili a diversi livelli di comprensione. 
A Milano, quartiere Lambrate, i giovani Giorgia e Filippo vivono insieme tentando disperatamente di non soffocare nell’insoddisfazione, si raccontano di non aver perso di vista i loro sogni – una vita senza dolore connaturato e misterioso per lei, una lunga carriera da giornalista per lui – sulla strada dei quali si sono frapposti da qualche tempo un lavoro al supermercato e la gestione del bar di famiglia. Si raccontano che è solo una parentesi, eppure «Il volere e il non potere diventano gli assi di rotazione della [loro] vita». Almeno fino alla comparsa di Mauro, l’ex maestro di recitazione di lei.

The New York Stories: di inquietudini e crepe sulla facciata, nei racconti dell'autore più pubblicato dal New Yorker

The New York Stories
di John O'Hara
Bompiani, giugno 2020

Traduzione di Maurizio Bartocci

pp. 444
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Il jazz. L’alcool. I country club e i piccoli appartamenti di periferia. Broadway, o meglio, i suoi fantasmi. Il sesso. Le inquietudini. C’è il meglio della produzione breve di John O’Hara, autore imprescindibile per gli appassionati di racconti e narrativa statunitense, in questo bel volume uscito di recente per le edizioni Bompiani nell’attenta traduzione di Maurizio Bartocci. Trentadue racconti selezionati in una produzione letteraria molto vasta, che vanno dagli anni Trenta alla fine degli anni Settanta, tutti, come suggerisce il titolo, di ambientazione newyorkese.
L’edizione italiana riprende fedelmente quella curata da Steven Goldleaf nel 2013 per Penguin Random House ed è in effetti già all’edizione inglese che imputiamo qualche dubbio sulla scelta di ordinare i racconti non in ordine cronologico ma alfabetico, seguendo in questo il criterio adottato dallo stesso O’Hara nelle ultime raccolte pubblicate negli anni Sessanta, prima della sua scomparsa. Fortunatamente ogni racconto è seguito dall’anno di pubblicazione e per il lettore, quindi, è piuttosto facile ricostruire l’ordine cronologico per potersi immergere nella lettura e seguire l’evoluzione della scrittura di O’Hara, la ripresa di tematiche e spunti ricorrenti, i mutamenti della sensibilità letteraria e della scrittura, i cambiamenti della città stessa in cui le storie sono ambientate.

Due fratelli, una giovinezza bruciata: «Gli affamati», il romanzo d'esordio di Mattia Insolia

Gli affamati
di Mattia Insolia
Ponte alle grazie, 2020

pp. 176
€ 14 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)

Il compito di Paolo era proteggerli. Sé stesso e Antonio. Ma non ne era in grado e se ne rendeva conto sempre troppo tardi. Tutte le volte che il mondo faceva incursione nella loro vita. Che qualcuno cercava di schiacciarli. Tutte quelle volte lui capiva di non essere all'altezza del compito, e lo capiva sempre quando era tardi. Era capace solo di aggiungere caos al caos, nella speranza che la confusione li salvaguardasse. E quando le forze gli venivano meno, non poteva far altro che arrendersi. Lasciarsi andare. (p. 143)
Prendete due fratelli che sono dovuti diventare grandi tutti d'un colpo, perché la madre li ha abbandonati e il padre è stato trovato morto in casa, dopo una pesante sbronza. Prendete Paolo Acquicella, che a ventidue anni lavora in un cantiere edile pur odiando ogni giorno quello che fa, e non vedendo l'ora di rilassarsi alla domenica, quando, senza forze, ha giusto voglia di una canna e qualche birra in panciolle. Prendete un fratello minore di tre anni, Antonio Acquicella, che non sa cosa farà della propria vita, perché si sente inadeguato tanto nello studio, quanto nelle relazioni, e non riesce neanche a trovarsi un lavoretto per sbarcare il lunario. Le loro uscite per evadere? I soliti amici, il solito fumo, i soliti posti, il solito alcol e, semmai, qualche ragazza di passaggio. Niente che resti. Forse per questo, o forse per due grandi e gravi segreti che i fratelli non sanno confessarsi, la frustrazione è sempre acquattata accanto a loro, pronta a sbranarli e a trasformarsi in una rabbia cieca. Gli accessi di violenza - una violenza inspiegabile, folle, che non sa fermarsi - coglie a volte Paolo alla sprovvista, in un crescendo impossibile da giustificare (e alcuni episodi risultano difficili da digerire per il lettore), per quanto vi si annidino traumi irrisolti ed enormi richiami d'aiuto. Qualche volta questo stare "sempre incazzato", come viene detto in più occasioni nel romanzo, fa sì che Paolo perda le staffe anche con Antonio: d'altra parte, il fratello minore gli chiede soldi e non fa nulla per contribuire. 

C'è qualcosa di strano alla tonnara... il romanzo rosé-noir di Carla Fiorentino

I tonni non nuotano in scatola
di Carla Fiorentino
Fandango Libri, 2020

pp. 205
€ 16,00 (cartaceo)
€  4.99 (ebook)


Titolo assai curioso per questo secondo romanzo di Carla Fiorentino (anche il precedente non era da meno, Che cosa fanno i cucù nelle mezz'ore). Eppure non è stato questo il motivo che mi ha spinto a leggere il romanzo, la prima molla è stata l'ambientazione. Cornice della trama è infatti l'Isola di San Pietro, un piccolo isolotto sardo (o forse sarebbe meglio dire tardo genovese e poi scopriremo perché) che si arrocca poco al largo da Portovesme, nella Sardegna sud-occidentale. Un'isola che amo moltissimo, battuta dal vento, capace di colori ineguagliabili, terra di tradizioni antichissime, come invero tutta la Sardegna, ma qui di più, patria dei tonni. Più che patria, ultima spiaggia per tanti di loro che terminano qua, chiusi nella tonnara, la loro corsa alla riproduzione. E infatti il tonno rosso che passa a queste latitudini si chiama proprio così, "tonno di corsa". Qui, sull'isola di San Pietro, è ancora in funzione una delle ultime tonnare del Mediterraneo. Un'attività che sull'isola scandisce il tempo, determina figure tradizionali, movenze tipiche e gestualità antiche.

I racconti femministi di Hayashi Mariko, l'autrice giapponese famosissima in patria arrivata per la prima volta in Italia

L'ultimo volo per Tokyo
di Hayashi Mariko
Atmosphere Libri, maggio 2020

Traduzione di Anna Specchio

pp. 200
€ 16,50 



Uno degli aspetti più oscuri della società giapponese è il suo endemico maschilismo. Inteso in una maniera del tutto diversa rispetto a quello occidentale di spiccata matrice religiosa (penso al cristianesimo) o rispetto a quello dei Paesi di fede islamica, il maschilismo giapponese non ha nulla a che vedere con un’imposizione spirituale, quanto con una connaturata essenza sociale che porta le dinamiche umane a svolgersi in questo modo perché non potrebbero svolgersi altrimenti. Non dimentichiamo, infatti, che fino alla metà del XIX secolo il Paese del Sol Levante viveva totalmente chiuso nei suoi confini geografici e solo l’epoca Meiji ha permesso a questo arcipelago di isole di aprirsi al resto del mondo.

Possono Platone e Hegel dirci qualcosa sulla tecnologia digitale?

Critica della ragione digitale
di Ermanno Bencivenga
Feltrinelli, 2020

pp. 144
€ 16,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)


Se l’oggetto d’indagine è la rete, un intellettuale analitico ci giungerà dal passato: da idee di umanità, di società, di educazione e di comunicazione che sono sempre state e permettono di giudicare quel che il mondo ci offre adesso. […] Un intellettuale dialettico, invece, giungerà alle stesse problematiche dal presente, cercando di cogliere nell’intrecciarsi di messaggi e di istanze le linee tendenziali che sono già al lavoro e presto saranno evidenti a tutti, ma che per il momento sono ancora in buona parte celate. (p. 75)
Immaginate di entrare in libreria con l’intenzione di approfondire un tema a voi caro, quello relativo alla rapida evoluzione del digitale e al modo in cui i social network stanno riscrivendo le nostre attività quotidiane – comunicare con amici e parenti, informarsi, studiare eccetera. Immaginate di essere attratti da un libro intitolato Critica della ragione digitale. Come ci trasforma la rivoluzione tecnologica: del libro vi attira il titolo, ma anche la sua mole – sono poco più di centotrenta pagine e voi avete poco tempo – e soprattutto quanto riportato dalle bandelle e dalla quarta di copertina, che parlano di rapporto fra internet e stupidità, di rete, di connessione; di come, in generale, le nuove tecnologie «cambiano la nostra identità e la nostra postura nel mondo» (dalla quarta di copertina).

Il mistero insondabile de "Le affinità elettive" nella nuova edizione per Marsilio, a cura di Paola Capriolo


Le affinità elettive
di Johann W. Goethe
Traduzione di Paola Capriolo
Marsilio, 2020

pp. 608 
€ 18 (cartaceo)



Paola Capriolo, nell’introdurre la nuova edizione de Le affinità elettive da lei tradotta per Marsilio, scrive: «Tutti gli interpreti concordano nel considerare Le affinità elettive il più enigmatico tra i romanzi di Goethe. Il suo nitore perlaceo sembra nascondere abissi insondabili». I tanti interpreti da un lato e gli abissi insondabili dall’altro. Mi sembra che solo in questa polarità possa ancora avere un senso “recensire” l’opera di Goethe. Da una parte l’impossibilità di non fare i conti con la poderosa «storia degli effetti» scaturita da questo romanzo (che annovera fra gli interpreti, giusto per fare due nomi, anche Walter Benjamin e Thomas Mann), dall’altra l’ambiguo e indecifrabile mistero de Le affinità elettive, che lo rende come ogni classico che si rispetti, inesauribile. 
L’inesauribilità è del resto una cifra che si adatta perfettamente alla figura di Johann Wolfgang Goethe, per la vastità dei suoi interessi, che vanno dall’arte alla filosofia, dalle scienze naturali all’alchimia, dalla pittura alla teologia. Una summa del sapere del proprio tempo, un paradigma per i filosofi e i letterati tedeschi, ma soprattutto colui che seppe interpretare meglio di tutti gli altri la transizione della sensibilità europea dal limpido rigore del classicismo all’inquietudine legata al mondo mai rischiarato dei sentimenti e delle passioni, degli impulsi irrazionali.

"L'uovo di Barbablù" di Margaret Atwood: dodici racconti e la percezione di qualcosa che sta per esplodere

L'uovo di Barbablù
di Margaret Atwood
Racconti edizioni, giugno 2020

Traduzione di Gaja Cenciarelli

pp. 316
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Ci sono autori, autori eccellenti, che sembrano scrivere e riscrivere ancora la stessa storia, mutata nella struttura narrativa, talvolta nella forma letteraria scelta, ma di cui si avverte più o meno immediata quella comune visione di fondo. Penso, per esempio, a uno dei miei personali miti letterari, Richard Yates, e all’eco di Revolutionary Road che avverto in ogni sua opere successiva, tanto romanzo quanto racconto, in una ripresa di tematiche e spunti tutt’altro che ripetitiva per la maestria con cui riversa parole, atmosfere e sensazioni sulla pagina, ma riconoscibile.
Margaret Atwood avrebbe potuto scrivere e riscrivere ancora il suo romanzo più celebre, Il racconto dell’ancella, dentro il quale condensa tutte le tematiche a lei più care e crea LA distopia femminista per eccellenza. Eppure, Atwood per me è tra quegli autori sempre capace di sorprendere il lettore confrontandosi con forme e spunti differenti, un po’ come Percival Everett o Joyce Carol Oates, tanto per fare due esempi. Resterà sempre legata a quel romanzo, tornato in vetta alle classifiche quando qualche anno fa ne è stata tratta una serie televisiva di successo, e il discorso sul femminile ritorna spesso nella sua produzione letteraria, ma sceglie ogni volta di provare un’altra storia, un altro sguardo, un’altra forma espressiva, quasi sempre con risultati eccellenti.

#CritiCOMICS - E se ce l'hanno fatta i dinosauri, chi siamo noi per buttarci giù? Il nuovo fumetto di Leo Ortolani

Dinosauri che ce l'hanno fatta
di Leo Ortolani
Laterza, giugno 2020

pp. 144
€ 15,00 (cartonato)
€ 9,99 (ebook)



Leo Ortolani è tornato e l’ha fatto col botto… del meteorite che si è schiantato sulla Terra causando l’estinzione dei dinosauri. Sono loro, infatti, i protagonisti del suo ultimo romanzo grafico, Dinosauri che ce l’hanno fatta, che la casa editrice Laterza ha pubblicato lo scorso giugno. Come ama ricordare spesso lui stesso con feroce autoironia, prima di essere un fumettista Ortolani è uno scienziato, laureato in geologia. Il retaggio del suo passato è tornato spesso negli ultimi anni, sotto forma dei fumetti di divulgazione scientifica per Comics & Science del CNR, di C’è spazio per tutti e Luna 2069 nati in collaborazione con le Agenzie spaziali italiana ed europea.

Una tremenda storia d'amore normale: "Ada brucia. Storia di un amore minuscolo" di Anja Trevisan

Ada brucia. Storia di un amore minuscolo
di Anja Trevisan
Effequ, luglio 2020

pp. 297
€ 15 



Le premesse, molto probabilmente, non erano delle migliori o, quantomeno, delle più originali. Infatti quante volte, specie negli ultimi anni, abbiamo letto sinossi in cui l'ambientazione è quella di una casa isolata, "fuori dal mondo", dove un uomo più grande e una ragazza, molto più giovane di lui, vivono assieme in un rapporto d'amore/segregazione malato e chiuso in se stesso? Tantissime. Tuttavia Ada brucia. Storia di un amore minuscolo, esordio letterario di Anja Trevisan per Effequ, ci ha impressionato, in senso positivo, per almeno due ordini di motivi: il primo è che partendo da una storia banale è riuscita a costruire un libro che banale non è. Il secondo, cimento ancora più arduo specie per la letteratura contemporanea, è come sia stata capace di rendere viva e vitale una narrazione che, di fatto, si erge su due soli personaggi fino alle battute finali. Questo è stato possibile grazie a una lingua vitalissima, vero e proprio marchio di fabbrica di Trevisan.

Scendere nelle tenebre per poi risalire: «Come in una tomba» di James Purdy

Come in una tomba
di James Purdy
traduzione di Maria Pia Tosti Croce
Racconti edizioni, 2020

pp. 128
€ 13,00 (cartaceo)
€ 2,99 (ebook)
Quando ho lasciato la Virginia ero poco più che un ragazzo, avevo diciassette anni, ed è così che la gente del paese mi ricorda; sono andato in guerra, ma sebbene sia stato lontano circa nove anni, non sono davvero tornato così uomo come il capitano e il sergente ci avevano promesso quando prestammo giuramento, sono tornato come uno prosciugato di qualsiasi cosa, tranne qualche fievole brandello di memoria. (p. 42)
Non è semplice scrivere di questo libriccino – ultimo, in ordine di apparizione, degli Scarafaggi targati Racconti edizioni.
Non è semplice, in primo luogo, perché questo racconto lungo non è inquadrabile all’interno di un genere letterario preciso. Abbiamo elementi che lo potrebbero connotare come racconto di formazione, altri che lo avvicinerebbero al genere horror o al surreale, vi sono riferimenti al gotico e al soprannaturale; ma, in fin dei conti, se si volesse incastonare l’opera di Purdy all’interno di una cornice ben precisa, sarebbe tutta fatica sprecata. Certamente l’atmosfera generale del libretto è cupa e densa di significati ultraterreni; certamente il protagonista evolve durante il testo fino a raggiungere un proprio momento di catarsi che, addirittura, lo riabilita all’interno della società civile da cui si è ritirato; certamente c’è una forte componente omoerotica che scorre sotterranea fra le pagine: tuttavia, l’impressione che resta alla fine è quella di un mosaico di generi e sottogeneri che contribuiscono a formare l’immagine di Come in una tomba. Forse bisogna solo allontanarsi e guardare l’opera nel suo complesso e da una prospettiva più ampia. A quel punto, dimenticati i generi che, come le categorie aristoteliche, forniscono di solito il quid di un’opera, è possibile apprezzare appieno la storia di Garnet Montrose.

Due libretti da sottolineare: "Il verdetto" e "Ciao maschio" di Valeria Parrella

Il verdetto
di Valeria Parrella
La nave di Teseo, 2020

pp. 44
€ 7,00 (cartaceo)
€ 1,99 (ebook)


È una lettura breve e intensa quella a cui si presta il racconto di Valeria Parrella, appena riedito da La nave di Teseo. Una lettura da condurre matita alla mano, tanto è densa la prosa, piena di passi da mettere in rilievo. Sul banco degli imputati c’è una giovane Clitemnestra napoletana, che si rivolge a una giuria silenziosa, da cui aspetta un verdetto che sarà in realtà lei stessa a formulare. 
A salvarla dal monologo sono gli interventi di Agamennone, che ritorna in forma di voce, memoria, coscienza. Elementi tipici del teatro shakespeariano – le mani insanguinate di Lady Macbeth, il fazzoletto di Desdemona, lo spettro che torna da Amleto – vengono qui risemantizzati, calati in una attualizzazione del classico, peraltro amara (il classico diventa semplicemente “vecchio”, storia consueta di ogni tempo): “So tutto”, dirà a un certo punto Clitemnestra ai suoi giudici silenti: “So tutto, è storia antica, no: non antica, è storia vecchia che si ripete nel suo squallore e non merita antichità” (p. 31). Eppure la storia di Clitemnestra è in realtà fin dalle sue origini moderna, modernissima, nel porre al centro una donna e il suo rapporto disfunzionale con un marito-padrone, che sacrifica tutto e tutti ai suoi desideri e alle sue esigenze: “la lucidità non esiste dove c’è Agamennone: dove c’è Agamennone esiste solo Agamennone” (p. 25).

Alla ricerca delle origini di un violino. Perché il destino di uno strumento si traduce in suono.

Un viaggio italiano.
Storia di una passione nell'Europa del Settecento
di Philipp Blom
Marsilio, 2020

Traduzione di F. Peri
pp. 311
€ 19,00 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)



Un saggio travestito da romanzo... o viceversa. Difficilissimo dare un'etichetta a "Un viaggio italiano" di Philipp Blom. Un libro che fa della stratigrafia narrativa il suo peculiare mezzo di espressione. E più il lettore scava più trova elementi di interesse.
Blom non è nuovo a esperimenti di questo genere (ricordiamo Il primo inverno e La grande frattura, libri in cui la narrazione si dipana a partire dal nocciolo, una piccola era glaciale fra 1570 e 1700 nel primo libro, e il ventennio tra 1918 e 1938 nel secondo, allargandosi a cerchi concentrici verso molteplici esperienze dell'animo umano, culturali e metafisiche e verso racconti storici, filosofici, paesaggistici). In quest'ultima opera il nocciolo è costituito dal suo violino, lo strumento di cui Blom si innamorò la prima volta che lo vide nella bottega di un liutaio di Vienna. Un violino dall'aria misteriosa, dall'aspetto inconfondibilmente italiano, ma con elementi di chiara fattura tedesca. E con un'etichetta completamente sbagliata, che lo attribuiva al liutaio milanese Carlo Giuseppe Testore, 1605. Cosa assai difficile, considerato che il maestro nacque nel 1665. Un mistero. Philipp Blom, grandi doti da musicista oltreché di scrittore, non appena ebbe tra le mani lo strumento sentì che si attagliava perfettamente a lui, come un compagno ritrovato, l'anima gemella. Da qui, dall'inizio di questa storia d'amore musicale, nacque quell'ossessione che lo portò, per svariati anni a seguire, alla ricerca del liutaio misterioso, quell'artigiano che, probabilmente di nascita tedesca e di formazione italiana, dette vita a quello splendido strumento. Determinando così un incontro di mani, di dita, quelle che modellarono il legno e quelle che da quel legno trassero suoni, fino ad arrivare a Blom, ultimo in ordine di tempo, ma non in assoluto. Dopi di lui altre mani lo toccheranno e altri suoni ne usciranno, attraverso i secoli.

Quichotte che cerca l'amore sulla Interstate: il nuovo romanzo di Salman Rushdie

Quichotte 
di Salman Rushdie
Mondadori, maggio 2020

Traduzione di Gianni Pannofino

pp. 449
€ 20,99 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Un romanzo pieno di giochi letterari, allusioni, citazioni, doppie personalità, in una parola un romanzo che fa la parodia alla vita e a se stesso. 
Con Quichotte Salman Rushdie ci regala un gioiello letterario. Sfaccettato, come un diamante, surreale e utopico e allo stesso tempo con un forte spirito di denuncia, grato nei confronti dei padri letterari che l’hanno preceduto, che ci ricordano che la letteratura è continua riscrittura e appropriazione, continuo omaggio e superamento, di tutto ciò che abbiamo già letto e possiamo rileggere, per trovarvi nuovi spunti. 
Non vi è solo un tributo al Don Chisciotte, guardando negli intenti più a quello menardiano che a quello di Cervantes, con un gusto borgesiano e a tratti pirandelliano per le metastorie che si intrecciano a tal punto da perdersi l’una nell’altra, ma anche al Pinocchio di Collodi (ci sono un figlio partorito dalla fantasia, un grillo parlante e anche una fata turchina), al Candido di Voltaire (che con ottimismo quasi manda il suo Candido in un mondo oscuro), ai padri della letteratura inglese, Shakespeare ad esempio (La dodicesima notte parla di un fratello e una sorella, così come Fratello e Sorella sono due protagonisti essenziali del libro), ma anche Mann e Ionesco e tanti altri; c’è il mondo dei grandi capolavori, che popolano la vita di ogni lettore e di ogni scrittore, e di cui Rushdie intreccia i fili per noi. 

Dopo 1984 di Orwell, è il momento di riscoprire un capolavoro meno conosciuto: "La notte della svastica" di Katharine Burdekin

La notte della svasticaLa notte della svastica
di Katharine Burdekin
Sellerio, 2020

1^ edizione: 1937

pp. 336
€ 15 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Nel 1937, 11 anni prima della pubblicazione di 1984, l’Inghilterra vide la pubblicazione di un altro romanzo distopico che, come il romanzo di Orwell, puntava a sconvolgere le ideologie sempre più radicali di un’Europa che stava rapidamente precipitando verso la Seconda guerra mondiale. La copertina recava il nome, maschile, di Murray Costantine; ma ci vollero più di cinquant’anni prima che fosse scoperta l’identità che si celava sotto lo pseudonimo, quella di Katharine Burdekin. 

La notte della svastica è ambientato in un futuro distante sette secoli, in cui, in seguito al sanguinoso conflitto che noi conosciamo come Seconda guerra mondiale, il mondo è stato spartito dalle due potenze che hanno prevalso, quella tedesca e quella giapponese. La Burdekin ci delinea l’orrore di un governo nazista che è riuscito ad instaurare un enorme impero tramite una religione fondata sul culto di Hitler, elevato a un dio, e su una ferrea gerarchia degli esseri umani. Nel ventiseiesimo secolo, infatti, gli uomini hitleriani sono ormai gli unici a vivere liberi, guidati da canoni morali di violenza fisica e sopraffazione, mentre le donne vivono in campi di concentramento, rasate e private di ogni dignità, corpi utili solo alla procreazione. In questo mondo feudale, di cavalieri e servitori, dove vige la legge del più forte, e un uomo è reso tale solo dalla sua brutalità, sono scomparse da secoli nel fuoco la storia, l’arte, la filosofia e la letteratura, bruciate insieme ai libri che le recavano.

«Erano imprevedibili, quei due. Avevano i loro segreti e se li tenevano stretti»: Jesmyn Ward, "La linea del sangue"

La linea del sangue
di Jesmyn Ward
NN editore, 2020

Traduzione di Monica Pareschi

pp. 320
€ 19 (cartaceo)


Christophe con la sua rabbia che covava lenta sotto la cenere, e Joshua con la sua improvvisa, sporadica sventatezza. Sì, ciascuno aveva il suo carattere, ma la pelle di uno era la pelle dell'altro, come per tutti i gemelli. (p. 97)
Dopo un anno di attesa, torniamo a Bois Sauvage con La linea del sangue, appena uscito per NN editore nella sempre accurata traduzione di Monica Pareschi. Chi di voi si è già lasciato avvincere da Salvare le ossa (qui la recensione) e da Canta, spirito, canta (qui la recensione) non ha bisogno di presentazioni: sa bene come quella zona del Mississippi raccontata da Jesmyn Ward sia una terra a tratti paludosa, caldissima, dove il sole picchia tiranno e i serpenti strisciano nella calura del mezzogiorno. In un posto così non si possono che raccontare storie acri e al tempo stesso dotate di una loro straordinaria unicità, riarse dal caldo e intrise dal sudore della fatica. Fatica per trovare un proprio posto nel mondo: ne La linea del sangue, che si ambienta prima dell'uragano Katrina e dunque prima di Salvare le ossa, sono due gemelli a cercare un modo per uscire dalla miseria. Christophe e Joshua - questi i loro nomi - sono stati cresciuti dalla nonna che chiamano Ma-mee, una donna di grande saggezza, in grado di carpire le loro preoccupazioni al primo sguardo, nonostante i suoi occhi siano ormai velati e colgano solo colori e forme. Ma-mee c'è sempre stata,  ha messo insieme il pranzo con la cena con quel poco che avevano a loro disposizione, mentre la madre dei gemelli, Cille, è andata a cercare lavoro ad Atlanta e si limita a mandare un esile assegno mensile a casa: niente di strano per Bois Sauvage, dove molti bambini sono soliti crescere con parenti più o meno vicini. Il padre, Samuel detto "Sandman", è sempre stato lontano e disinteressato a Chris e a Joshua: troppo dipendente dalle droghe, ha cercato lavoretti - più o meno leciti - per procurarsi nuove dosi, che hanno via via distrutto la sua bellezza. 

Nei luoghi dell'inganno: le memorie di José Luis Cancho

I rifugi della memoria
di José Luis Cancho
traduzione di Marino Magliani
Arkadia editore, 2020

pp. 80
€ 13,00 (cartaceo)


Sono taciturno. Tranne in politica e nel viaggiare non sono stato precoce in niente. Da bambino ero passivo. Da adolescente e da giovane sono stato pieno di furia e di passione. Sono attratto dalle periferie delle città e dalle letterature marginali. Lo straniamento è per me una costante. Mi attira l’essere invisibile, anonimo. (p. 59)
La personalità di José Luis Cancho, classe 1952, emerge nettamente dalla citazione riportata: è uno straniero, un viandante, un ramingo, un essere umano che con fatica entra nei binari della società civile nella quale noi tutti viviamo. In ogni pagina di questo libretto autobiografico possiamo rinvenire una visione del mondo rivoluzionaria e antisistema, colorata di forti cariche (auto)distruttive e raccontata senza filtri e senza giudizi. Quella di Cancho è una confessione che nulla ha di religioso e spirituale, ma anzi affonda le radici in quel brodo primordiale della vita che è composto di terra e sangue.

"Gli insospettabili": un giallo dalla doppia anima

Gli insospettabili
di Sarah Savioli
Feltrinelli, 2020

pp. 240
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


La sostanza è che a vivere ci si prova tutti un po' con quello che si ha a disposizione e proprio lì sta ciò che ci unisce nella nostra bellezza di creature fragili (p. 233).
Prendete Anna, una donna di quarant'anni che, a causa (o per merito) di un edema cerebrale riesce a comunicare con tutte le forme di vita che popolano il pianeta, dalle piante agli animali, aggiungete un investigatore severo di nome Cantoni e un altro dalla solarità campana, Tonino, mescolate il tutto con il simpatico alano Otto e otterrete la più sgangherata e divertente squadra di investigazioni mai trovata in un libro.
Gli insospettabili (Feltrinelli, 2020) costituisce infatti il felice esordio narrativo dell'autrice sarda Sarah Savioli, nel quale Anna e i suoi colleghi cercano di far luce sulla morte del trentaquattrenne Armando, ex tossicodipendente caduto dal tetto della palazzina nella quale viveva.

Come crescere una bambina femminista? La lettera-manifesto di Chimamanda Ngozi Adichie



Cara Ijeawele (ovvero quindici consigli per crescere una bambina femminista)
di Chimamanda Ngozi Adichie
Einaudi, maggio 2020

Traduzione di Andrea Sirotti

pp. 96
€ 10 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)


I ruoli di genere ci vengono inculcati così a fondo che spesso li rispettiamo anche quando cozzano contro i nostri veri desideri, i nostri bisogni, la nostra felicità [...] Anziché permetterle di interiorizzare l'idea dei ruoli di genere, insegnale ad avere fiducia in se stessa. Dille che è importante cavarsela sa sole e badare a sé. Falle provare a riparare gli oggetti quando si rompono. Diamo subito per scontato che le ragazze non siano capaci di fare molte cose. (p. 23) 
Quante sono le domande che un neo genitore si pone nel momento in cui mette al mondo un figlio?
Innumerevoli: sarò in grado di proteggerlo/a? Di renderlo/a felice? Di trasmettere il valore delle cose che contano? E potremmo continuare all'infinito se pensiamo alla varietà di situazioni di fronte a cui ci mette la vita, imprevedibili anche quando ci sembra di vederne il corso.
Quando si diventa genitori di una bambina le domande rimangono le stesse, certamente, ma le risposte spesso cambiano perché l'esperienza che le donne fanno del mondo è diversa e come tale merita un angolo di osservazione proprio, dedicato.
Richiede una differenza di sguardo che non ha l'obiettivo di rendere ancora più profondo il solco della diversità uomini-donne ma, al contrario, di colmarlo attraverso la consapevolezza e la discussione.

Proprio questo è l'angolo che sceglie Chimamanda Ngozi Adichie per il suo Cara Ijeawele, libro che riprende e amplia una lettera che l'autrice aveva scritto per un'amica e neomamma che le aveva chiesto come crescere una bambina femminista.
La scrittrice e studiosa nata in Nigeria e premiata per lavori come L'ibisco violaMetà di un sole giallo e Americanah, ha già scritto un pamhplet intitolato Dovremmo essere tutti femministi nel quale prendeva in esame gli insegnamenti che diamo ai nostri figli come leva fondamentale per costruire un mondo migliore in cui uomini e donne possano ambire a una maggiore fedeltà verso se stessi.
In Cara Ijeawele Adichie (definita "la Chinua Achebe del XXI secolo"), riprende questo spunto isolando quindici consigli che diventano punti di un manifesto programmatico che non è pura teoria ma pratica e vita vissuta. 

#PagineCritiche - Un argonauta del Nuovo Millennio: "Le alternative non esistono" di Claudio Giunta


Le alternative non esistono.
La vita e le opere di Tommaso Labranca
di Claudio Giunta
il Mulino, 2020

pp. 229
€ 23 (cartaceo)
€ 15,28 (ebook)



Gli archetipi sia nella grande letteratura sia nel più prosastico mondo del giornalismo abbondano e, ogni tanto, anche se non ce ne accorgiamo subito, vengono fuori nelle circostanze più inaspettate. Questo è esattamente il caso di Le alternative non esistono. La vita e le opere di Tommaso Labranca di Claudio Giunta, pubblicato da il Mulino. Iniziamo subito a dire che questo è un saggio ottimo, specie dopo il primo capitolo (ma lo spiegheremo meglio in seguito) perché, una volta per tutte, mette ordine nel magmatico universo di Labranca, che, giusto per parlare di archetipi, più passano gli anni più pare avere svolto il ruolo, magari volentieri, magari no, del genio sregolato. Ma andiamo a analizzare meglio questo ottimo saggio.

"Il decoro" di David Leavitt, straordinario specchio del nostro presente, pieno di contraddizioni e di egoismi

Il decoro
di David Leavitt
SEM, 2020

Traduzione di Fabio Cremonesi e Alessandra Osti

pp. 352
€ 17 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)


«Vi andrebbe di chiedere a Siri come assassinare Trump?»: comincia con questa domanda, porta dalla padrona di casa Eva Lindquist, Il decoro, il nuovo romanzo di David Leavitt, appena arrivato in libreria per SEM. Al di là dell'inizio spiazzante, le risposte date dai diversi ospiti dicono già molto del loro carattere. Non ve ne accorgerete subito, certo che no, perché nelle prime pagine sono solamente nomi che si avvicendano un po' vertiginosamente, ma se rileggete il capitolo incipitario alla fine del libro ritroverete incredibili chiavi di lettura. Per il momento, invece, pazientate e proseguite con la lettura: ci troviamo, come è facile immaginare, appena dopo l'elezione di Trump e Leavitt raccoglie le reazioni di una classe alto borghese di intellettuali. Eva, ricchissima grazie ai guadagni del marito Bruce, consulente finanziario, regge la sua vita attorno al decoro e all'ospitalità: nelle sue case vanno e vengono scrittori (come Sandra), esponenti del ramo editoriale (Rachel e il marito Aaron), giornaliste (l'amica di sempre, Min, e Indira), professionisti d'arredamento (Jake e il socio Paul) e cuochi laureati (come Matt, futuro dottore di ricerca che cerca un modo per sbarcare il lunario). E poi, certamente, sui tappeti pregiati scorrazzano i tre cani di Eva e Bruce, che non a caso portano nomi di persona, e con i loro dispetti testimoniano la tensione tra i due padroni. 

Wendy Delorme, "Il corpo è una chimera": una storia di sette chimere

Il corpo è una chimera
di Wendy Delorme 
Fandango, luglio 2020

Traduzione di Anita Bartolini

pp. 220
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Nel parlare di questo strano romanzo, mi piacerebbe partire dal titolo. Il corpo è una chimera. Un’affermazione, più che un titolo; un fatto, una dichiarazione di intenti, che non anticipa assolutamente nulla della storia, che ci impedisce di crearci delle aspettative. Il romanzo, infatti, si apre con un funerale: la negazione estrema e finale del corpo vivo. Qui conosciamo Philippe e la sua ex moglie Isabelle, deceduta; la loro figlia Marion, la sua compagna Elise e i loro tre figli; Ashanta e Camille, un’altra coppia che si presenta al funerale; conosceremo poi nei capitoli successivi, apparentemente scollegate al set iniziale di personaggi, Maya e Jo. Dopodiché il romanzo torna indietro, fa esplodere questo gruppo, scioglie l’ordito del tessuto, e in ogni capitolo ci conduce nelle singole trame, nelle storie dei singoli personaggi, operando continui salti temporali, lasciandoci intuire i rapporti che si andranno a creare da piccoli dettagli ricorrenti: costituzioni fisiche, tagli di capelli, segni di sofferenze incisi sul corpo. 

Una bella idea, un'ottima realizzazione: "PlayList Summer", della Scuola Holden



AA. VV.
PlayList Summer
a cura di Scuola Holden – Alessandro Mari e Ginevra Azzari
Coordinamento per Scuola Holden Francesca Zorzini

pp. 224
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Assemblare una raccolta di racconti è un’impresa non facile poiché in casi di tal genere ci si assume la responsabilità di creare un volume composito, costituito da molteplici identità le quali devono dare l’impressione di essere le diverse sfaccettature di una stessa pietra e quindi portare in sé una convincente omogeneità e non, diversamente, risultare un’accozzaglia di differenti contributi messi insieme senza che dietro ci sia un progetto unitario, un’idea convincente che possa accompagnare il lettore con una pluralità di voci e non con una caotica confusione. Il libro che qui vi proponiamo, PlayList Summer, riesce subito a centrare questo difficile obiettivo e propone un’opera davvero molto interessante e, per più di un aspetto, innovativa.
Si tratta della seconda pubblicazione di un progetto ben più ampio, iniziato in primavera, ovvero una collana di volumi dedicati ognuno ad una stagione e contenenti brani selezionati dalle menti della Scuola Holden, realtà ormai celeberrima in Italia. In questa uscita, dedicata alla stagione estiva, come lo stesso titolo già rivela, i racconti sono stati calibrati con grazia e cura evidenti e riescono, nel loro insieme, a comporre un quadro variegato, di diversi colori. Voci differenti si sovrappongono, latitudini lontane tra loro si incrociano all’interno di queste pagine, in cui scorrono rapidi i brani dedicati, in maniera ogni volta assolutamente differente e peculiare, all’estate.

Le opere di Elena Ferrante tra poetiche e politiche della soggettivà: il saggio di Isabella Pinto



Elena Ferrante. Poetiche e politiche della soggettività
di Isabella Pinto
Mimesis, 27 maggio 2020

pp. 254
€ 20,90 (cartaceo)
€ 14,99 (ebook)



Elena Ferrante rappresenta, in un mondo dominato dall’iper-protagonismo mediatico, uno straordinario caso letterario, in cui si assiste al successo internazionale di una scrittrice che ha deciso di fare dell'anonimato la sua felice condizione d’esistenza. Apprezzata da numerose personalità, come ad esempio Michelle Obama, consacrata dalla vittoria di numerosi premi letterari, nonché celebrata da cinema e serie televisive ispirate ai suoi libri, ed inserita dal Times nella lista delle 100 persone più influenti al mondo, Elena Ferrante, nata nel 1943 a Napoli, è tutto questo e molto altro ancora… 

La dottoressa Isabella Pinto, docente del corso di Master in Studi e Politiche di Genere dell’Università degli Studi Roma Tre, all'interno del saggio Elena Ferrante. Poetiche e politiche della soggettività, introduce, per la prima volta in Italia, l’analisi dell’affascinante corpus d’opere della scrittrice in ambito accademicoLa lettura è densa di contenuti, educativa e illuminante, in grado di offrire numerosi spunti di riflessione filosofica, sulla comprensione delle dinamiche sociali. Inizialmente elaborato in forma di tesi di dottorato, il volume esplora le tematiche della soggettività e narrazione, individuando tre diverse partizioni, nella scrittura di Elena Ferrante. 

Il potere curativo di una grande passione: "Ricordati di Bach" di Alice Cappagli

Ricordati di Bach
di Alice Cappagli
Einaudi, 30 giugno 2020

pp. 264
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Che cosa può fare davvero la musica? Tanto per la piccola Cecilia, che a otto anni subisce un grave incidente, da cui esce fortemente leso il suo braccio sinistro. Il rischio è che il nervo radiale resti per sempre compromesso e tanti sono i sensi di colpa di sua madre, alla guida al momento dell'impatto. Poi, una possibilità: provare a recuperare almeno in parte l'uso della mano sinistra attraverso la musica. Lo strumento che sceglie Cecilia è il violoncello, tutt'altro che semplice e agile da maneggiare per una bambina, a maggior ragione se con un braccio particolarmente debole. Schiacciare le corde come si deve è una sfida quotidiana, pari almeno a convincere i genitori che il suo non è solo un capriccio passeggero: Cecilia fa resuscitare dal fondo dell'armadio il violoncello del nonno, lo fa riparare e condivide la passione per la musica che tanti in famiglia hanno avuto. All'inizio, la protagonista sembra un caso disperato, ma la sua musicalità innata, l'esercizio e la perseveranza compiono un miracolo, impensabile per chiunque. Forse non per il suo maestro, un insegnante decisamente sui generis, Smotlak, con un passato da concertista ma anche un temperamento difficile da tenere a bada. 

Come i tasti del pianoforte: "Divisa in due" di Sharon M. Draper

Divisa in due
di Sharon M. Draper
Feltrinelli, 2020

pp. 249 
€ 14,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook) 

Titolo originale: Blended
Traduzione di Francesca Pe’



La vita di Isabella è un po’ come il pianoforte che ama suonare: divisa in tanti tasselli, e non solo a causa del divorzio dei genitori. Il bianco e il nero, che nei tasti si combinano a produrre armonie meravigliose, nella sua esistenza invece stridono ancora, non riescono a trovare un equilibrio.
Faccio un passo indietro e da quella distanza vedo tutti e due i miei genitori riflessi in me. Ho le lentiggini della mamma e le sue dita lunghe e agili, che raggiungono facilmente i tasti più lontani. Ma ho i capelli folti e ricci di papà e le sue sopracciglia spesse. Gli occhi verdi della mamma. Il naso largo di papà. Le labbra sottili della mamma. La strana piega delle orecchie di papà. Le ciglia lunghe della mamma. Il sorriso e i denti grandi di papà. La fronte alta della mamma. Il mento forte di papà. Le gambe ossute della mamma. È come se avessero messo nel frullatore una parte di mio padre e una parte di mia madre e, mescolando, fossi uscita io. (p. 54)
Non è colpa del papà e della mamma, che pur nella separazione continuano a essere genitori presenti, amorevoli – anche se in continuo conflitto tra loro. Non è colpa dei loro nuovi compagni, che sono accoglienti e affettuosi. La scissione di Izzy è principalmente interiore, frutto di una riflessione non ancora risolta, di una non ancora piena consapevolezza della ricchezza della propria personalità composita, piena di sfaccettature. Fino a un certo punto, infatti, per lei è stata assolutamente normale avere un padre afroamericano e una madre bianca. Solo crescendo ha iniziato a percepire qualche presa in giro, qualche occhiata giudicante quando – con la pelle scura e la sua massa indomabile di ricci – va a fare compere con la mamma. 

«Professore, non ci sono posti lontani. Ci sono solo posti da raggiungere, dovreste averlo imparato ormai»: il nuovo romanzo di Franco Faggiani

Non esistono posti lontani
di Franco Faggiani
Fazi, luglio 2020

pp. 285
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



«Ma voi vi ricordate da quanto tempo siamo in viaggio, che giorno è oggi?»
«Non ne ho la minima idea e neanche mi importa saperlo. È così bello e selvaggio qui che arrivare non mi interessa quasi più... Se non ci fosse la guerra lascerei tutto e camminerei per queste vallate». (p. 150)


Nell'aprile del 1944 l'esimio professor Filippo Maria Cavalcanti, archeologo in pensione, ancora però legato al Miur, riceve una missione particolarmente delicata (a cui, sia ben chiaro, Cavalcanti non potrebbe mai sottrarsi): andare a Bressanone a controllare che siano ben conservate le preziose opere d'arte che devono lasciare l'Italia alla volta della Germania. Come potete immaginare, non si tratta di opere acquistate regolarmente, né prestate a qualche museo, ma di un furto legalizzato. Che cosa può pensare di questo un uomo ultrasettantenne che ha sempre vissuto per il suo lavoro e per l'arte? Benché il magazzino dove sono conservate le opere sia sorvegliato dai soldati tedeschi, Filippo non sa darsi per vinto, ma non fa neanche in tempo a riflettere, perché durante una breve sosta lungo il tragitto a piedi un ladruncolo gli sottrae la borsa e il professore non fa in tempo a fermarlo. Più la beffa che il danno, a dirla tutta, ma l'evento lascia il protagonista piuttosto scosso, soprattutto quando, attraverso un escamotage, scopre l'identità del ladro: si tratta di un giovane al confino proprio lì a Bressanone, tal Quintino, lungo e allampanato, che lavora come meccanico per la Wehrmacht. Quello che a noi lettori potrebbe sembrare un incontro-scontro destinato a esaurirsi lì, invece è l'inizio di un'amicizia fino a poco prima inimmaginabile. 

I colori del dramma: il nuovo Frankenstein illustrato da Espinosa

Frankenstein
di Mary Shelley
DOUbLe SHOt, 2020

Illustrazioni di Frank Espinosa

p. 240 
€ 22,00


Quando il capitano Walton trova il dottor Victor Frankenstein disperso tra i ghiacci del Polo Nord, quasi morto e consumato da un’angoscia interiore più che dal freddo artico, capisce subito di trovarsi di fronte a uno spirito affine: entrambi gli uomini, infatti, sono stati (solo il primo lo è ancora) accecati dalla loro ambizione, dal desiderio di conoscenza, in nome del quale si sono detti disposti a ipotecare la propria intera esistenza.
È un’esperienza fortemente rivelatrice rileggere da adulti i grandi classici scoperti tra i banchi di scuola, sondare a posteriori le ragioni della fascinazione che un tempo esercitavano: ebbene, ci si rende conto solo una volta cresciuti in che misura il romanzo di Mary Shelley sembri parlare proprio ai giovani. Sono infatti sentimenti tipicamente giovanili quelli che muovono Victor all’inseguimento delle sue chimere: l’iniziale attrazione per le parole misteriose di quelli che si riveleranno poi cattivi maestri, la brusca disillusione e la momentanea apatia nei confronti del proprio futuro, il “temperamento [...] violento, le [...] passioni scatenate” (p. 36) che finiscono per prevalere sulla razionalità.

#PillolediAutore - Riscopriamo Carlo Coccioli con Alessandro Raveggi, nel suo "Grande Karma"

Che cosa significa riportare in vita un autore attraverso una biografia? Alessandro Raveggi, insegnante di letteratura alla New York University, già autore di poesie, racconti e di un romanzo, è una voce molto presente nelle pagine di cultura (ricordiamo almeno le collaborazioni con «Wired» ed «Esquire»). Nel suo nuovo libro, Grande Karma. Vite di Carlo Coccioli, appena uscito per Bompiani, Raveggi decide di ridare voce a Carlo Coccioli, un grande intellettuale del Novecento, che è stato però emarginato dal panorama letterario in Italia, mentre è stato molto amato all'estero. Per che cosa lo ricordiamo? È stato per tutta la vita uno sperimentatore di generi e di stili letterari, ha scritto in tre lingue diverse, è stato partigiano e ha contribuito alla creazione degli Alcolisti Anonimi in Italia, per dire solo alcune piccole tappe della sua esistenza decisamente burrascosa. Benché finalista al Campiello, Coccioli non ha avuto la fortuna editoriale, di critica e di pubblico che invece ha potuto raccogliere all'estero. Di recente, in occasione dei cento anni dalla nascita, si sta assistendo a un meritevole recupero della sua figura, che con tutta la sua originalità e il coraggio di essere irregolare ci rende Coccioli decisamente interessante anche come uomo e non solo come scrittore e intellettuale. 
In attesa della nostra recensione su Grande Karma, la casa editrice Bompiani - che ringraziamo - ci ha permesso di farvi assaggiare l'opera di Alessandro Raveggi per intuire l'originalità di Coccioli con un passo tratto dal romanzo, intitolato "La pista dei cani"
Buona lettura! 

***

#LectorInFabula - Cattivissimi loro: chi può competere con i bambini raccontati da David Walliams e Tony Ross?


I peggiori bambini del mondo 1, 2, 3
di David Walliams
illustrazioni di Tony Ross
traduzione di Simone Barillari (1) e Angela Ragusa (2 e 3)
L’ippocampo, 2016, 2018, 2020
pp. 270 (1) e 286 (2 e 3)
€ 18,00 (cartaceo)


Sentireste mai il bisogno, dopo la mala ventura di avere avuto a che fare con un bambino talmente cattivo e maleducato da meritarsi un attestato di eccezionalità, di conoscere un altro esemplare della stessa sciagurata categoria? Chi scrive questo commento ignora tutto circa la vostra percentuale di autolesionismo, ma a meno che la cifra non sia particolarmente elevata la risposta più ragionevole alla precedente domanda dovrebbe coincidere con una negazione senza equivoci. Perché certo, anche i bambini modello sono odiosi nella loro ostentata perfezione, ma quelli agli antipodi sanno essere ben più insopportabili e addirittura pericolosi, se è vero che riescono a mettere a serio rischio la salute fisica e mentale di chiunque li incontri. A meno che… beh, a meno che non si risponda al nome di David Walliams e non si abbia sviluppato una predilezione per i mocciosi più pestiferi del globo terraqueo al punto da renderli protagonisti di una trilogia illustrata dall’altrettanto “fanatico” Tony Ross. Perché così stanno le cose: dopo il successo della prima coppia di volumi, l’autore britannico ha voluto consacrare una nuova schiera di autentiche canaglie con I peggiori bambini del mondo 3, appena dato alle stampe da L’ippocampo.

"Il bambino è il maestro": storia di un medico, di un'educatrice, di una donna moderna

Il bambino è il maestro - Vita di Maria Montessori
di Cristina De Stefano
Rizzoli, 2020

pp. 384
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Più soffiate e più volo in alto (p. 31).
La prima immagine che attraversa la mia mente quando penso a Maria Montessori è il suo ritratto sulla banconota delle mille lire:  quel ritratto di una mite donna ormai in là con gli anni con le labbra appena dischiuse in un sorriso ha accompagnato tutta la mia infanzia.
Il celebre "Metodo Montessori" mi ha sempre affascinata e incuriosita e quando nel 2007 Paola Cortellesi interpretò la famosa pedagogista italiana in una fiction, non potei fare a meno di seguirla con grande interesse per approfondire le gesta di questa grande donna.
Mi è parso, poi, una sorta di segno del destino l'uscita della biografia Il bambino è il maestro - Vita di Maria Montessori (Rizzoli, 2020) scritta da Cristina De Stefano, e così sono corsa a leggerla, scoprendo tantissimi aspetti della vita di una delle prime donne medico italiane destinata a cambiare per sempre le sorti dell'educazione dei bambini.

"Alice e le regole del bosco" di Simone Feder: una tremenda storia normale

Alice e le regole del bosco
di Simone Feder
Mondadori, 2020

pp. 160
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Come un'aranciata al veleno. Questo è il primo pensiero che ci è sobbalzato in mente dopo aver letto Alice e le regole del bosco di Simone Feder, romanzo tratto dalla vera storia di Alice e libro che lascia un gusto stranissimo in bocca. La sensazione che abbiamo avuto è stata strana per il modo in cui questa storia corale viene raccontata, ovvero al tempo stesso familiare e alieno; cioè si ha davanti la figura di una ragazza che potremmo essere (stati) tutti noi ma che, la vita, le proprie inclinazioni personali, gli incontri, gli amori e,  perché no, il caso la portano a fare delle scelte incredibili, inaudite, impossibili da comprendere da noi, persone "normali". Eppure, una volta terminato la lettura di questo bel libro, capiamo che siamo lei.

La storia di Alice è una storia come tante. Lei è una ragazza non ancora maggiorenne che vive in un piccolo paese nell'hinterland milanese, Pieve Emanuele che, per molti pendolari, è solo una tappa di avvicinamento da Pavia a Milano. A Pieve lei, tutti i giorni, prende il treno per andare a scuola a Pavia. Nulla da segnalare. Alice è una ragazza dai capelli corvini e dagli occhi chiari, le piace disegnare e la storia dell'arte. Sicuramente una persona introversa, timida se si vuole, ma che con poche persone, anzi praticamente solo con l'amica del cuore Daria, riesce ad aprirsi. Tutto regolare però: in fondo quante persone conosciamo più o meno, anzi magari siamo pure noi così. Poi un giorno, anzi una mattina fredda a scuola, il primo giorno di scuola dopo le vacanze di Natale, incrocia, per caso, lo sguardo di Samuele, il Samu.

Ritorno a Camino Island: "L'ultima storia" di John Grisham

L’ultima storia
di John Grisham
Mondadori, 2020

Titolo originale: Camino Winds 
Traduzione di Luca Fusari e Sara Prencipe

pp. 261  
€ 22,00 (cartaceo)
€ 12.99 (ebook)


Per chi, come la sottoscritta, sia stata cresciuta a pane e John Grisham, prima tramite i racconti del papà, poi grazie a una lettura autonoma, ogni nuovo titolo produce un sussulto d’entusiasmo. Con questo nuovo romanzo, lo scrittore ci riporta a Camino Island, già protagonista di un’opera precedente, di cui vengono riprese ambientazioni e personaggi. 
In L’ultima storia (Camino Winds nell’edizione originale), una minaccia incombe sull’isola, ameno luogo di ritiro per scrittori e figure eccentriche. L’uragano Leo, infatti, dopo aver zigzagato su terre e acque tradendo ogni rotta o previsione, ha pensato bene di abbattere proprio lì tutta la sua furia, producendo danni enormi al territorio e lasciando dietro di sé qualche caduto. Tra questi, però, c’è almeno un caso sospetto: lo scrittore Nelson Kerr, che come pochi altri si è rifiutato di abbandonare l’isola prima dell’arrivo della tempesta, viene trovato morto nel suo giardino, con diverse ferite alla testa.