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«Il rivoluzionario selvaggio venuto dalla provincia sarà innalzato a nuovo idolo»: Mussolini sfida le serie tv

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M. Il figlio del secolo
di Antonio Scurati
Bompiani, 2018

pp. 848
€ 24 (cartaceo)
€ 14,99 (ebook)


Quando i tuoi nemici si scannano a vicenda, la sola cosa da fare è aspettare. [...] Lui è diventato bravo ad aspettare: è rivoluzionario o conservatore secondo le circostanze. Lui lo sa, non si fa illusioni su questo: lui è solo un reagente. Bisogna dare alle molecole il tempo di urtarsi a vicenda. (p. 234)
Monumentale: la prima parola che viene in mente alla fine di M. Il figlio del secolo, primo di (forse) tre volumi dedicati da Antonio Scurati alla figura ancora tutta da raccontare di Mussolini. Interessante. Narrativamente, sia ben chiaro, perché Scurati ribadisce la propria posizione da antifascista, che tuttavia non gli ha impedito di provare a guardare l'uomo e il leader politico Mussolini ai suoi esordi senza l'enorme pregiudizio prolettico di quel che sarebbe accaduto dopo. Queste prime ottocentoquaranta pagine sono infatti dedicate alla nascita faticosa e all'affermazione del fascismo, dal 1919 all'uccisione di Matteotti nel 1924: una manciata di anni, mai tanto indagata a fondo nella narrativa. Forse prima non era possibile, ma ora è passato abbastanza tempo, per Scurati è il momento di raccontare non solo la Storia, ma una storia, che trova appassionante come una serie tv. La sfida, come ha dichiarato l'autore in un'intervista a cura di Paolo di Stefano su «La Lettura», è proprio questa: 
Da grande appassionato di telefilm, volevo sfidare la serialità televisiva, un modello di racconto che abbraccia un ampio arco di tempo, come ne "Il Trono di Spade": provare a trapiantare in letteratura quel tipo di affabulazione in cui si narrano le lotte di potere e le tragedie che comportano...
E la sfida è oltremodo complessa, perché oltre alle ambizioni di Scurati dobbiamo ricordare che si tratta anche di un'enorme scommessa editoriale per Bompiani. Si farà un gran parlare di questo romanzo, questo è certo, ma come? La risaputa teoria del "basta che se ne parli" trema davanti a scelte narrative tanto delicate e facilmente fraintendibili da parte di lettori corrivi o pregiudizievoli.

Bando a queste premesse che ci riguardano fino a un certo punto, passiamo al romanzo. Al centro di questi primi anni di fascismo, troviamo la violenza: non solo quella delle squadracce, ma anche le conseguenze di rivolte e scioperi mal organizzati. Il Biennio rosso italiano viene visto attraverso gli occhi della massa, e mentre dal cielo piovono bombe rivendicate ora da questa ora da quella parte politica, noi lettori entriamo a fondo nel clima di precarietà estrema e di riorganizzazione necessaria del dopoguerra. «Il caos era totale, crescente, indistinto» (p. 65), Mussolini vede tutto ciò e cerca di infilarsi in questo disordine per trovare la propria posizione:
Non si sono, forse, fatte sempre, così, le rivoluzioni: armando l'intero bassofondo sociale di rivoltelle e di bombe a mano? (p. 17) 
La stessa violenza è strumento per il potere, ha in sé un'essenza necessaria che non sconvolge il futuro duce, che confida in una riaffermazione dell'Italia (anche come potenza imperialistica) a partire però dalla necessaria riconquista di sé:
Nell'ordine l'Italia deve prima conquistare se stessa. Ecco il compito del fascismo. È necessaria la vittoria dello spirito se vogliamo rinnovare la nazione per lanciarla sulla via del suo più grande imperiale destino. (p. 55)
Non è un percorso semplice per Mussolini e i suoi: le battute d'arresto ci sono (si pensi anche solo alle prime fallimentari elezioni), così come i contraccolpi dei vari eventi luttuosi (non ci vuole molto perché la violenza fascista venga condannata sui giornali dell'epoca). Ma Mussolini, «il rivoluzionario selvaggio venuto dalla provincia», come più volte lo chiamerà l'amante Margherita Sarfatti, non si perde d'animo e prosegue, attento anche alle potenzialità degli strati più bassi del popolo. Non esiste una destra e una sinistra: Mussolini è disposto a cambiare direzione politica perché il fascismo si imponga, all'insegna dell'opportunismo, certo, ma anche di una notevole sensibilità davanti ai bisogni dell'epoca. Far teatro, aprendo brecce negli animi dei suoi possibili elettori e uditori, sfruttare scampoli della propria vita privata per smuovere le famiglie, gli operai, i contadini: tutto può tornar utile e, come vediamo in più episodi, Mussolini non si fa scrupoli: 
Bisognava prendere il sentimento che serviva là dove si trovava. Sempre teatro, anche quando il sentimento era sincero. Anzi, soprattutto allora. (p. 121)
La sua filosofia può essere ben riassunta da questa citazione, tanto lapidaria, quanto inequivocabile: «Trattare, ingannare, minacciare. Trattare con tutti, tradire tutti» (p. 558). A servizio di questo suo approccio, anche un nuovo modo di far discorsi, che privilegia 
frasi spezzate, perentorie, martellanti, quasi sempre precedute da un io ipertrofico, cadenzate da silenzi minacciosi, significati inequivocabili e militanti, asserzioni isteriche e memorabili. (p. 56)
Oltre all'uomo politico, il giornalista, il padre di famiglia, il marito e l'amante: Mussolini viene ritratto da Scurati in tutte queste sfumature, per quanto l'aspetto pubblico sia chiaramente privilegiato.
Ma per collocare al meglio la personalità di Mussolini in un contesto che sia ben riconoscibile per il lettore, l'immane ricerca bibliografica di Scurati riguarda anche tanti altri personaggi che gravitano attorno all'universo fascista, o che vi si oppongono: D'Annunzio, Marinetti, Balbo, Matteotti sono solo alcuni dei grandi nomi a cui si affiancano personaggi minori. Grande spazio ha anche Margherita Sarfatti, non solo amante storica di Mussolini, ma anche mente e collaboratrice di tanti discorsi tenuti dal duce al popolo italiano. Non ci sono forti indugi sentimentali: donnaiolo incallito, Mussolini non ha però forte trasporto emotivo per le sue donne: 
No, nessuna donna potrà vantarsi di essere uscita soddisfatta dalla sua intimità. Non appena le ha possedute - cosa di per sé rapidissima - lui sente il bisogno prepotente di rimettere il cappello sulla testa (p. 59). 
Accanto all'istinto, tanta e tanta strategia, alternata a improvvisazioni e colpi di teatro: Mussolini ha ancora tanto da rivelare, e il lettore appassionato di storia non si farà di certo spaventare dalla mole del primo tomo. Anzi, la scelta di Scurati di intervallare i capitoletti con brani documentari (comunicati ufficiali, articoli, discorsi, graffiti, lettere...) è un interessante appiglio al realismo dell'opera, ma anche una forma di narrazione nella narrazione tutt'altro che scontata, che serpeggia formando un canovaccio ma aggiungendo un assaggio linguistico, contenutistico ed emotivo alle reazioni dell'epoca. Niente è stato inventato, suggerisce Scurati, da accurato e minuzioso ricostruttore di dettagli (anche se forse per alcuni dettagli avrebbe fatto bene a confrontarsi con un'équipe di storici); piuttosto è nell'approfondimento narrativo di questa o quella vicenda, nell'intreccio tra persone e fatti e soprattutto nell'indagine psicologica dei personaggi che il narratore trova il suo spazio migliore. E alla fine di M. Il figlio del mondo si resterà stupefatti: non più dalla mole, ma dalla restituzione fedele e, al tempo stesso artistica, di un così controverso periodo storico e di una figura che non smette di rivelare ombre. 

GMGhioni