#RileggiamoConVoi - marzo 2018

Marzo nella Liguria di ©DeboraLambruschini
Buongiorno, lettori! 
Speriamo che in questo weekend pasquale di fine mese riusciate a concedervi tanto relax e altrettante letture. Chissà, forse ispirandovi ai nostri consigli di marzo, che vedrete numerosi e molto concentrati sulle ultime bellissime uscite editoriali di questo 2018, che pare davvero un anno interessante. 
E dunque eccoci qui! Come sempre, accanto al consiglio trovate il link alla recensione e qualche volta all'intervista esclusiva all'autore. 

Buona lettura e ottima Pasqua! 
La Redazione
***

Alessandra consiglia:
"Meglio essere felici" di Zygmunt Bauman (Castelvecchi)
Perché: un piccolo pamphlet che riporta fedelmente il lungo discorso tenuto dal sociologo in una conferenza e che tratta come argomento la felicità sotto più punti di vista, attraverso una scaletta precisa e non scontata. Perché chiunque è alla ricerca della felicità.
A chi: sta affrontando un periodo non facile, a chi sogna la felicità come punto d'arrivo e non come una scelta di vita personale, a chi non ha ancora compreso che la felicità non è una meta, ma un percorso lungo tutta la vita. 

#CritiCOMICS - "Ho cercato di rappresentare questo movimento spezzato". Intervista ad Amalia Mora

Giovane artista dal talento eclettico e variegato, come rivela anche il suo bel sito internet, Amalia Mora ha alle spalle una tradizione da sperimentalista, sempre alla ricerca di tecniche nuove o di nuove forme di contaminazione delle arti. Per Hop! Edizioni ha curato il volume dedicato a Maria Callas, il secondo della collana "Per aspera ad astra. La forza delle donne". Della figura straordinaria e complessa che è chiamata a rappresentare, Amalia riesce a cogliere perfettamente la solitudine e la frattura interiore, la determinazione e la fragilità. Per capire cosa abbia lei stessa in comune con la Callas, abbiamo provato a farle qualche domanda.

Quali tratti ti hanno affascinato maggiormente nel personaggio della Callas, e come questi hanno influito sulla resa grafica del suo personaggio?
Credo che sul lavoro svolto abbia influito molto il timbro vocale di Maria Callas. La sua voce mi ha sempre affascinato sin da quando l’ho scoperta grazie alla canzone tributo che Battiato le ha dedicato, “Casta diva”. È una voce con il pianto nel canto, non è mai limpida, lascia sempre spazio al tremore, a qualcosa che sta per rompersi. Nelle illustrazioni che ho realizzato ho cercato di rappresentare questo movimento spezzato attraverso l’utilizzo della matita tradizionale e le campiture a tinta piatta digitale. 

#CriticaNera - Sangue sul terreno: la nuova indagine di Louise Rick

La foresta assassina
di Sara Blædel
Fazi, 2018

pp. 301
€ 15,00 (cartaceo)

Titolo originale: Dødesporet
Traduzione di Alessandro Storti 

Con La foresta assassina, appena edito nella collana “Darkside” di Fazi, ritorna in scena la detective Louise Rick, già protagonista del riuscito thriller Le bambine dimenticate (qui la recensione). In questo nuovo episodio di una serie che si spera vada avanti ancora a lungo, si narra il seguito della storia interrotta nel volume precedente. Sono trascorsi alcuni mesi e Louise deve fare i conti con il trauma di un'aggressione subita, ma soprattutto con quello di un sospetto che riapre le porte a un dolore che riteneva definitivamente sepolto. A vent'anni dal presunto suicidio del fidanzato Klaus, infatti, si fa strada nella sua coscienza la possibilità che le cose non siano andate come ha sempre creduto, che ci sia un mistero ancora insoluto da risolvere. La necessità di scavare nel proprio passato e forse fare giustizia sembra però incompatibile con il tempo presente: con il figlio adottivo Jonas, con il collega Eik, "buio e luce al tempo stesso" (201), a cui la lega un'attrazione difficile da dominare, e infine con la necessità di tornare a concentrarsi sul lavoro, di riappropriarsi della propria vita. A forzarle la mano, riportandola nei luoghi dove tutto è cominciato, è il nuovo caso di cui si deve occupare il Servizio Investigativo Speciale: la scomparsa di un quindicenne in seguito a un inquietante rito di iniziazione.

"Abbiamo bisogni di Verdi, oggi più che mai": Alberto Mattioli ci spiega il perché, a partire da una formula algebrico-cromatica...

Meno grigi, più Verdi.
Come un genio ha spiegato l’Italia agli italiani
di Alberto Mattioli
Garzanti, 2018

pp. 162
€ 16,00

Meno grigi, più Verdi. Proprio così: il titolo dell’ultimo lavoro di Alberto Mattioli, appena pubblicato da Garzanti, ha il fascino criptico di una formula algebrico-cromatica pensata apposta per risolvere qualche conto in sospeso tra il rinomato maestro del melodramma italiano – al secolo Giuseppe Fortunino Francesco Verdi (Roncole di Busseto, 1813-Milano, 1901) – e la patria del bel canto. Il giornalista del quotidiano “La Stampa” ed esperto d’opera lirica ne è convinto: se solo le regie verdiane contemporanee fossero davvero capaci di comprendere ed esaltare la mirabile modernità di quelle storie messe in versi e musica decenni e decenni or sono, la Penisola potrebbe rispecchiarcisi come in acque di nuovo chiare e fresche e dolci-amare, finalmente depurate dalle scorie tossiche dei passatismi e degli anacronismi più bizzarri. Perché se nessuno come Verdi (e come anche da sottotitolo) è stato capace di spiegare l’Italia agli italiani, nessuno come certi suoi allestitori e un suo certo pubblico è stato capace di anestetizzarne la verve critica, accontentandosi perlopiù di vuoti simulacri.

L'esordio di Peppe Millanta: il coraggio di uscire dalla zona di conforto

Vinpeel degli orizzonti
di Peppe Millanta
Neo, 2018

pp. 246
€ 15,00



«Se vuoi posso insegnarti io».
«A fare che?»
«A riconoscere le emozioni».

Da lettore dei libri Neo, sono stato abituato ad associare i "loro" autori a diverse sensazioni: l'elegante introspezione di Paolo Zardi, la ferocia visionaria di Gianni Tetti, l'umorismo nero e nichilista di Alessandro Turati, la calda nostalgia di Nicola Pezzoli, la visceralità cinica di Franz Krauspenhaar e, ultima arrivata, la sobria disperazione di Silvia Ferreri in La madre di Eva.
Autori diversi, eppure tutti accomunati dalla capacità di dare al lettore quel pugno emotivo nello stomaco che, in definitiva, è il marchio di fabbrica della Neo.
Con la mente ben orientata a questo percorso, dunque, è normale che scorrendo le prime pagine di Vinpeel degli orizzonti io sia rimasto disorientato: dov'è il pugno allo stomaco, dov'è l'irriverenza, dov'è la curiosità, dov'è la voglia di dissacrare di cui si parla nel manifesto della casa editrice?
Da lettore dei libri Neo mi son chiesto: di cosa diamine si parla quando si parla di una casa editrice e del suo progetto letterario?

#SpecialeSCUOLA - Carta e digitale devono dialogare per restituire la complessità del reale

L'età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale
di Gino Roncaglia
Laterza, 2018

pp. 234
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Persi in un negozio ricco di un'infinita varietà di coloratissime caramelle informative, diminuiscono le competenze legate alla produzione di piatti elaborati e di menu completi. (p. 41)
In questi anni a scuola, ho pensato spesso a progetti che integravano digitale e libro di testo, ricerca bibliografica e realizzazione di contenuti da parte degli alunni. "Ah, lei è giovane e fa la moderna", "Brava, c'è l'aula di informatica, usiamola!", "Ma non restate indietro con il programma?", "I minori che si connettono su internet sono un gran problema. Sicura di voler correre rischi?", "Ci vuole un sacco di tempo e ti devi sobbarcare tanto lavoro in più a casa!". Sono solo alcune delle reazioni che mi hanno colpito di più da parte di colleghi e di genitori; ometto le reazioni (fortunatamente tante) di chi ha capito lo spirito dei miei progetti, ovvero quello di integrare le risorse a disposizione e di mostrare ai ragazzi come le conoscenze non restino legate solo all'interrogazione della settimana, ma si possano fondere per creare qualcosa di proprio, come si possa imparare facendo, misurandosi direttamente con un mezzo che è ancora troppo spesso guardato come una distrazione. Poi, però, al libro di testo siamo sempre tornati, arricchiti da un percorso nuovo, più saldi sulle conoscenze e con qualche competenza in più. 
Forse è proprio perché credo che il digitale sia uno strumento pieno di opportunità e non un mostro a tre teste, che ho trovato profondo conforto e conferma delle mie idee nel saggio di Gino Roncaglia appena uscito per Laterza, L'età della frammentazione. Punto focale dell'intero lavoro è il seguente:
Il problema da affrontare non è la contrapposizione fra carta e digitale ma l'integrazione fra granularità e complessità, che va ricercata e garantita anche nel nuovo ecosistema comunicativo. (p. 157)

La laurea negata - Un'analisi delle pecche della nostra università.

La laurea negata
di Gianfranco Viesti
Laterza, 2018

pp. 154
€ 12 (cartaceo)
€ 7,99 (e-book)

Gianfranco Viesti, insegnante di Economia applicata all'Università "Aldo Moro" di Bari, ci consegna con il suo ultimo scritto, La laurea negata (Laterza, 2018), un'accorata arringa a favore dell'istruzione universitaria. 

Detta così potrebbe apparire come una premessa quanto mai scontato, ma il testo di Viesti mette in luce fin da subito come nell'ultimo decennio il nostro Paese, culla della cultura e dello studio, abbia portato avanti delle "politiche contro l'istruzione universitaria", proprio come recita il sottotitolo.
Cercando di scendere maggiormente in dettaglio, giova sottolineare come alla crisi dell'economia iniziata nel 2008 sia corrisposta la recessione più forte di sempre. A questa crisi l'Italia ha risposto  con dei decisi tagli alla spesa pubblica ed in particolare, al contrario del resto degli altri Paesi, ha operato un forte disinvestimento sull'università.

#IlSalotto: intervista a Corrado Fortuna, autore di "L'Amore capovolto"

Foto di ©Valentina Vasi
Nato a Palermo in un giorno di primavera del 1978, Corrado Fortuna è conosciuto da molti come attore di talento, protagonista di diverse pellicole, dal film di culto My name is Tanino, per la regia di Paolo Virzì, a Baarìa, di Giuseppe Tornatore, e di molteplici produzioni televisive (un esempio di successo, Tutti pazzi per amore, fiction di Rai Uno). Ultimamente, tuttavia, Fortuna ha saputo ampliare il proprio orizzonte artistico lanciandosi in un altro campo, non meno difficile, quello della scrittura. Dopo il fortunato esordio con Un giorno sarai un posto bellissimo (Baldini&Castoldi, 2014), l'artista siciliano torna con L'amore capovolto, opera che conferma la sua notevole capacità narrativa. Con quest'ultimo libro, l'autore riesce nell'impresa di raccontare due storie parallele che sono, in un certo senso, speculari e che diventano per Giacomo, il protagonista, un'occasione per ribaltare - e ampliare - la sua capacità di comprensione dell'amore. Una volta conclusa la lettura, abbiamo avuto il piacere di porre qualche domanda all'autore, che ringraziamo nuovamente per la disponibilità e la gentilezza.

1. Caro Corrado, innanzitutto rinnoviamo i complimenti per L'amore capovolto, un libro davvero bello. Partiamo con la prima domanda, forse banale, ma utile ad inquadrare il tuo ritorno alla scrittura dopo il fortunato Un giorno sarai un posto bellissimo: come ti è venuta l'idea di questa storia?

Grazie per i complimenti, davvero. Stavo correggendo le bozze di “Un giorno”, quando un falegname che stava lavorando su una porta di casa, a Milano, mi ha detto: “ho io la prossima storia per te”. Poi il giorno dopo mi ha portato un pacchetto trovato mentre ripuliva una vecchia cantina. Dentro c’era un carteggio fra due ragazzini, due fratelli che si scrivevano durante la guerra partigiana. Erano lettere tenerissime, sono partito da lì, mi sono messo a costruire una storia, è venuta fuori questa.

Una lancinante nostalgia: "Le nostre ore contate" di Marco Amerighi

Le nostre ore contate
di Marco Amerighi
Mondadori, 2018

pp. 265
€ 18,00 (cartaceo)


Che cos'ha di così speciale il 1985? Ci si trova con domande di questo tipo appena si inizia a leggere Le nostre ore contate di Marco Amerighi, uscito per Mondadori. Un romanzo solido e ben costruito certo ma che, forse in maniera un po' ingenua o forse compiutamente voluta, lascia intravedere questa sorta di lancinante nostalgia per un mondo passato che non è migliore del nostro ma, semplicemente, una sua prosecuzione ancora ben presente. Questa concretizzazione del 1985, mai veramente passato ed "eternamente presente" è una specie di leitmotiv dell'intero libro che si legge rapidamente e con gusto, come una partita a un gioco arcade di quegli anni.

La poesia che non si scorda: Le vite potenziali, di Francesco Targhetta

Le vite potenziali
di Francesco Targhetta
Mondadori, 27 marzo 2018

pp.  252
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Leggere Le vite potenziali è come tuffarsi dentro ad un oceano di cemento e palazzi industriali, luoghi anonimi adatti a fondare nuove società di consulenza e vendita, in cui tre vite si intrecciano per dare vita ad uno squarcio di realtà contemporanea.
La Albecom era stata fondata ed era presieduta da Alberto Casagrande, trentaquattro anni, capelli castani, statura media, qualche ruga incipiente attorno agli occhi, apprezzata abilità nell'assemblare mobili Ikea, una particolare passione per la buona tavola - mascherata dall'ottima linea ("costituzione") - e il culto della chiarezza. (p. 9)
Alberto, fondatore della ditta informatica Albecom, giovane imprenditore dal chiaro talento, Giorgio - altrimenti conosciuto come GDL -, l'energico pre-sales dell'azienda, sempre a caccia di nuovi contratti, e infine Luciano, un uomo ancora preda delle sue insicurezze, tormentato da una perenne condizione d'infelicità. È proprio da quest'ultimo personaggio che si può partire per un'analisi ponderata della capacità narrativa di Francesco Targhetta, la quale risulta decisamente potente ed efficace.

Due parole sull'America profonda, partendo da "Hud il selvaggio" di Larry McMurtry

Hud il Selvaggio
(Horseman, pass by, 1961)
di Larry McMurtry
Mattioli 1885, 2006

traduzione di Sebastiano Pezzani

pp. 200
€ 16,00 (cartaceo)


"The small town in America is almost legend" (D.M. Cook, C.G. Swauger, The Small Town in American Literature, 1977)

"Now Main Street's whitewashed windows and vacant stores / Seems like there ain't nobody wants to come down here no more" (Bruce Springsteen, My Hometown, 1984)

Warning (che vuol dire “avvertenza” ma fa più scena): in questo articoletto si parlerà brevemente, oltre che del bel romanzo d’esordio di Larry McMurtry, anche della Smalltown America, quella provincia mitizzata o esecrata, a seconda dei punti di vista, ma elemento sempre presente in larga parte della letteratura nordamericana, da Thornton Wilder a Willa Cather, Sinclair Lewis, Ring Lardner e via elencando. Argomento già accennato in altre recensioni, qui propongo una riflessione un poco più profonda. Il pezzo, quindi sarà più lunghetto del consueto. Siete avvertiti (anzi, warned).
Pressoché sconosciuto in Italia, Larry McMurtry è un autore di tutto rispetto, con una trentina di titoli all'attivo, sia nell'ambito della fiction sia in quello della saggistica. Inoltre è un importante sceneggiatore cinematografico (suo l'adattamento de I segreti di Brokeback Mountain) e alcuni dei suoi romanzi, fra cui quello di cui vi parlerò fra poco, sono diventati film di un certo successo: tra questi L'ultimo spettacolo di Peter Bogdanovich, film cult degli anni Settanta, e Voglia di tenerezza, “classicone” dello smielato e banale decennio successivo.

#PagineCritiche - Le campagne elettorali in Italia: II funzionamento della comunicazione politica di ieri, oggi e domani.

Le campagne elettorali in Italia
di Edoardo Novelli
Editori Laterza, 2018

pp. 216

€ 20 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)

Pochi giorni fa siamo stati chiamati alle urne elettorali in un clima assai diverso da quello arroventato che si respirava nel corso degli anni passati, quando l'opinione pubblica veniva in buona parte convogliata dai manifesti, dalle radio, dai comizi e dai dibattiti televisivi.

Per comprendere meglio quali e quanti meccanismi siano mutati possiamo leggere l'ottimo saggio Le campagne elettorali in Italia - Protagonisti, strumenti, teorie (Laterza, 2018), scritto da Edoardo Novelli, professore associato all'Università degli Studi Roma Tre, insegnante e ricercatore nel settore della comunicazione politico-elettorale e della sociologia dei media.

Curiosando dietro le quinte della nobiltà inglese del primo Novecento

La fattoria dei gelsomini
di Elizabeth von Arnim
Fazi editore, 2018

Traduzione di Sabina Terziani

pp. 280
€ 15,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook) 

Era come trovarsi nella propria tomba, tale era il silenzio che regnava tra le pareti spesse e antiche. Il vuoto.
Sembra improbabile, eppure la prima descrizione della fattoria dei gelsomini che Elizabeth von Arnim consegna ai lettori suggerisce un clima mortifero, lugubre e molto lontano dalla gioia che il titolo evoca con il suo mondo di fiori profumati. Sembra assurdo, eppure tale descrizione giunge nella seconda metà del testo, tanto da chiedersi nel corso della prima metà se ci sia stato un clamoroso errore di traduzione del titolo originale. Invece tutto sarà spiegato con il consueto piglio narrativo a cui Elizabeth von Arnim ci ha abituati sin dai suoi primi romanzi. Nell’intera prima parte della storia de La fattoria del gelsomini si osserverà dal buco della serratura la messinscena della vita quotidiana della più alta nobiltà inglese dei primi del Novecento. Attenzione: la parola messinscena non deve tradire un mio giudizio negativo sul racconto, anzi. 

"Ormai avevo preso la coincidenza per Satta": l'amore tra Salvatore Satta e Laura Boschian in 120 messaggi

Mia indissolubile compagna.
Lettere a Laura Boschian 1938-1971
di Salvatore Satta
a cura di Angela Guiso
Ilisso, 2017

pp. 345
€ 11,00

All’interno del FASS, il Fondo Autografi Scrittori Sardi Moderni e Contemporanei custodito presso la Biblioteca Interfacoltà degli Studi Umanistici dell’Università di Sassari, ci sono, tra i moltissimi documenti, 120 messaggi. Si tratta di cartoline e, in massima parte, di lettere, vergate quasi sempre su carta celestina e variamente intestata, indirizzate da un giovane professore di giurisprudenza di origine nuorese a una slavista di origine triestina. Lui è Salvatore Satta (1902-1975), destinato a diventare il più importante e famoso giurista-scrittore della Sardegna, e lei è Laura Boschian (1913-2001), sua futura moglie nonché madre dei figli Filippo e Luigi. I due si conoscono alla fine degli anni Trenta, all’Università di Padova, quando lei è assistente volontaria all’insegnamento di Letteratura Russa e lui sta per lasciare la cattedra per trasferirsi a Genova. Così, quello che poteva essere un incontro mancato diventa un incontro fatale. Satta (più tardi solo “Bob”, abbreviazione di “Bobore”, ovvero Salvatore in dialetto barbaricino) inizierà subito un intenso corteggiamento epistolare, che non si interromperà nemmeno dopo le nozze: la scrittura a Laura sarà sempre per lui una dolce e necessaria consuetudine, parte integrante dell’unione con la propria anima gemella. Questa fitta corrispondenza, ora pubblicata da Ilisso a cura di Angela Guiso, è dunque la cronaca privilegiata di una lunga storia d’amore, le cui tracce epistolari – riunite sotto un titolo, Mia indissolubile compagna, che restituisce il senso di un legame esistenziale prima ancora che matrimoniale – prendono il via nell’autunno inoltrato del 1938 e si protraggono, con frequenza ora più fitta ora più rarefatta, fino alla primavera del 1971.

Il prete bello - Un universo di personaggi sbucati dal passato filtrato dagli occhi di un bambino

Il prete bello
di Goffredo Parise
Adelphi, 2010 (I edizione 1954)

pp. 259

€ 20 (cartaceo)
€ 10,99 (e-book)

In quei tempi, in cui non si udivano altro che inni - la guerra non c'era perché tutti dovevano aver paura degli italiani -, in cui la bandiera aveva due stemmi e Tito Schipa cantava la più bella canzone del mondo, "Vivere senza malinconia", don Gastone Caoduro, fiore di serra, spuntò, crebbe e si abbellì in quel cortile in mezzo a noi, simile a un'orchidea in un cumulo di spazzatura. Forse era il destino a mandarlo. Dal momento che l'idolo più grande non bastava a tutti i caseggiati d'Italia, il cielo ce ne spedì in terra uno che fosse per nostra esclusiva adorazione, in via Corpus Domini numero 18, bello, a somiglianza di eroe ma, per un certo ordine e buon costume, in abiti da prete.
Da sempre sono un'assidua lettrice di opere realiste, ma Goffredo Parise (nato a Vicenza nel 1929 e deceduto a Treviso nel 1986) era sempre sfuggito dal mio radar
Un giorno, girovagando in rete, mi sono imbattuta nel suo romanzo forse più famoso, Il prete bello (Adelphi, 2010), uscito in Italia per la prima volta nel 1954. Scritto tra l'ottobre e il dicembre del 1953, quando Parise si era appena trasferito a Milano per lavorare da Garzanti e pubblicato proprio da questo editore in seguito al rifiuto di Leo Longanesi, riscosse un enorme successo, tanto da venire ristampato da numerosi editori italiani e tradotto presso le più celebri case editrici del mondo.

Ambientato a Vicenza nel 1940, la storia viene narrata da un bambino figlio di N.N., Sergio, che con la sua banda di amici, la "naia", scorrazza per la città e ci descrive un microcosmo di personaggi talmente surreali da attirare ben presto le simpatie del lettore, tra i quali menzioniamo: la signorina Immacolata, quella che oggi si definirebbe bonariamente una single incallita, ma che allora era solo la ricca e triste zitella padrona del palazzo; le signorine Walenska, simbolo di un'aristocrazia ormai decaduta, vestite con eleganti piume di struzzo, ma che riescono a riscaldarsi solo amplificando con una lente il "miserabile raggio di sole, tisico, marcio, ultravioletto fino all'inesistente" che entra dalla loro finestra al tramonto; ancora, assistiamo alle vicissitudini del Cavalier Esposito, vedovo napoletano  con due figlie che tiene rinchiuse in casa ed il cui odore crea uno "strano miscuglio" di aromi "meridionali" dolciastri, fervente ammiratore del fascismo ed  orgoglioso unico possessore di un gabinetto personale.

"Una vita come tante": il romanzo delle piccole vite e dei grandi dolori

Una vita come tante
di Hanya Yanagihara
Sellerio Editore, 2016

pp. 1094

€  22 (cartaceo)
€ 14,99 (ebook)

[...] il weekend successivo, quando andarono tutti insieme da Pho Viet Huong, portò con sé una delle vecchie macchine di Ali e fotografò tutti e tre i suoi amici mentre mangiavano, e più tardi, passeggiavano per la strada innevata. Andavano particolarmente piano per deferenza verso Jude, visto che i marciapiedi erano scivolosi. Li vide allineati nell'obiettivo della fotocamera: Malcom e Willem a sinistra e a destra di Jude [...] Scattò la foto. "Che cosa stai facendo, JB?" gli chiese Jude, nello stesso istante in cui Malcom gli intimava: "Piantala, JB". 

A little life, titolo originale di questo monumentale romanzo di Hanya Yanagihara, suona come un'antitesi di significati. 1094 pagine per raccontare una vita come tante, anzi quattro piccole vite come potrebbero essercene innumerevoli negli angoli di New York, d'America, del mondo. Dopo meno di cento pagine il titolo ti sembra quasi un inganno: sei preparato perché hai letto i pareri entusiastici dei critici di tutto il mondo, c'è chi te l'ha consigliato definendolo "un libro potentissimo", ma non ti aspetti di finire sovrastato fino a questo punto da una serie di vite comuni.
Nel romanzo non c'è niente di piccolo, vi si ritrova dentro tutta la grandezza sconfinata delle cose ordinarie, dei riti di passaggio, dei dolori più acuti e dei pianti di gioia che scandiscono le esistenze normali.

A contatto con «quella selvaggia mescolanza di ingenuità e paganesimo»

AUA
di Knud Rasmussen
Adelphi, 2018

a cura di Bruno Berni

pp. 190
€18 (cartaceo)


«Tutto il lavoro folklorico è assolutamente dipendente dalle fonti da cui si attinge: è necessario trovare narratori che non sono solo in possesso di conoscenze e fantasia, ma hanno anche il pieno interesse a collaborare. Inoltre devono essere così affidabili da potersi ascoltare senza riserve e senza troppa critica, solo allora l'atmosfera di autenticità viene trasferita ai racconti e si ottiene il colore necessario affinché quella materia estranea possa prendere vita. Tra Aua, sua moglie e me era nata un'amicizia che mi forniva una buona fonte di partenza» (p. 109).
Quel giorno di luglio 2016 ci siamo riparate nel Museo etnografico di Copenhagen più per la disperazione di un diluvio sferzante, che per reale curiosità. La curiosità, invece, è nata dopo, quando le sale hanno iniziato a prendere vita con i loro reperti di popoli da tutto il mondo. A colpirmi particolarmente, le sale destinate a raccontare gli Inuit: dalle visiere necessarie per non restare abbagliati dalla neve durante la caccia alla foca alle armi artigianali di enorme valore per ogni eschimese, fino agli abiti stratificati, colorati e cuciti con enorme cura di stagione in stagione. Tanti di quei reperti erano stati portati lì dal danese Knud Rasmussen, etnografo, antropologo, esperto delle cultura popolare degli Inuit. Un nome che - lo ammetto -mi sono dimenticata dopo pochi minuti nel museo.

Un nome che ho ritrovato poche settimane fa, quando ho stretto tra le mani Aua, un altrettanto singolare "reperto" delle esplorazioni del primo Novecento tra i ghiacci. Adelphi ha selezionato entro le oltre mille pagine del taccuino di viaggio di Rasmussen per concentrarsi sulle parti più interessanti delle sue spedizioni, condotte tra il 1921 e il 1924 dalla Groenlandia all'Alaska, attraversando il Canada degli eschimesi. L'obiettivo? Ricostruire la cultura Inuit, riuscendo ad avvicinare questi uomini che sfidano ogni giorno temperature proibitive (fino a -50°C!), adorando una natura dura e ostile, ma profondamente generosa nel regalare all'uomo di che vivere.

"Lo stregato e il patto con il fantasma", affascinante favola proveniente dai "Christmas Books" di Dickens

Lo stregato e il patto col fantasma
di Charles Dickens
Elliot editore, novembre 2017

Traduzione di Maria Luisa Fehr

pp. 118
€13.50



Charles Dickens fu senza dubbio tra i più importanti autori dell'epoca vittoriana, capace di denunciare le contraddizioni del periodo, il volto rapace di una borghesia in crescita che andava arricchendosi e dissolvendo i propri valori in un ipertrofico individualismo. Narratore prolifico e la cui vita constò di episodi che a buon diritto avrebbero potuto figurare in uno dei suoi libri, uno degli scritti che ne consacrò l'imperitura fama al di fuori del mondo britannico – anche grazie ai numerosi adattamenti cinematografici che vi si ispirarono più o meno fedelmente nel corso del Novecento – fu A Christmas Carol (Canto di Natale), probabilmente una delle sue opere più note anche in Italia. Ma il racconto è solo il primo della serie dei Christmas Book, romanzi brevi di ambientazione natalizia e di intento moraleggiante usciti tra il 1843 e il 1848, durante quegli “Hungry Forties” che resero ancora più difficili le già precarie condizioni delle classi meno abbienti d'Inghilterra. Ne fa parte anche The Haunted Man and the Ghost's Bargain, A Fancy for Christmas-Time, datato 1848, anno che dovette destare nei benpensanti vittoriani, a causa delle grandi agitazioni che sconvolgevano l'Europa, ben più di qualche preoccupazione.

La levità di un racconto breve dopo una giornata di stress

Canzoni senza musica. Trenta racconti con il sorriso in sottofondo
di Andrea Valente
Rizzoli, 2018

pp. 133
€ 15 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)


Quella sera avrebbe fatto i conti con le fregature della fantasia, cercando di metterla per una volta, finalmente, in riga. (p. 121)
Quando consiglierei di leggere Canzoni senza musica, la nuova raccolta di racconti di Andrea Valente? Dopo una giornata complicata, con stress a manciate e tante energie dissipate (qualche volta a vanvera). Per riprendersi da quella stanchezza frustrata, qualche breve racconto di questa raccolta può essere un toccasana, se riuscite a lasciarvi andare alla semplicità della forma e alla genuinità dei contenuti. Valente, vincitore del Premio Andersen come Miglior autore completo, ha spesso avuto per interlocutori i piccoli lettori, ma i racconti proposti qui possono avere un pubblico variegato. I temi, infatti, sono tra i più solidi e costanti nella vita di ognuno, spesso visti attraverso più sfaccettature: l'amicizia di vecchia data e, al contrario, le amicizie nascenti; i nuovi incontri e gli addii, la vita e la morte, la scuola e le vacanze, i primi amori e il tempo che lavora sul loro ricordo, i sogni dell'infanzia e la loro realizzazione o frustrazione nel futuro, la capacità di accontentarsi e la forza per perseguire un obiettivo,... 

Realismo magico 2.0: "Zucchero nero" di Miguel Bonnefoy

Zucchero nero
(Sucre noir, 2017)
di Miguel Bonnefoy
66th and 2nd, 2018

traduzione dal francese di Francesca Bononi

pp. 147
€ 16,00 (cartaceo)
€ 8,49 (ebook)



Un romanzo che inizia con la sconcertante immagine di una barca in un bosco, carica di tesori e di pirati, capitanata nientemeno che dal famigerato Henry Morgan, giunto ormai al crepuscolo ma avviluppato come un rampicante agli ori e alle gemme accumulati nella stiva, frutto di una vita di scorribande. Lontana dall’abbraccio protettivo delle onde, la barca si inabissa nelle aride profondità della terra, lasciando di sé solo il ricordo delle fortune serbate in grembo ma nessun indizio sulla propria posizione.

Un salto di tre secoli ci porta in un villaggio sorto proprio nel punto dove la barca del pirata Morgan era stata inghiottita dalla foresta. Luogo di pellegrinaggio continuo alla ricerca del tesoro da parte di cercatori di belle speranze ma di scarsa fortuna provenienti da ogni dove, fra cui il bizzarro Severo Bracamonte, che chiederà ospitalità agli Otero, famiglia proprietaria di una delle tante piccole fattorie costruite in quel luogo incantato.

Una storia d'amore allo specchio: «L'amore capovolto», di Corrado Fortuna

L'amore capovolto
di Corrado Fortuna
Rizzoli, 2018

pp. 294
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Corrado Fortuna, attore di talento (My name is Tanino, Baarìa sono solo due dei molteplici titoli che si trovano sul suo curriculum), regista e scrittore, è certamente un luminoso esempio di come si possano coltivare diversi talenti ed ottenere eccellenti risultati in ognuno dei campi sperimentati. Dopo la felice avventura di Un giorno sarai un posto bellissimo (Baldini&Castoldi, 2014), il poliedrico artista siciliano torna sugli scaffali delle librerie con una nuova uscita, dal titolo poetico e suggestivo, L'amore capovolto.
Il libro racconta la storia di Giacomo e Marta, due giovani ragazzi che, una volta diplomati, decidono di partire dalla Basilicata per andare a Firenze, dove frequenteranno l'università. Un vero e proprio passaggio all'età adulta, quello dei due protagonisti, i quali per la prima volta si trovano a fare i conti con le responsabilità della maturità.
Ebbi la sensazione che la vita fosse definitivamente diventata un'altra cosa quando un paio d'ore dopo sentii la presidente di commissione scandire a gran voce il mio nome: «Brancati Giacomo? Si può accomodare». (p. 44)

Storie Digitali - Milano Digital Week 2018

Storie digitali

Festival digitale dal 15 al 17 Marzo 2018 MilanoFabbrica del Vapore, Milano

Si è tenuta a Milano, presso la Fabbrica del Vapore di Via Procaccini, la tre giorni di incontri targati “Storie digitali”, ideati da Elena Bardin, in collaborazione con Antonio Dikele Distefano, Tecla Caracozza, Endri Kalthi, Gabriele Baldassarre, Nahom Tito Tewelde ed il team di CultCity.
Storie digitali si è rivolto ad un target di giovani ascoltatori, proponendo interviste a personaggi variegati: da Salvatore Aranzulla, Mattia Zibelli, Paola Azukar a Paola Maugeri e molti altri, toccando le aree di competenza legate al settore della musica e dell’editoria, ma più specificatamente a quello dei nuovi canali di comunicazione, come ad esempio la piattaforma di “YouTube”, con promozione di libri disponibili alla vendita. 

Fuori e dentro la maschera: la doppia voce di Alex.

Alex & Alex
di Alyssa Brugman
EDT, 2013

pp. 235 
€ 13,50

Titolo originale: Alex as Well
Traduzione di Aurelia Martelli

Alex è confusa, non sa dare un nome alla fase che sta attraversando. È l'adolescenza, certo, ma c'è molto di più: c'è il tormento di non sentirsi accettata e riconosciuta per quello che è, c'è il continuo conflitto (che a volte diventa compagnia rassicurante) tra due parti di sé, opposte e complementari, che bisticciano continuamente ma non sanno fare a meno l'una dell'altra. C'è il desiderio di emergere come individuo, di scoprire se stessa, di reinventarsi in un nuovo ambiente senza il peso dei pregiudizi. C'è un tumulto di emozioni e sentimenti che hanno sempre sussurrato al fondo della sua anima, ma che sono esplosi nel momento in cui ha smesso di prendere le medicine che l'accompagnano fin dall'infanzia (senza che nessuno le abbia spiegato bene perché). Alex non sa dare un nome a tutto questo, ma il nome c'è, ed è il nome di uno stato clinico, disordine della differenziazione sessuale, i cui stessi contorni sono ambigui e non delineati. Alla condizione fisica si accompagna, inscindibile, quella psicologica, che si complica nel rapportarsi con un mondo che non è sempre pronto ad accogliere, che spesso non sa fare i conti con le diversità.

Che cosa si porta quando non si torna più?

Nell'intimità
di Hanif Kureishi
Bompiani, 2017

Traduzione di Ivan Cotroneo
Titolo originale: Intimacy [1998]

pp. 107
€ 9 (cartaceo)

Avrò bisogno di penne e carta nel mio viaggio. Non voglio privarmi di qualche importante emozione. Inseguirò i miei sentimenti come un detective, cercando gli indizi del delitto, scrivendo mentre mi leggo dentro. Esigo un'onestà assoluta, il che non significa semplicemente dire a me stesso quanto io sia orribile. Come mi piace scrivere? Con la matita morbida e il cazzo duro, non il contrario. (p. 45)
Arrabbiarsi con un libro: era tanto che non mi capitava. E non parlo di rabbia per delusione estetica (quello purtroppo capita spesso, per non parlare della rabbia per la scarsa curatela dell'opera!), ma per il contenuto del romanzo. Tirata dentro fin dalla prima pagina, forse fin dalla sinossi, non ho potuto che seguire l'io narrante di Kureishi lungo le cento pagine di Nell'intimità e provare, alla fine, un forte e deciso risentimento nei suoi confronti. Del personaggio, sia chiaro, non dell'autore, che è invece riuscito a prendere l'intimità del titolo e a colarla pagina dopo pagina con uno scavo interiore irriverente e vischioso. 

Meglio essere felici che infelici


Meglio essere felici
di Zygmunt Bauman
Castelvecchi, gennaio 2017

Traduzione di Cristina Guarnieri

pp. 48
5,00 (cartaceo)


A proposito della felicità, esiste soltanto una frase che possiamo pronunciare con la massima certezza e che di solito ci vede universalmente d'accordo. La frase suona: “Meglio essere felici che infelici”. Tutto il resto è controverso.

Bauman ci guida in un percorso che più che sociologico, ci appare filosofico, lasciando nel lettore più domande che risposte. Ma il noto intellettuale ci avverte subito: il suo intento non è quello di fornirci la formula magica della felicità, anche perché lui stesso ammette di non averla, bensì accompagnarci per mano in alcune considerazioni inerenti la felicità. E in suo aiuto mette in campo alcuni dei più grandi filosofi della storia. Parte subito con Kant, il quale duecento anni fa affermò che la felicità è un concetto talmente indeterminato che, sebbene ciascuno desideri conseguirla, tuttavia nessuno è in grado di dire in modo definitivo e coerente in cosa consista quel che vuole e desidera veramente. Per Bauman la felicità è un concetto “familiare e sconosciuto”. Tutti sanno cosa significhi, ma se chiedi di spiegarla e definirla precisamente, nessuno è in grado. Sostiene inoltre che esistono due differenti filoni da seguire per definire la felicità. Il primo: la promessa della modernità fa sì che oggi sia assai facile ottenere ciò che si desidera, sia a livello mentale, di capacità, che a livello materiale, di oggetti. Alla fine l'individuo, ottenendo tutto con estrema facilità, sbarca nella noia che per Bauman equivale ad un modello di felicità. Il secondo filone invece insegue una scia pessimistica dettata da una risposta che diede lo scrittore Goethe, che riporto sotto fedelmente:

Un orrore lovecraftiano: "Gli annientatori" di Gianluca Morozzi

Gli annientatori
di Gianluca Morozzi

Tea, 2018

pp. 196,
€ 13,00 (cartaceo)





Dunque i miei vicini esistevano, con tutta evidenza. Ce n'erano almeno due: una ragazza dall'orgasmo rumoroso, e una vittima di teledipendenza notturna. A meno che non fossero la stessa persona.
Avrei fatto presto la conoscenza di quelle persone ancora misteriose. Molto presto. (p. 85)

Giulio Maspero ha due grandi passioni: la scrittura e le donne. La scrittura l'ha raggiunto quando aveva otto anni, con un primo racconto sulla spiaggia in stile Urania, le donne... beh, quando diventi uno scrittore discretamente apprezzato vuoi che ti manchino le donne o le studentesse di scrittura creativa pronte a pendere dalle tue labbra (e non solo)? Giulio riflette proprio su come le sue due passioni siano anche causa della sua rovina, visto che la sua ricca fidanzata l'ha cacciato di casa dopo la scoperta delle sue attività extracurriculari con la procace Veronica. Per fortuna in quel momento passa di lì Mauro Britos, una vecchia conoscenza, un illustratore che non gli sta nemmeno simpatico, ma che gli sta offrendo un posto dove stare mentre lui va a fare un viaggio in Uruguay. Perché no? Così intanto può finire il suo romanzo e risanare le sue finanze. L'appartamento è alla periferia di Bologna, in un palazzetto di sei appartamenti tutti, ad eccezione del suo, occupati dalla stessa famiglia: circondato da nonno, genitori e sorelle si sente un po' soffocare. C'è qualcosa di tanto strano in quel posto. Qualcosa di agghiacciante. Qualcosa che gli fa riconsiderare la definizione di "fortuna" nell'essere andato ad abitare lì.

Di padri e di figlie: l'esordio (genitoriale) di Paolo Longarini

Tutte le prime volte. Educazione sentimentale di un padre e delle sue piccole grandi donne
di Paolo Longarini
HarperCollins, 2018

€ 8,99 (ebook)
€ 17,00 (cartaceo)


Non c'è nessuno che possa cogliere l'unicità del rapporto dei padri con le figlie femmine quanto una figlia femmina. Io lo sono, lo so. Ci sono ancora dei video – bassissima risoluzione, pixel in evidenza – in cui si vede una piccola Carolina con fascetta in testa e bambola in braccio che sproloquia per interi minuti, mentre il papà filma instancabile (i primi centottanta secondi) e poi, fuori onda, approfittando di una pausa-respiro, butta lì tra lo speranzoso e lo stremato un: "Dai, che andiamo a buttare la pasta". O ancora le foto che mostrano quest'uomo alto e distinto, nella piazza principale della città, mentre spinge con atteggiamento stoico una carrozzina per bambole rosa. Per la figlia femmina il papà è un eroe (anche se mangia il pandoro di nascosto e prova a nasconderlo nella dispensa, tradendosi con una scia di zucchero a velo che Pollicino in confronto era un dilettante).
Più che di unicità bisognerebbe forse parlare di esclusività, qualcosa che nessuno che si trovi al di fuori di questa relazione biunivoca possa minimamente comprendere o descrivere. Può farlo, invece, e bene, chi una relazione del genere la vive quotidianamente e al quadrato. Per esempio Paolo Longarini, padre orgoglioso di Chiara e Irene.

Benvenuti a Sarajevo, il palcoscenico del male

Enjoy Sarajevo
di Michele Gambino
Fandango libri, 2018



pp. 238

€18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (formato Kindle)


I leader sciocchi parlano alla loro gente di vittorie, quelli scaltri li infiammano con le sconfitte. (pag. 73)
Chiudo l'ultima pagina del libro, respiro profondamente, come quando, nuotando, si mette fuori la testa dall'acqua. Rifletto un momento. E poi mi metto a cercare su «Google immagini», alla voce Michele Gambino. Voglio vedere il viso, gli occhi, l'espressione di un autore che ha scritto un romanzo così forte, lasciando per giunta intendere al lettore che si tratta di una storia vera. Voglio capire se il protagonista del libro, Michele Banti, è lui, l'autore, come tutto lascia presupporre. Se proprio a lui è toccato di vivere una vicenda così devastante.
Vedo un uomo che può avere qualche anno più di me, tanti capelli ricci, un fisico asciutto che si indovina abbia percorso molte strade, zaino in spalla, attraverso i luoghi più pericolosi del mondo (di mestiere ha fatto l'inviato di guerra). E soprattutto, nelle foto più recenti, vedo un mezzo sorriso, tra il malinconico e lo svagato, di uno che ha visto tante cose che non potrà mai dimenticare. E il dubbio che Michele Gambino sia Michele Banti si colora di certezza.
«Un pugno nello stomaco, ma scritto bene», questo è l'effetto che, in un'intervista, lo scrittore si augura faccia il suo romanzo. Non posso che confermare. Aggiungendo anzi che il libro mi ha spiazzato, commosso e ha fatto traballare i miei punti fermi su giustizia e ingiustizia, male e bene.

«Spero che non lascerete fare alle donne tutto quello che fanno gli uomini, ammiraglio»

Manhattan Beach
di Jennifer Egan
Mondadori, 2018

Traduzione di Giovanna Granato

pp. 510
€ 22 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



«Il vestito pesa novanta chili. Il cappello da solo ne pesa venticinque. Le scarpe tra tutt'e due arrivano a quindici. Ora, prima che cominciate ad alzare gli occhi al cielo all'idea di portare tutto quel peso, sappiate che la ragazza laggiù - bassa non è, ma non è nemmeno un carrarmato Sherman, come tante delle donne che si vedono qui in giro - non solo si è messa il vestito senza tante storie e ha camminato col vestito addosso senza tante storie, ma ha anche sciolto una gassa d'amante su un doppino con i guanti a tre dita alle mani. Quanti di voi, signori, sarebbero in grado anche solo di fare una gassa d'amante su un doppino?» (p. 243).

Quanto sapete dei palombari? Io avevo in mente enormi scafandri, tute che rallentano i movimenti e rendono più complessa la più semplice operazione sulla terraferma, mentre con passi un po' buffi da astronauti fuori posto avanzano verso la piattaforma. Avevo letto di grandi imprese durante la Seconda guerra mondiale, ma di sicuro non avrei mai immaginato che anche una donna potesse sobbarcarsi un lavoro così pesante fisicamente. In ogni caso, il mondo dei palombari è sempre rimasto lontano da me.
Poi, è arrivato in libreria Manhattan Beach, il nuovo romanzo di Jennifer Egan.

#PagineCritiche - Quel gran Risiko del Mediterraneo

1284 La battaglia della Meloria
di Antonio Musarra
Editori Laterza, 2018

pp. 252
€  20 (cartaceo)


Ogni Ateneo, specie in Italia, ha una serie di tradizioni non scritte che si tramandano di studente in studente nel corso degli anni. Per chi ha frequentato l'Università degli Studi di Genova una delle tappe "obbligate" del proprio cursus honorum accademico è, senza dubbio, una visita nella vicina Pisa e più precisamente al meraviglioso Cimitero Monumentale. Ma qual è lo scopo di questa visita? Forse ammirare i mirabolanti affreschi di Buffalmacco? Nient'affatto: gli studenti genovesi vanno ad ammirare le colossali catene che, una volta, "chiudevano" Porto Pisano, il porto principale della Repubblica Marinara toscana. Nel 1290, Genova, la Superba, infatti prima distrugge le catene poste a "guardia" del porto e successivamente, a sommo spregio, le affigge per tutta la città. Nel 1860, poco prima dell'Unità d'Italia, le catene vengono restituite ai legittimi proprietari ma quel gesto è "figlio", senza ombra di dubbio, proprio della Battaglia della Meloria, una delle più importanti (se non il più importante) scontro navale del Medioevo: questo 1248 La battaglia della Meloria  di Antonio Musarra uscito per Editori Laterza ripercorre appunto quelle artigliate vicende.

L'esordio di Barbara Vasco fra dark comedy e critica sociale

Che cosa diranno i vicini?
di Barbara Vasco
elliot, 2017

pp. 320
€ 17,50



Mi sono espresso altrove sulle infelici scelte fatte a proposito dei titoli di alcuni libri: dopo tutto il titolo è, forse dopo la copertina, la prima informazione che abbiamo riguardo un testo che stiamo per acquistare, e se risulta fuorviante abbiamo tutto il diritto di prendercela con l'editore per questa "pubblicità ingannevole".
E invece, chiudendo l'ultima pagina del romanzo d'esordio di Barbara Vasco, mi sono trovato a pensare: un titolo azzeccatissimo!, che attraversa tutta la trama dalla prima all'ultima pagina, e per più di un motivo: in primis il fatto che tutto si svolge intorno a (o all'interno di) un condominio nel quartiere Ticinese di Milano, e quindi molte dinamiche (come le riunioni condominiali) vedono protagonisti i vicini dei personaggi; in secundis, e fatto decisamente più rilevante, perché l'opinione dell'altro, spesso estraneo come il vicino della porta accanto, e come questa può influenzare la vita di una persona anche in maniera radicale risulta essere uno dei temi portanti del romanzo.

#CritiCOMICS - «Sento spesso il bisogno di ritrarmi o comunicare la mia vita attraverso il disegno». Intervista a Lucrèce

Siamo rimasti colpiti dalla delicatezza e la precisione del suo tratto, dalla sua sensibilità cromatica (e artistica in senso lato), dalla sua capacità di cogliere le caratteristiche più intime e profonde di un personaggio complesso... ora restiamo ugualmente colpiti dall'intelligenza delle sue risposte. Abbiamo intervistato Lucrezia Buganè, in arte Lucrèce, che per la collana "Per aspera ad astra" di Hop! edizioni ha curato la biografia illustrata di Virginia Woolf (qui la recensione). Illustratrice giovane, talentuosa e decisa, Lucréce ci meraviglia con uno stile perfettamente riconoscibile, nonostante la varietà dei suoi interessi e dei progetti a cui si dedica con passione. Oggi abbiamo voluto saperne di più sul suo Virginia, ma anche sul suo modo di concepire la femminilità e l'arte.

Affrontare un personaggio noto e discusso come quello di Virginia Woolf è sicuramente un compito di grande importanza e difficoltà: come hai preso confidenza con la figura della scrittrice? 
Non ho riscontrato particolari difficoltà nell'immedesimazione di un personaggio così tormentato dalla sua componente più intima e viscerale ma naturalmente non era scontato che riuscissi a trasmettere questo sulla carta. Mi sono sforzata di non farmi troppo condizionare dalla notorietà di Virginia, dando maggiore importanza alla mia sincerità nell'interpretarla, e questa sincerità l'ho cercata attingendo al mio vissuto. Come un attore calza i panni di un nuovo personaggio rendendolo parte di sé, ho cercato di indossare gli abiti emotivi di Virginia mettendo in risalto quei fili di connessione con il mio tessuto.

50 biografie di personaggi illustri, tra bucce di banana e uccellacci neri...

Che sfiga!
Storie di gente che ha cambiato il mondo ma poi qualcosa è andato storto
di Micol Beltramini
Illustrazioni di Giancarlo Ascari
Centauria, 2018

pp. 114
Euro 17,00

Sosteneva Eduardo che essere superstiziosi fosse da ignoranti, ma che non esserlo portasse male. Parole sante, e specialmente perché pronunciate da un napoletano eccellente come lui, a proposito dell’annosa questione della malasorte, che da sempre preoccupa e perseguita il genere umano. Ma se credete che, quanto a iattura, abbia piovuto sempre sul bagnato (anzi “sul diluvio”) di poveri diavoli e povere diavolesse, fareste bene a sfogliare Che sfiga! Storie di gente che ha cambiato il mondo ma poi qualcosa è andato storto, appena pubblicato da Centauria. A scorrere le biografie di cinquanta celeberrime personalità selezionate da Micol Beltramini e illustrate da Giancarlo Ascari parrebbe proprio che la sfortuna, come l’esemplare cacca di piccione, abbia voluto dimostrare di potersi accanire con crudelissima precisione anche su esistenze e posture “monumentali”, e dunque senza risparmiare grandi nomi dell’arte, della musica, del cinema e della letteratura. Leggere per credere: preparatevi alla più nefasta delle rassegne, e dunque a un’infilata di eventi tragici tali da declassare il pur concorrenziale curriculum di Paolino Paperino (non a caso il personaggio preferito dell’autrice); al punto che anche Madama Morte – fatta eccezione per i casi in cui Essa per prima non sia stata talmente balorda da coincidere con la iattura vera e propria – sembra spesso giungere come paradossale liberatrice, epilogo agognato di una vita resa impossibile dalla mala ventura.

#CriticaNera - Un giallo classico per la Milano che fu. "Il mistero della giovane infermiera" di Dario Crapanzano

Il mistero della giovane infermiera
di Dario Crapanzano
Mondadori, 2016

€ 12,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Avevamo lasciato il commissario Arrigoni con lo spinoso caso del prete bello. E non avevamo nascosto le nostre perplessità riguardo la piega che stava prendendo la serie del Maigret meneghino. Forse per questo non ne abbiamo seguito l'evoluzione con la dovuta tempestività e abbiamo rischiato in parte di perderci il caso della giovane infermiera, ormai in libreria da oltre un anno. Colpevolmente, aggiungerei, non ne abbiamo scritto finora. Ma con Dario Crapanzano abbiamo un conto aperto da tempo ormai, visto che ne seguiamo la brillante carriera fin dagli esordi, sette anni or sono, con Il giallo di via Tadino, primo capitolo della serie Arrigoni che ci trasporta nella Milano degli anni '50 con suggestiva e mai stucchevole nostalgia.
Il mistero della giovane infermiera non tradisce le aspettative e riscatta il giallista milanese dopo la claudicante prova del prete bello. Siamo nel 1953, il corpo di una giovane infermiera viene trovato nei pressi di un cantiere del quartiere di Porta Venezia, a Milano. Immediatamente inizia l'indagine della squadra di Arrigoni che, non senza difficoltà, arriva alla soluzione del caso.

Il tema scottante dei naufragi e il punto di vista di Erri De Luca


Se i delfini venissero in aiuto
di Erri De Luca
Libreria Dante & Descartes, 2017

pp. 48
4 (cartaceo)

Sbarcato dopo due settimane in mare sulla nave salvagente di Medici Senza Frontiere, ho trovato in terraferma calunnie e voci a vanvera sui soccorritori di naufraghi che ho conosciuto.
Reagisco con questa cronaca, una nota in margine a una verità ferita.

Altro non è che un piccolo pamphlet in cui lo scrittore Erri De Luca racconta e descrive la sua esperienza, durata due settimane, a bordo della nave di Medici Senza Frontiere. Il lavoro è quello di recuperare quanti più naufraghi possibili che sono in pericolo nei famosi barconi e gommoni. Alcune volte riescono a salvarli, altre volte arrivano troppo tardi. Lo scrittore documenta con testi e soprattutto con foto (scattate sempre da De Luca) quanto accaduto durante la sua partecipazione. Tutti uniti da un obiettivo comune, si danno da fare il più possibile per accogliere i superstiti nella nave e dare loro la prima accoglienza con coperte, bottigliette d'acqua, garantendo loro una doccia di acqua dolce, che di acqua salata ne hanno visto fin troppa.

#CriticaNera - Un ritorno atteso spasmodicamente: Brian Panowich, "Come leoni; ritorno a Bull Mountain"

Come leoni - ritorno a Bull Mountain
(Like Lions, 2018)
di Brian Panowich
NN Editore, 2018

Traduzione di Alfredo Colitto

pp. 272
€ 19,00 (cartaceo)

Finalmente.
Attendevo di leggere il secondo romanzo di Brian Panowich sin dal giorno in cui ne è stata annunciata l’uscita (anzi, dal giorno in cui ho terminato il primo, a essere sincero). Un’attesa un po’ preoccupata, devo riconoscere, perché talvolta le “seconde prove” non si rivelano all’altezza delle prime, in special modo quando sono sequel delle precedenti oppure quando l’autore cambia radicalmente tematica, ambientazione o altro.
Ho letto Come leoni in un solo giorno, senza riuscire a staccarmene se non per ragioni strettamente legate alla sopravvivenza (alimentazione e igiene personale), cosa che accade davvero raramente (intendo il distacco, non l'igiene).