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#PagineCritiche - Il capo e la folla: Perché Storia non finisce mai di insegnare

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Il capo e la folla - La genesi della democrazia recitativa
di Emilio Gentile
Editori Laterza, 2017 (edizioni precedenti: "i Robinson / Letture" 2016)

€ 12 (cartaceo)
€ 8,49 (e-book)



Studiare ed interpretare la Storia è da sempre un modo molto efficace per comprendere meglio il presente, prevenire (si spera) gli errori commessi da chi è venuto prima di noi e provare a replicare quanto di buono è già accaduto.
Per questo motivo leggere l'opera Il capo e la folla (edito dalla collana economica Laterza, ma già apparso nel 2016 ne i Robinson) di uno storico di fama mondiale come Emilio Gentile si rivela una buona occasione per approfondire un aspetto della nostra contemporaneità ponendolo in relazione col passato: si tratta della maniera attraverso la quale
"sono stati percepiti e interpretati i rapporti tra il capo e la folla in situazioni democratiche".
L'obiettivo che si prefigge il professore emerito dell'Università di Roma La Sapienza e socio dell'Accademia dei Lincei è assai ambizioso: partendo, infatti, da leader come Pericle, Giulio Cesare, Napoleone Bonaparte e arrivando ad altri esponenti maggiormente vicini a noi nel tempo tra i quali Charles De Gaulle e John F. Kennedy, Gentile analizza il rapporto che si è instaurato tra i capi e le folle governate dagli stessi, studiare gli effetti che questo ha prodotto sulla democrazia e utilizzarlo come una lente di ingrandimento per comprendere i meccanismi sui quali ancora oggi si fondano i governi dei Paesi occidentale.

Si parte dall'analisi dell'antica Grecia, dalla nascita di forme di governo la cui gran parte è giunta quasi immutata sino ai giorni nostri, dalle parole incredibilmente moderne di grandi pensatori come il macedone Aristotele, che affermò:
"Certi esseri, subito dalla nascita, sono distinti, parte a essere comandati, parte a comandare".
Gentile prosegue poi con l'antica Roma, i cui governanti furono "allievi" dei greci e, sebbene non chiamarono mai la loro repubblica "democrazia", considerarono (assieme al Senato) la partecipazione del popolo alla res publica uno dei pilastri della politica del loro impero.

Dal saggio emerge con chiarezza che l'affacciarsi dei movimenti di massa come li conosciamo oggi si ebbe con la Rivoluzione francese, ma fu soltanto con l'avvento del governo di Napoleone Bonaparte che si concretizzò
"la prima esperienza di democrazia recitativa".
Presentandosi come interprete della volontà generale del popolo francese, infatti, egli fu il precursore di tutti quei regimi totalitari ancora lontani dal venire, ma che avrebbero sfruttato il consenso della pubblica opinione mediante il controllo della stampa e degli altri mezzi di comunicazione di massa.
Ancora, Bonaparte fu il primo capo nell'era delle folle che realizzò una personalizzazione del potere con un consenso plebiscitario, esaltando la concezione dell'"eroe" inteso come capo politico in grado di governare un'epoca storica solamente grazie al dominio della propria figura.

Dopo il capitolo contenente un'ottima analisi dei movimenti politici sorti nei primi decenni dell''800 e incentrati sulla lotta per la libertà, l'eguaglianza civile e quella sociale, come il Comunismo ed il Socialismo, Gentile approfondisce nelle pagine finali due figure di primo piano nel panorama dei governatori e leader della Storia moderna: quelle del francese Charles De Gaulle e dello statunitense John F. Kennedy.

Diversi per età e contesto politico nel quale operarono, entrambi furono però accomunati da una straordinaria ars oratoria che servì loro a conquistare il consenso delle folle ed a difendere e diffondere la democrazia nel resto del mondo, sebbene non furono esenti da critiche.

Già il politologo Albert Mabileau  ed il giornalista Antonio Gambino avevano lucidamente constatato che le democrazie del '900 (eccezion fatta per quelle marxiste) miravano a personalizzare il potere, a creare un "governo d'opinione" sfruttando i mezzi di comunicazione per soddisfare i gusti delle masse e candidare degli esponenti politici graditi alla collettività; ora Gentile evidenzia come le attuali democrazie rappresentative siano afflitte da un malessere generale generato dalla propensione dei governanti a considerarsi una casta privilegiata al di sopra dei governati, dall'apatia dei cittadini dovuta al diffuso malcostume dei governanti e, non ultima, da una estrema personalizzazione della politica nella figura del capo.

Con una narrazione agile, non gravata da note e per questo adatta ad essere letta e compresa anche da un pubblico non specialista della materia, l'autore de Il capo e la folla pare voler suggerire che se per gli antichi greci la degenerazione delle forme di governo era costituita dalla demagogia, le attuali "democrazie recitative" non se ne discostano poi molto.

All'interrogativo quando potremo considerare la democrazia buona, Gentile così risponde:
"Se ci sono insieme la libera scelta degli elettori e le libertà individuali per sviluppare la loro personalità; e quando si eliminano le discriminazioni e si è consapevoli che i governanti devono sempre rispondere ad altri poteri secondo l'antica logica liberale che il vero potere democratico non è in assoluto libertà di maggioranza; ma sta nella divisione dei poteri e nella tutela delle minoranze perché queste possano diventare liberamente maggioranza".
Per concludere, Il capo e la folla non ha la presunzione di voler fornire una "ricetta segreta" per il  felice funzionamento della democrazia, né di dire al lettore quale sia la forma di governo migliore, ma costituisce un ottimo saggio storico che consente di leggere la Storia con occhi diversi, con maggiore consapevolezza e con la certezza, come ha avuto modo di ribadire il suo autore, che
"La democrazia non è fortuna, è il frutto di secoli di storia. Serve un popolo sovrano e un sovrano che rispetti le democrazie". 

Ilaria Pocaforza