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#Strega16 - Sulle orme di un "ribelle rispettosissimo", don Lorenzo Milani

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L'uomo del futuro. Sulle strade di Don Lorenzo Milani
di Eraldo Affinati
Mondadori, 2016

pp. 180
€ 9,99 (ebook)


Dovremmo superare l'interpretazione letterale di don Milani. Cogliere il suo midollo spinale. Lo potremmo fare solo a partire da oggi. Coi fumi delle vecchie battaglie ormai spenti. Nel nuovo mondo che ci aspetta. 
In questa singolare biografia, quasi un pellegrinaggio lungo i «luoghi dell'esperienza» di don Lorenzo Milani, Eraldo Affinati si misura con il passato di un grande uomo, controverso e, anche per questo, spesso misinterpretato e osteggiato. E, tuttavia, imprescindibile: quante volte si sente citare Lettera a una professoressa senza riflettere sulle radici sociali e culturali dell'autore? Eppure don Milani ha fatto scuola, in tutti i sensi, senza temere di proporre qualcosa fuori dal coro, o di affrontare l'educazione a piene mani, come ribadisce Affinati:
Bisogna agire in fretta. Non lasciarsi irretire dall'indecisione, dal pensiero che frulla su se stesso. Non come farebbe l'uomo istintivo, privo di guida razionale, ma nella consapevolezza delle infinite elucubrazioni che ci hanno preceduto.
Alcune delle affermazioni allora eversive del priore sono diventate oggi slogan strumentalizzati politicamente, o sembrano ormai scontate. Ad esempio, «la scuola ha un problema. I ragazzi che perde» pare implicito, ma tante politiche contro la dispersione scolastica in realtà trovano le radici proprio in don Milani e in ciò che ha fatto concretamente a Barbiana per valorizzare ogni singolo studente. Il tutto, con la consapevolezza che educare non è divertimento, né un compito semplice; quasi sempre, anzi:
Educarsi significa ferirsi. Bruciarsi le mani. Andare diritto dove sai che ti fa male. 
Dunque, la ricerca su don Milani rinsalda parecchie convinzioni di Affinati stesso sull'insegnamento, sulla "missione" che accompagna uno dei lavori più difficili e tuttavia gratificanti:
Ho l'impressione di toccare la matrice dell'insegnamento, il suo senso più compiuto e profondo: consegnare il testimone. Rinnovare la tradizione. Accendere il fuoco. Baciare il futuro. Accettare la morte.
Mettersi in gioco, ascoltare l'altro, ma anche avere la fermezza opportuna e la capacità di cogliere il profondo di ognuno. Come in Lettera a una professoressa, anche qui emerge la richiesta di don Milani di andare oltre il nozionismo della scuola, oltre il vuoto "riversare" contenuti dalla mente dell'insegnante a quella dell'alunno. La verifica dell'efficacia? Arriva dagli alunni stessi:
Come si fa a distinguere il buono dal cattivo maestro? Basta vedere gli occhi dei suoi scolari: se brillano, oppure restano spenti.
Insomma, come è possibile vedere, la biografia è in realtà un'occasione per un confronto sempre acceso e vivo (anche stilisticamente e strutturalmente) tra il passato di don Milani e il presente, in cui un Affinati-erede cerca di mettere in pratica o di ridiscutere, per lo meno, i suoi insegnamenti. E la proiezione di sé è forte, il viaggio tra Barbiana e i luoghi dell'infanzia di don Milani si configura come una continua rimasticazione di quanto fatto e quanto ancora da fare. È qui che Affinati, forse per cercare di sfuggire alla soggettività spinta di questo confronto, prova a inserire un narratore di seconda persona singolare. In questo modo, il lettore dovrebbe percorrere lo stesso cammino di Affinati, avere i suoi stessi pensieri, scoprire le stesse fotografie di don Milani, incontrare gli stessi testimoni. Certo, è una strategia narrativa, ma è in realtà una pratica distanziante e fastidiosa, che non porta il lettore a immedesimarsi; e anzi il lettore si ribellerà al cammino fin troppo definito da Affinati. L'effetto è quello di un viaggio organizzato nei minimi dettagli, in cui al lettore non viene concessa la minima pausa per sgranchirsi il pensiero e riflettere sua sponte.
Eppure... Eppure questo infelice escamotage non deve essere parso altrettanto invalidante agli Amici della Domenica, che hanno concesso all'Uomo del futuro un posto nella cinquina dello Strega 2016. Sarà forse per i contenuti? Perché in effetti, quando Affinati abbandona questa pretesa di "gita organizzata", commenta bene le parole dello stesso don Milani, che testimoniano la lungimiranza di un uomo che vedeva ben oltre il suo presente:
"Questa è l'avanguardia del mondo che verrà: multietnico, privo di dogane, coi bianchi e coi neri, coi gialli e coi rossi, tutti mischiati, senza illuderci che non si litighi più."
E allora è forse questo che dobbiamo lodare: il tentativo di riportare alla luce lati meno noti del priore, finalmente libero dalle accuse di luci-ombre che aveva ricevuto all'epoca. Oggi, anzi, le luci e le ombre piacciono, non fanno che aggiungere un ulteriore tratto di umanità al religioso:
Don Lorenzo si tenne tutto dentro: favole e ingiurie. Felicità e amarezze. Soddisfazioni e pene. Sapeva che per sciogliere certi nodi non basta una generazione. Ognuno di noi vede e può agire soltanto su un breve segmento della lunga catena umana. 

GMGhioni



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