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Cambiare ottica: la formazione secondo Banana Yoshimoto

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Andromeda Heights
di Banana Yoshimoto
Feltrinelli, 2014

pp. 100
€ 11,00


Torna Banana Yoshimoto: o meglio, torna in Italia, perché in Giappone la quadrilogia de "Il regno" s'è conclusa quest'anno. E a distanza di dodici anni, approda da noi il primo volume, Andromeda Heights, in cui scopriamo la
"lunga, assurda, indefinibile storia di me e di Kaede. Più infantile di un racconto per bambini, un'allegoria priva di insegnamenti. Gesti insensati degli esseri umani, mondo visto da una prospettiva bizzarra" (p. 16).
L'io-narrante Shizukuishi tiene le fila di quella che definisce "una fiaba", ma "leggermente contorta", e ci accompagna alla scoperta dei pochi ma fondamentali personaggi che contribuiranno alla sua formazione. Innanzitutto c'è la nonna, una figura dai contorni mitici, che affascina con la sua saggezza e con la fiducia nei poteri medicinali (a volte placebo a volte taumaturgici) del tè, che coltiva e mescola con le sue mani. Eppure anche la nonna, da cui Shizukuishi, orfana, ha appreso tutto, si allontana e lascia la ragazza a costruirsi faticosamente la sua nuova vita, lontana dai monti e in città. E qui si respirano le solitudini metropolitane del Giappone, l'essere una capocchia di spillo in una moltitudine sconosciuta. Un grande pericolo, se non fosse per
"quel destino meraviglioso che aveva fatto incontrare - e reso necessarie l'una all'altra - due persone cresciute in circostanze simili" (p. 47). 
Con la consapevolezza che "gli incontri arrivano sempre all'improvviso, negli istanti più inattesi. E imprimono sul cuore scene meravigliose e indimenticabili" (p. 64), Shizukuishi si avvicina a Shin'ichirō, un ragazzo appassionato di cactus e piante come lei, che nella paziente e minuziosa floricoltura non coltiva solamente una passione, ma uno scopo di vita. E la stessa Shizukuishi resta affascinata dall'amore cristallino, ingenuo e sostanzialmente platonico per Shin'ichirō: un amore che non ha bisogno di sesso, né lo cerca, ma vive di microscopiche e reciproche attenzioni.

Contemporaneamente, però, Shizukuishi sta per portare a termine la trascrizione del libro di Kaede, personaggio di grande profondità, quasi cieco, che nutre per la protagonista un trasporto e un affetto (amore?) notevoli. Ancora una volta, solo l'attrazione fisica li differenzia da una coppia normale: Kaede e Shizukuishi sono speciali l'uno per l'altra, in un modo che noi Occidentali comprendiamo a fatica. Forse, per immergerci ancora di più nel pensiero di Shizukuishi, ci aiutano i dettagli, il pensiero di ciò che la ragazza potrebbe non vedere più, alla fine del suo lavoro editoriale per Kaede:
"Nel bel mezzo di una scena quotidiana, uguale a tutte le altre ma che a breve non si sarebbe più presentata, sbocciò come un fiore una minuscola, blanda malinconia. I nostri volti erano illuminati dallo stesso grande sorriso, ci salutavamo sventolando le mani. Il bottone del pigiama di Kaede rifletteva la luce trasparente e abbagliante del mattino, proiettava sulla parete un'ombra simile a un fiore" (p. 86).
E non riusciamo a evitarci un po' di domande da lettori curiosi: davvero l'amore per Kaede è solo spirituale? Cosa accadrà alla fine della scrittura? La nonna non tornerà in Giappone?
Intanto, in questo primo capitolo della quadrilogia, accanto all'importanza delle origini, la Yoshimoto riprende con quel suo tono un po' ovattato e contemplativo (che deve piacere, sia chiaro, ma che le è caratteristico) l'importanza delle origini, da cui non staccarsi ma acquisire gli insegnamenti e la forza per cercare la propria strada. Il tutto, con la consapevolezza che "le persone si trasformano a poco a poco nell'impronta che hanno dato alla propria vita" (p. 33).



GMGhioni