#RileggiamoConVoi - marzo 2013


Campagne nel pavese, dal bus
Cari amici,
la primavera sta iniziando? Seri dubbi, con il freddo e la neve che ancora si sono abbattuti sull'Europa. Ma qualche giorno di caldo improvviso ce lo siamo goduto, e forse qualche temerario ha iniziato a leggere in giardino o alla fermata del pullman. 
Di sicuro, questo marzo sta regalando davvero molte nuove uscite, e anche la nostra scaletta mensile ha ospitato molte nuove uscite. 
Ecco cosa vi consigliamo di andare a leggiucchiare, complice forse il ponte pasquale.

Auguri e Buona Pasqua a tutti!
La Redazione



Claudia consiglia: 
"Settanta acrilico trenta lana" di Viola Di Grado
Perché: a poche settimane dall'uscita del secondo libro ("Cuore cavo"), il romanzo d'esordio della catanese Viola Di Grado, Premio Campiello Opera Prima 2011, è un testo che cattura il lettore nella rete di una scrittura fuori dal comune.
A chi: a tutti gli amanti di romanzi fortemente focalizzati sull'interiorità dei personaggi, magari dal gusto un po' dark. 

Debora consiglia:

#BolognaChildrensBookFair 2013: immagini e spunti


Curiosando per la Childrens Book Fair di Bologna, sfido chiunque a non tornare un po' bambino, di fronte a certe meraviglie per gli occhi e per la mente. Per raccontarla tutta ci vorrebbero pagine e pagine, e allora ecco cosa è rimasto intrappolato nella mia macchina fotografica e nella mia fantasia.

Piccoli tesori di carta: appena dopo l'ingresso alla Fiera, si estende un lungo muro bianco dove autori e illustratori lasciano affissi i loro biglietti da visita e i loro disegni affinchè gli operatori interessati possano conoscerli e magari contattarli. C'è chi decide di giocarsela bene questa possibilità e studia soluzioni che davvero si fanno notare. Come la teiera rossa (rigorosamente di cartoncino) della foto o la meravigliosa scacchiera che racchiude una delicata e dettagliatissima scultura di carta.

CriticaLibera: “Stanchi di vita quotidiana”


Sudamerica e viaggio: quanti suggerimenti abbiamo rimescolato grazie a Chatwin, ai diari della motocicletta, al realismo magico. Ossimoro dispettoso ma efficace.
Anni fa ascoltavo la trasmissione radiofonica Jack Folla c’è e dai copioni di Diego Cugia e dalla voce bellissima di Roberto Pedicini veniva spesso un suggerimento: La Paz, La Paz, La Paz… Jaime Saenz, grande scrittore boliviano scomparso, vi ha ambientato il suo romanzo Felipe Delgado tanto per farci capire che nella metropoli del pianeta più lontana dal mare non bisogna sorprendersi se girano stregoni e luce significa solo cono d’ombra. Così partii, convinto che un’amaca dove stendermi non me l’avrebbero negata. L’ispirazione segue strade tortuose.

#BolognaChildrensBookFair 2013: una cronaca

Compie quest’anno cinquant’anni la Fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna, immancabile appuntamento per tutti coloro che si occupano di libri e contenuti culturali per l’infanzia, un evento che conferma, edizione dopo edizione, la propria eccellenza nel campo editoriale. Alta tradizione e voglia di innovazione si incontrano e animano per quattro intense giornate la Fiera brulicante di editori, autori, illustratori, traduttori, agenti letterari, librai, bibliotecari.
È un’occasione unica di dibattito e confronto per capire insieme verso quale direzione si sta muovendo il mercato del libro per ragazzi, quali le occasioni offerte dalle tecnologie digitali e le politiche editoriali e di catalogo scelte da editori provenienti da tutti i paesi del mondo. 

#ilSalotto: "La piramide del caffè", intervista a Nicola Lecca



Salinger, secondo un aforisma ormai usurato, diceva che, quando un libro ti è piaciuto, vorresti essere amico dell’autore per potergli fare tutte le tue domande. Su CriticaLetteraria potremo sentire le risposte di Nicola Lecca, autore del romanzo La piramide del caffè (Mondadori, 2013).

Buongiorno Nicola. Partiamo subito con le domande. Mi è capitata sotto gli occhi la recensione fatta sul suo ultimo lavoro apparsa sul Sole 24ore in cui La piramide del caffè viene definita in tre modi: romanzo sociale, romanzo di formazione, fiaba contemporanea. Secondo lei sono giuste queste classificazioni? Crede nelle “etichette” applicate alle opere letterarie?

Guida agli animali fantastici di Ermanno Cavazzoni: un favoloso bestiario comico


Guida agli animali fantastici
di Ermanno Cavazzoni
Guanda Editore 2011



Lo scrittore reggiano Ermanno Cavazzoni racconta che la sua opera più recente, Guida agli animali fantastici, pubblicata dalla casa editrice Guanda nel 2011, è nata in seguito alla rivisitazione fantastica dei classici di Plinio, Aristotele, Eliano, Luciano di Samòsata, in cui gli animali rivestono un ruolo importante. Il testo antico viene usato come punto di partenza e felice stimolo: in tal modo Cavazzoni realizza felici e ilari divagazioni, che giocano molto sull’antropomorfizzazione degli animali, attraverso le quali riesce a far sorridere e riflettere su certi aspetti assurdi del comportamento umano. 
Da queste storie antiche escono così fuori nuove narrazioni indipendenti, rese in maniera sorprendente con uno stile originale e profondamente creativo.

#PagineCritiche A colpi di penna: le "Opere" di Leonardo Sciascia


Leonardo Sciascia 
Opere. Volume I.
A cura di Paolo Squillacioti
Adeplhi, 2012

Presentato a Palermo lo scorso novembre nel suggestivo castello Utveggio per iniziativa degli Amici di Leonardo Sciascia, il primo volume delle Opere di Leonardo Sciascia, curato da Paolo Squillacioti e pubblicato da Adelphi, raccoglie tutta la narrativa, il teatro e la poesia dello scrittore di Racalmuto. Chi è appassionato delle pubblicazioni che riuniscono i testi di un singolo autore non rimarrà deluso. Il tomo di oltre 2000 pagine è aperto da una bella presentazione del curatore che racconta uno Sciascia per certi versi inedito, ricostruendone la storia editoriale. Il passaggio più interessante è senza dubbio quello in cui Squillacioti riporta le parole dell'autore di Todo Modo a proposito dei suoi (numerosi) cambi di casacca (mi si perdoni il prestito calcistico): «Ho sempre voluto mantenermi libero.

James Ellroy, “Il grande nulla”


Il grande nulla
(The Big Nowhere)
di James Ellroy
 
Mondadori, 2012 (1990)

Hollywood: è la notte di un capodanno molto speciale. Il Novecento svolta. Ma per l’agente Danny Upshaw, impegnato in una raffica di arresti, la predizione è senza scampo: l’1 gennaio 1950 è solo l’inizio di un «decennio di merda». Quando arriva l’ennesima chiamata urgente, risponde, accorre e si trova di fronte al peggior cadavere mai visto: un uomo nudo, con mutilazioni e ferite che hanno strappato brandelli di carne. Siamo di fronte all’ennesimo omicidio a sfondo sessuale? Danny non dovrebbe neppure chiederselo visto che il caso non rientra nella sua giurisdizione, ma decide di scoprire lo stesso chi si cela dietro a tanto orrore. Il ritrovamento, dopo poco tempo, di altri due cadaveri, anche questi nudi e mutilati, disposti in una posizione numerica e ambigua, conferma la pista iniziale: delitti contro omosessuali.

"Quel che si perde", di Vittorio Saltini


Quel che si perde
di Vittorio Saltini
Feltrinelli, 2001



pp. 196
Euro 14,46



Vittorio Saltini (1934) è una figura di riferimento nella scena culturale italiana della seconda metà del Novecento. Collaborò con l’Espresso negli anni in cui Umberto Eco e lo sperimentalismo prendevano piede, suscitando animate discussioni e zuffe dialettiche: a tal proposito proprio Eco, in Opera aperta, racconta:
«Mi ricordo che Vittorio Saltini, recensendo il mio intervento del Menabò sull’Espresso (l’Espresso allora era la roccaforte dell’antisperimentalismo), mi beccò su una frase in cui apprezzavo un verso di Cendrars dove si paragonavano le donne amate a dei semafori sotto la pioggia, e osservava pressapoco che io ero tipo da avere reazioni erotiche solo sui semafori, per cui nel dibattito io gli rispondevo che a una critica così si poteva obbiettare solo invitandolo a mandarmi sua sorella. Questo per dire il clima.»

Beppe Fenoglio, "Primavera di bellezza"

Primavera di bellezza
di Beppe Fenoglio
Einaudi, prima edizione 1959

pp. 186
disponibile in formato Kindle ("Tutti i romanzi")

"Nell'Agro, tutte le mattine a un'ora precisa, bisognava comporsi in riga e presentare impeccabilmente le armi a un vecchietto dalla barba bianca il quale, sbucato indenne dalla vampa immane che il sole accendeva al limite dell'Agro, avanzava al trotto sulla pelle di leone, mandando un metallico scrocchio d'ossa ritmicamente scrollate; scortato da un magnifico ufficiale d'ordinanza, era Emilio De Bono, quadrumviro del fascismo e maresciallo d'Italia."


Quattro etti d'amore, grazie: il nuovo di Chiara Gamberale

Quattro etti d'amore, grazie
di Chiara Gamberale
Mondadori, 2013

pp. 252
€ 17

L'incontro fatale della nostra vita, forse, fa proprio così: prima ci riscatta da tutto quello che da bambini non avevamo, non eravamo. Poi, giorno dopo giorno, ci fa venire una nostalgia tremenda di tutto quello che avevamo, che eravamo. E quel riscatto ci appare improvvisamente un attentato. (p.68)
Due donne, due vite diametralmente diverse: Erica è impiegata di banca, ha un marito che la ama e due figli adorabili; Tea Fidelibus è la stravagante attrice protagonista della brillante serie tv "Testa o cuore", ed è sposata con un geniale professore, conosciuto sul lavoro.

#IlSalotto: Quando la musica incontra la scrittura: intervista con Mattia Barro de L'orso

L'orso è un paesaggio. L'orso è quel paesaggio che attraversi in bicicletta quando dal paese ti dirigi verso la città. L'orso è la storia di quattro ragazzi cresciuti tra Ivrea e Messina, Milano e Treviso, riuniti sotto il cielo della Grande Città; il racconto dei loro vissuti che si incontrano nel precariato di un presente condiviso.
 Così, con un linguaggio semplice ed estremamente evocativo, L'orso, giovane gruppo della scena indipendente italiana, si presenta dalla propria pagina su bandcamp.com. Con tre Ep pubblicati tra il 2011 e il 2012 - L'adolescente, La provincia, La Domenica- e il primo album in uscita per Garrincha Dischi a breve (il 2 Aprile, data da segnare in agenda) questi ragazzi hanno tanto da raccontare a chi li ascolta e vale davvero la pena di prendersi un po' di tempo per starli a sentire.
Per conoscere meglio il loro mondo, quello che descrivono nei testi delle canzoni, noi di CriticaLetteraria abbiamo fatto una chiacchierata con Mattia Barro, autore dei brani, voce e chitarra della band.


Cosa ti ha spinto a scrivere e quando hai iniziato?

#PagineCritiche - La letteratura arricchisce infinitamente


La letteratura in pericolo
di Tzvetan Todorov
Garzanti, 2008

pp. 84
Traduzione di E. Lana

Leggere molto, appassionarsi alle pagine dei nostri autori preferiti o casuali, provoca nel nostro intelletto un desiderio, a volte irrefrenabile di comporre, di scrivere. Per noi italiani la composizione scritta è sempre stata legata ai compiti delle scuole o ai lavori scritti da presentare all'università. Dalle descrizioni per la maestra alla consegna della tesi, abbiamo dovuto fare inesorabilmente i conti con le “paginate” che gli insegnanti ci assegnavano per migliorare il nostro stile. Il lettore, preso da un tardivo interesse per la scrittura, può trovare utile ed affascinante per la sua impostazione didattica e lineare il manuale di Maria Teresa Serafini, Come si legge (e scrive) un racconto. In questo volume si trova una citazione che colpisce con immediatezza:

“Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri […] la letteratura apre all'infinito questa possibilità di interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente. Ci procura sensazioni insostituibili, tali per cui il mondo reale diventa più ricco di significato e più bello”.

Buk- Festival della piccola e media editoria 2013



La prima cosa a colpire il visitatore che entra nel Foro Boario di Modena, la location che dal 2008 accoglie Buk- Festival della piccola e media editoria, è l’incredibile quantità di persone che si danno appuntamento per trascorrere un weekend all’insegna della lettura. 
Dalla prima edizione dell’evento, che ormai da sei anni segna l’inizio della stagione culturale primaverile della città, l’affluenza di pubblico è cresciuta costantemente e  ha trascinato con sé anche l’aumento del numero di editori che espongono le loro pubblicazioni durante questa occasione. Per l’evento vengono infatti chiamate a raccolta case editrici provenienti da tutta Italia e viene coperta una gamma tematica estremamente ampia, che spazia dalla letteratura per ragazzi, alla saggistica, ai romanzi di giovani autori esordienti, senza dimenticare l’editoria digitale e gli e-book.

PilloleDiAutore - Il primo Cahier di Paul Valéry



Il caso di Paul Valéry è assolutamente straordinario: la sua scrittura privata ha riempito oltre 261 quaderni di diversi formati (contiamo 26.600 pagine nell'edizione facsimile!), scritti con ritualità quasi religiosa praticamente ogni mattina, tra le 4 e le 7, dal 1894 al 1945
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non si tratta di un journal intime, ma raccoglie molti pensieri, riflessioni aperte sul tema centrale della ricerca filosofica, esistenziale, letteraria di Valéry: la natura dell'intelletto umano. Compatibilmente con la metodicità delle indagini, Valéry elabora una struttura possibile per la sua opera: una prima divisione per macro-aree di interesse e un ordine cronologico interno.
Per questa domenica, abbiamo scelto di proporvi le riflessioni sulla sua scrittura.

Edizione di riferimento: Paul Valéry, Quaderni [1973], vol. I, a cura di Judith Robinson-Valéry, Adelphi, Milano 1985

CriticaLibera - Un diario tutto per... noi

Tra modernità e tradizione. [La mia scrivania]
Chi non ha mai avuto un diario con uno di quei buffi lucchetti dorati o argentati, che bastava spingere appena per aprire? Eppure, quanto ci si arrabbiava se qualcuno in famiglia apriva quel diario! Allora si cercava un degno nascondiglio dei nostri segreti (che poi, diciamocelo, ricorrere al cassetto dei calzini non ha mai fermato nessuna mamma). Ma quel che importa è la premessa: la segretezza. Il "diario segreto" non andava violato: diventava un album con lo scontrino di quel ghiacciolo mangiato con il primo fidanzatino, la pagina tappezzata di foto del mare, il disegnino colorato con tanta cura. Soprattutto, era il luogo della confessione, dove scrivere tutto quello che neanche al migliore amico si poteva raccontare.

L'autocensura, in fondo, non ce la siamo mai posta, almeno non prima di aver trovato il lucchetto forzato o aver percepito un certo non-so-che nei discorsi di mamma o papà.
E il destinatario? Teoricamente, il destinatario è il proprio io, ma non sono così rari i diari "prestati" all'amica del cuore (un'abitudine quasi sempre femminile, perché i ragazzi spesso si vergognano di indugiare a pensare sulla carta [peccato, un po' di autoanalisi avrebbe risparmiato sedute d'analisi da adulti, ma tant'è...]. In ogni caso, quando non è d'autore, tradizionalmente il diario è autoreferenziale, o ammette pochissimi destinatari scelti, anzi sceltissimi, e i lettori indesiderati sono avvertiti come invadenti (2).

#EditoriaInProgress: Editoria e Fede. Dalla ricerca di senso al bestseller (1^ incontro)


Dopo il riscontro positivo della prima edizione, anche quest’anno il Master in Professione editoria cartacea edigitale dell’Università Cattolica di Milano, in collaborazione con l’Associazione Italiana Editori, ha organizzato Editoria In Progress. Tre appuntamenti, momenti di dibattito e confronto tra operatori del settore, studiosi, studenti e pubblico di lettori, per comprendere alcune delle principali trasformazioni in atto nel mondo del libro.

Il ciclo ha avuto inizio ieri alle 16.30 con l’incontro Editoria e Fede. Dalla “ricerca di senso” al bestseller. Quello religioso è, infatti, uno dei settori dell’editoria italiana (e non solo) in profonda evoluzione che sta ripensando se stesso alla luce di cambiamenti sociali, nuove esigenze di fede e fenomeni dell’industria editoriale. Circa 7 milioni di italiani leggono almeno un libro religioso all’anno e gli editori, anche quelli laici che rappresentano il 50% della produzione, scelgono spesso i temi della fede e della spiritualità per parlare al pubblico.

#PoetryDay: ricordare la poesia in un Tweet


In occasione della Giornata Internazionale della Poesia, ci chiedevamo cosa fare: ci stiamo occupando di poeti emergenti e di grandi della Poesia da anni ormai, ma come riproporli? In fondo, si legge ovunque che gli italiani leggono poco (e male, potremmo aggiungere) e il rapporto appena uscito  sulla lettura, portato avanti dal Forum del Libro su incarico del Dipartimento Editoria è a dir poco inquietante. 
Anziché proporvi delle letture specifiche, ci siamo chiesti: perché non domandare su Twitter di condividere i propri versi preferiti? Noi avremmo fatto lo stesso, con i nostri pezzi dedicati alla poesia (recensioni, interviste, inviti alla lettura e soprattutto PilloleDiAutore, per lasciar parlare la poesia). Il tutto con hashtag #PoetryDay

#CritiCINEMA: Educazione siberiana di Gabriele Salvatores


Educazione siberiana
di Gabriele Salvatores

con Arnas Fedaravicius, Villius Tumalavicius, Eleanor Tomilson, Jonas Trukanas, Vitalji Poršnev, Peter Stormare e John Malkovich, prod. Cattleya e Rai Cinema, 2013

Leggi anche la recensione al libro

È difficile sfuggire alla sensazione immediata che, rispetto al romanzo di riferimento, la sceneggiatura scritta dallo stesso regista e da Stefano Rulli e Sandro Petraglia abbia profondamente e inopportunamente stravolto, addirittura invertito in molti casi, i dati più vistosi della traccia narrativa del testo letterario. Ma bisogna anche aggiungere che un film non è costituito solo dalla sceneggiatura e che la costruzione delle immagini, il ritmo del montaggio, l’approntamento delle scene, la direzione della recitazione – elementi sui quali un regista, pur sempre coadiuvato da altri tecnici o artisti (un film è opera tecnicamente e artisticamente complessa e plurivoca, che spesso con troppa disinvoltura si fa passare come il risultato di un solo fare) può esercitare una maggiore discrezionalità, mettendo la sua firma stilistica – si allontanano molto meno dal testo letterario ispiratore. Per semplificare, si potrebbe dire che Salvatores e tutti i suoi collaborati hanno scelto di privilegiare certi aspetti del romanzo di Lilin a scapito di altri.

Izet Sarajlić, una sentinella al servizio della poesia


   Chi ha fatto il turno di notte
di Izet  Sarajlić
a cura di Silvio Ferrari
con prefazione di Erri De Luca

Einaudi editore, Torino 2012
€ 12
pp. X - 132


Di Izet Sarajlić (1930-2002), voce poetica tra le più sonore della ex Jugoslavia, si può dire che è stato un autore cosmopolita nonostante la continua attenzione per la sua Sarajevo, città dove ha vissuto fino alla morte e «dove forse non sono stato troppo felice, / ma dove tuttavia anche la pioggia quando cade non è solo pioggia» (Sarajevo). Cosmopolitismo dovuto non tanto ai frequenti viaggi (in Europa soprattutto) e neanche alla fitta trama di amicizie sparse per il mondo, quanto alla cittadinanza universale che un poeta, portavoce di istanze riconosciute dall’humanitas tutta, deve possedere per costituzione, se così si può dire.

Libri come 2013 | Festa del libro e della lettura


-- cronaca di Lorena Bruno & Isabella Corrado --



Per gli appassionati di lettura Libri Come resta uno degli avvenimenti più attesi. Giunto alla sua quarta edizione, l'evento si è svolto dal 14 al 17 marzo all'Auditorium Parco della Musica di Roma, una location sempre accogliente, con gli ampi spazi delle sale e quelli più raccolti del Garage, per un programma fitto di incontri. Quest'anno il tema scelto è L'Europa, con la crisi economica, con la sua pur forte identità culturale e letteraria.
Abbiamo trascorso il 16 marzo all'Auditorium, un pomeriggio che ha riservato bellissime sorprese, in cui scegliere quali presentazioni seguire non è stato subito semplice.

#EditorInAscolto: Nomos Edizioni

Editori In Ascolto
--- Emanuele Tosi di Nomos Edizioni ---

Quando è nata la vostra casa editrice e con quali obiettivi?
Nomos Edizioni è nata nel 1996, con l’obiettivo di pubblicare libri di qualità, con una particolare attenzione all’arte e al territorio.

Come è composta la vostra redazione? Accettate curricula?
Abbiamo due persone interne e varie esterne che ricoprono i ruoli fondamentali, garantendoci una continuità soprattutto per quanto riguarda la redazione e l’art direction. Naturalmente siamo sempre aperti a nuove collaborazioni.

#IBT13 : If Book Then

If Book Then
The future of publishing, now

19 marzo 2013



Sono le 9 e qualche minuto quando arrivo al Museo della Scienza e della tecnica con l'amico-avv. Marco Giacomello: pronti per un'intensa giornata all'edizione milanese di If Book Then, evento organizzato da Bookrepublic a distanza di pochi giorni e con contributi internazionali a Stoccolma, Milano e Madrid. L'obiettivo è prevedere oggigiorno dove andrà domani l'editoria: non solo statistiche e trend, ma anche e soprattutto innovazione, tra proposte pratiche (software, dispositivi, app e servizi) e teoriche (il ruolo del lettore nel mondo editoriale, self publishing, social reading).

Yolanda Parra, "Fra oceani"

Fra oceani
di Yolanda Parra

Davide Zerra Editore,  2009


- Cosa sei tu mamma?
- Un essere umano, femminile e cosmico bambina.
- Dai mamma, sul serio, che lavoro fai? Che professione hai?
- Ahhh! scrivi pure: faccio la mamma, la casalinga, la dottoressa, la volontaria, la consulente esterna, la libera professionista; scrivi che non vorrei fare la moglie e che dovrei finire una tesi per laurearmi in sociologia in gennaio. “Allacciatrice” di mondi è il mio mestiere. Cosa ben difficile da spiegare, ma diciamo che nell’andare e venire dei miei quasi cinquant’ anni ho studiato molte cose, alcune anche per disimpararne altre che mi possano permettere di sopravvivere in quest’Italia 2009. Qui vivo, respiro, cospiro e sogno. [1]

"Ora", il nuovo romanzo di Mattia Signorini

Venerdì 15 marzo alla libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte, a Milano, si è tenuta la presentazione dell'ultimo romanzo di Mattia Signorini, Ora, edito da Marsilio e uscito nelle librerie lo scorso mercoledì 13 marzo. L'autore è stato presentato dallo scrittore Piersandro Pallavicini e accompagnato dalla musica di Dente. Già autore di Lontano da ogni cosa (2007) e La sinfonia del tempo breve (2009), con il quale si è aggiudicato il Premio Tropea 2010, Signorini si conferma una delle voci più interessanti nel panorama dei giovani scrittori italiani e i suoi libri sono stati tradotti in otto paesi.
Di Ora viene subito da pensare: "un romanzo sull'incomunicabilità e sul rimpianto per le parole non dette". Trama che coinvolge, personaggi ben costruiti, una riflessione sul senso del tempo e del ricordo. L'ora del titolo si può leggere come l'avverbio del tempo presente, quell'ora difficilmente sospeso tra passato e futuro; ma anche come l'ora sostantivo che suggerisce l'idea dell'ora in cui si sceglie di crescere, di diventare adulti e fare i conti con il passato. Una parola che, in ogni caso, compare in molti punti del testo, scandendo un percorso di riappropriazione.

Camillo Arcuri e il golpe Borghese: una storia pericolosa


Colpo di Stato.
Storia vera di una inchiesta censurata
di Camillo Arcuri

BUR, 2004



Una volta qualcuno disse: “chi di questi tempi vuole fare il giornalista, dimostra di non avere la prima dote che un giornalista deve avere cioè il fiuto”. Criticabile come tutte le opinioni, ma qualcosa di vero c’è, in queste parole. Il fiuto è davvero la migliore delle doti che un giornalista può avere. Coadiuvata da fortuna e talento, tra le altre cose, trasforma un semplice reporter in un’arma di eccezionale portata, ma non di sicuro successo. Che cosa accade quando un cronista esperto, sempre con la “biro a tracolla”, si trova al posto giusto nel momento giusto? Succede che la sua vita cambia, perché gli è piovuta in testa una storia da far “tremare l’Italia”. Camillo Arcuri, genovese nato nel 1930, è stato protagonista di una storia di questo tipo e il suo libro Colpo di Stato è un’inchiesta scomoda, ancora oggi, ma è anche la sua autobiografia.

#IlSalotto: intervista a Giovanni Capecchi

Dopo la recensione al suo recente studio dedicato a Giovanni Pascoli, abbiamo l'onore di intervistare Giovanni Capecchi, classe 1971, docente di Letteratura italiana presso l'Università per stranieri di Perugia. I suoi studi sull'opera pascoliana hanno portato alla pubblicazione, tra gli altri, di Voci dal “nido” infranto, Gli scritti danteschi di Giovanni Pascoli, Prose disperse. Numerosi sono poi i contributi sul Risorgimento nella letteratura meridionale, la letteratura nella grande guerra e il romanzo del Novecento. 

Cosa è per lei la Letteratura? Quando il giovane Capecchi ha scelto la letteratura? 
La letteratura, per me, rappresenta molte cose, ma soprattutto è uno strumento per provare a capire la realtà, del passato e del presente, e per condividere con altri (gli scrittori, appunto, i poeti) i dubbi, le inquietudini e gli interrogativi che accompagnano anche la nostra esistenza. È quindi, in fondo, un modo per sentirsi meno soli. Ho deciso di studiare Lettere all’Università quando sono arrivato all’ultimo anno di Liceo classico, grazie soprattutto al mio professore di italiano, Vasco Gaiffi: inizialmente pensavo di iscrivermi a Medicina; poi, però, ho cambiato idea.

#PagineCritiche - Un nuovo studio su Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli
di Giovanni Capecchi
Le Monnier, 2011

€ 21
pp. VIII - 280

“...Ma pur nelle cose vicine era quello che cercavano, e non avervelo trovato, fu difetto, non di poesia nelle cose, ma di vista negli occhi. ..."
Giovanni Pascoli

Se vi fossero ancora dubbi, oggi, sulla portata dell'opera pascoliana, a ragione da considerarsi una delle esperienze letterarie più qualificanti il Novecento, se vi fossero ancora dubbi, dicevo, su quanto rivoluzionaria sia la dirompente innovazione del poeta di San Mauro; Giovanni Capecchi, con la sua antologia pascoliana, edita per Le Monnier nel 2011, contribuisce alla costruzione di una stagione critica capace di restituire a Pascoli, tutta la fragranza e tutto il volume del suo percorso poetico. La scelta di Capecchi è quella di dar conto di un'evoluzione, il cui esordio risale ad una stagione giovanile che si inserisce, tra continuità ed irriducibilità rispetto al Pascoli noto, in un iter scrittorio fatta di eterogeneità e sperimentalismo.

PilloleDiAutore - I Taccuini di Emilio Cecchi


Dalla fine del 1911 al 1953 il fiorentino Emilio Cecchi (1884-1966), tra le figure più brillanti di intellettuale novecentesco, tiene una serie di taccuini, da lui definiti "quaderni", che racchiudono un vero e proprio "zibaldone" di pensieri, come definito da Pietro Citati nella nota alla fine dell'opera. Difficile parlare di diari in senso stretto, perché più che parlare di sé Cecchi è osservatore del mondo. 
Accanto ad aforismi, riflessioni estemporanee, troviamo molte note di lavoro, che racchiudono progetti ma anche stralci di opere in progress, di cui diventano ideale redazione intermedia tra un numero imprecisato di bozze e la stesura definitiva (questo vale, in particolare, per Storia della letteratura inglese del secolo XIX e Trecentisti senesi). 
O ancora, possiamo apprendere dalle promesse dello stesso Cecchi la sua irregolarità intellettuale: se le letture sono sempre tantissime (e così le note e le citazioni in merito), la scrittura non è mai un percorso semplice. Anzi, più volte l'autore ribadisce di aver fallito, trasgredendo alle ore di lavoro previste o al programma della giornata.

CriticaLibera: Il romanzo, corsi e ricorsi



Più volte abbiamo sostenuto la mancanza di una narrativa prettamente italiana, intesa come grande tradizione romanzesca di ampio respiro. Ciò dipende dal ritardo con cui questo genere da noi si è affermato, collegato alla lentezza nello sviluppo del ceto medio, cioè “que’ cittadini (come chi vi parla) collocati dalla fortuna fra l’idiota e il letterato” (Foscolo).
Il romanzo ha il suo impulso nel Settecento, in Inghilterra prima e in Francia in un secondo tempo. In Italia, come in Germania o in Spagna, il ceto medio non si è ancora sviluppato come classe pensante e altamente produttiva, in un mondo ancora dominato dall’aristocrazia. Il Settecento è il secolo di Defoe, Swift, Richardson, Fielding, della Radcliffe, di Voltaire, di Rousseau, di Choderclos de Laclos. Sorge insieme al giornalismo, il romanzo, in un clima di diffuso e crescente interesse per la lettura, nonostante l’alto costo dei libri e delle candele, nonostante la nefasta tassa sulle finestre e la mancanza di tempo delle classi lavoratrici. Il costo di un romanzo equivale al salario di una settimana, laddove il dramma elisabettiano era stato, invece, alla portata di tutti con l’ingresso al Globe che costava quanto un boccale di birra.

L'amore bugiardo: niente è come sembra

L'amore bugiardo
di Gillian Flynn
Rizzoli Vintage, 2013

pp. 464
€13.00

Spiazzante. In questa storia non ci sono eroi, né buoni o cattivi, tutti a loro modo compiono o immaginano di fare qualcosa di terribile, ferirsi, distruggersi a vicenda.
Amy e Nick sono giovani, innamorati e felici nella nuova vita coniugale a New York; entrambi lavorano nel mondo del giornalismo, lui di origini modeste si è fatto strada da solo sicuro del proprio talento, lei da sempre cerca il proprio spazio lontano dal personaggio letterario della Mitica Amy che i suoi genitori le hanno cucito addosso e grazie al quale hanno raggiunto fama e denaro.

Carlo Collodi, "Le Avventure di Pinocchio"


Le avventure di Pinocchio
Carlo Collodi

Cappelli, 1964


Il fiorentino Carlo Lorenzini (1826 – 1890), più noto al pubblico di grandi e piccini col nome di Collodi, mutuato dal paese materno, fu patriota delle guerre d’indipendenza ma anche libraio, recensore, editore. Tradusse le fiabe francesi, fra le quali quelle celeberrime di Perrault. Diviso fra evasione e impegno, fra satira caricaturale della società e fuga nel fiabesco e nella fantasia, redasse numerosi testi ma il più famoso, quello per il quale è rimasto nell’immaginario collettivo, è Le Avventure di Pinocchio, scritto nel 1881 e pubblicato nel 1883. Con questo romanzo, uscito a puntate sul Giornale per i bambini, è stato capace di creare un personaggio immortale, quasi un archetipo junghiano: il burattino di legno che diventa bambino alla fine della storia come ricompensa per la buona condotta, modello del discolo dal cuore tenero, del bugiardo fantasioso. La diffusione del testo è stata enorme, da quando i diritti dell’opera sono scaduti, non si contano nemmeno più le traduzioni in tutte le lingue del mondo. Molte espressioni del libro sono diventate di uso comune, come “ridere a crepapelle” (dalla scena del serpente che muore per le risate) o “le bugie hanno le gambe corte e il naso lungo”, o “acchiappacitrulli”.

#PagineCritiche - Carlo Dionisotti, disillusione e sensibilità civile


La critica idealistico-storicista fa pensare alla militanza di Benedetto Croce e all’egemonia culturale che esercitò il suo pensiero (non solo critico-letterario - o più ampiamente estetico - ma anche filosofico e politico) per quasi un secolo. La storia come progressione in cui si manifesta lo ‘Spirito’- avrebbe detto Hegel - ma soprattutto divenire in cui si manifesta la cultura e attraverso cui è possibile studiare la tradizione. In questo senso è esemplare l’opera (dall’approccio totalmente nuovo e rivoluzionario) di Carlo Dionisotti, crociano dissidente, eppure a Croce molto vicino, nell’importanza dell’espressione di un giudizio di valore e di un’analisi della letteratura in prospettiva storicistica. 
Cosa contiene un'opera letteraria? Un'ideologia, un simbolo, una forma, un messaggio dell'inconscio? Puro edonè? Oppure non contiene nulla ed è indotta a contenere? Il Novecento ha sfornato un numero eccezionale di teorie critiche; è opinabile che la critica letteraria si sia trasformata e fortificata con la nascita della società di massa, con il formarsi di un'opinione pubblica popolare e un'opinione pubblica di accademici dell'arte. In realtà la capacità critica nasce laddove nacque il giudizio, l’abilità di discernimento, la preferenza a qualcosa piuttosto che altro; la capacità critica nasce con l’uomo che preferisce una foglia a una bacca.

Il Salotto: Fabio Bartolomei parla di "We are family"



Delle cose semplici, di quei particolari che dimentichiamo di appuntare da qualche parte per ricordarci che sono le cose davvero importanti, ecco, Fabio Bartolomei ne fa libri. Ogni volta che guarderete la copertina blu di We are family sentirete in testa la canzone delle Sister Sledge. Questo libro mette di buon umore; con leggerezza, sciorina spunti di riflessione sui rapporti umani, sulla società, sulla politica: a mio parere è questo connubio tra l'umorismo e la riflessione sulla società che rende i romanzi di Fabio Bartolomei così belli.
Dopo l'improbabile trio protagonista di Giulia 1300 e altri miracoli, il gruppo di arzilli vecchietti de La banda degli invisibili, We are family racconta di una famiglia romana, e lo fa dal punto di vista del figlio minore. Al è uno di quei bambini che non smetterebbe mai di giocare, né smetterebbe di guardare il mondo attraverso un filtro di colori e di fantasia; il suo carattere e il rapporto con la sua famiglia, nella quotidianità difficile degli anni Settanta e Ottanta vengono a tratti raccontati con grande dolcezza.

Amos Oz, D'un tratto nel folto del bosco


D’un tratto nel folto del bosco
di Amos Oz
Feltrinelli, 2007
pp. 114


D’un tratto nel folto del bosco è una delicata e poetica fiaba che Amos Oz ha dedicato ai suoi quattro nipotini. In epigrafe si legge: “Grazie a Dean, Nadav, Alon e Yael, che mi hanno aiutato a raccontare questa storia e vi hanno contribuito con idee proposte e colpi di scena”.
Parla di un cupo villaggio attorniato da boschi e montagne.

Il paese era grigio, triste. Tutt’intorno solo montagne e boschi, nuvole e vento. Quasi ai arrivavano dei visitatori, né tanto meno ospiti di passaggio […] Di tanto in tanto capitavano un venditore ambulante, un artigiano, qualche volta un mendicante smarrito. Ma nessun viandante si fermava più di due notti, perché il villaggio era maledetto, oppresso da uno strano, totale silenzio.
Un tempo gli uomini vivevano circondati da animali, ma una notte di molti anni prima, questi sono tutti spartiti, diretti chissà dove. La cupa cittadina custodisce un segreto che gli adulti conoscono e che, in tutti modi, cercano di tenere nascosto ai più piccoli.
Mati e Maya, due bambini del paese, sono decisi a scoprire perché nessuno vuole raccontare cosa è successo, cosa è cambiato. Vogliono capire perché, alle loro domande, si fanno tutti scuri in volto.
I genitori preferivano negare, o insabbiare nel silenzio la questione. Non parlarne mai. Soprattutto in presenza dei bambini.

Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico di Luis Sepùlveda


Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico
di Luis Sepùlveda
Guanda, 2012


€ 10,00
pp.86

Amici, forse ho le traveggole, ma sul tetto di una casa mi è sembrato di vedere un gatto dal profilo greco e un topo che guardavano il tramonto, e la cosa più curiosa è che il gatto sembrava ascoltare attentamente il topo. Forza con questa birra, che me la sono guadagnata.

A più di dieci anni dallo straordinario successo del suo Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, lo scrittore cileno Luis Sepùlveda regala agli affezionati lettori di tutto il mondo la sua ultima prova d’autore. Anche stavolta conquista il pubblico con la delicatezza di una racconto-favola. Ecco ricomparire il tema dell’amicizia ma non ci si aspetti che, aldilà della scelta italiana di una titolazione improntata alla riconoscibilità di un autore che è garanzia di successo, Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico (il cui titolo originale è Historia de Mix, de Max, y de Mex) sia una ripetizione del precedente best-seller. Perché sì, il nucleo tematico è ancora il racconto di un legame che nasce nella differenza non limitandosi a superarla, ma rendendola un punto di forza, ma qui si evidenzia anche un cambiamento di nota, un registro un po’più lieve rispetto alla più romanzata Storia della gabbianella. 

#PagineCritiche - Pirandello letto da un suo contemporaneo

Pirandello o il dramma di vedersi vivere
di Adriano Tilgher
a cura di Pierfrancesco Giannangeli


Solfanelli, 2013


L’agile e meritorio volumetto ripropone i più importanti e significativi interventi di Tilgher sul teatro e sulla poetica di Pirandello, suo contemporaneo. L’operazione editoriale, ideata e curata da Pierfrancesco Giannangeli, accolta e diffusa dall’editore Solfanelli, che vanta un catalogo di saggistica filosofica e letteraria di tutto rispetto, è lodevole per almeno due ragioni. La prima è quella di riportare alla sua pullulante sorgente critico-filosofica la celebre formula – “dissidio tra Vita e Forma” – che sintetizza il giudizio di Tilgher sulla poetica pirandelliana e che i manuali scolastici, incalzati dalla fretta e dalle semplificazioni, hanno ridotto ad un guscio vuoto. Per altro, intorno a quella formula, Tilgher sistema anche una rilevazione di non poco conto, ossia che il personaggio pirandelliano, si accorge di essere una Forma, una costruzione sociale, a seguito di un evento fortuito, improvviso, che fa esplodere il dissidio in modo violento e drammatico. Rilevazione quasi intuitiva e forse non sufficientemente approfondita, che sembra sfiorare un approccio critico tematico e non solo estetico-filosofico. 

Cormac McCarthy, "Il buio fuori"


Il buio fuori
di Cormac McCarthy
Einaudi, Torino 1997 (1968)


Di solito quando si parla di Cormac McCarthy si fa riferimento a romanzi come Non è un paese per vecchi (titolo tante volte citato senza tener conto del romanzo e nemmeno del film dei Coen) o La strada, che tanto hanno avuto successo nello scorso decennio. Più raramente si cita la Trilogia della frontiera (Cavalli Selvaggi, 1992; Oltre il confine, 1994; Città della pianura, 1998) o Meridiano di sangue e Figlio di Dio. I più esperti rimandano a Suttree, quel romanzo pubblicatoin Italia solo nel 2009 da Einaudi (uscito negli USA nel 1979) considerato il suo capolavoro. Poco, molto poco, si parla di Il buio fuori (1968, uscito in Italia nel 1997), secondo romanzo di McCarthy.

Un racconto dell’infanzia al contrario. Culla e Rinthy Holme sono fratello e sorella e vivono in una baracca in un tempo e in un luogo non precisati (facile immaginare che si tratti del Sud degli Stati Uniti). Sono due ragazzi senza alcun parente al mondo (così dicono). Lei è incinta di lui e il piccolo si fa sentire pronto per nascere a primavera. Lei lo vuole, non le importa: ci crede. Lui lo abbandona in riva al fiume e le inventa che sia morto. Il calderaio passa, lo raccoglie e forse lo salva.

Pillole d'Autore: L'ironia stralunata e surreale di Rino Gaetano e il suo bar dal cielo blu



Negli anni Settanta Rino Gaetano è uno di quei pochi artisti e di quei pochissimi cantautori che utilizza a piene mani e con grandi risultati l’ironia. Già nei primi tempi, quando era ancora giovanissimo e cantava al Folkstudio, nel quartiere di Trastevere, in tanti non volevano che cantasse i suoi pezzi perché sembrava che con le sue parole volesse prendere in giro tutti.
Rino Gaetano era consapevole del fatto che l’ironia è sempre stata un’arte tipica dell’Italia e degli italiani. Il disarmante e ipnotico cantautore di origini calabresi afferma infatti che “l’ironia non è solo una cosa mia, è l’arte di tutti gli italiani. Soltanto che adesso (siamo negli anni Settanta ma vale anche per oggi) l’ironia la vogliono nascondere. Sono tutti molto impegnati, molto tristi, molto macabri.” E secondo Rino Gaetano non c’è cosa peggiore di essere tristi, di essere macabri.  Perché 
l’Italia è da sempre stata patria di grandi comici come Totò, come Petrolini, mentre adesso ci sono soltanto scrittori che scrivono libri tristi e impegnatissimi, cantanti che scrivono canzoni tristi, per non parlare dei film. In Italia non esistono più bei film comici.”
L’ironia è l’ingrediente fondamentale e imprescindibile dei testi di Rino Gaetano. Le sue canzoni sono attuali ancora oggi dopo quarant'anni, e lo saranno sempre, proprio perché sono ironiche, di un’ironia perfetta.

Dove la prendeva Rino Gaetano quest’ironia? Per strada e, soprattutto nei bar. Il suo bar preferito era Il bar del Barone, in cui "il cielo era sempre blu": un posto semplice frequentato da gente semplice, un luogo popolare, in cui la norma era “bere birra chiara in lattina”. Per Rino Gaetano quel bar era un posto meraviglioso, ed è lì che nascono le sue canzoni. Rino era uno che il bar lo considerava come una seconda casa, era uno che stava nel bar e sentiva le voci della gente che girava e ronzava attorno al bar. Nel bar trovava la giusta ispirazione, osservando gli sguardi delle persone e ascoltando i loro dialoghi strampalati. Poi tornava a casa, prendeva il suo quaderno e scriveva le voci che aveva sentito al bar. Rileggeva queste frasi e cominciava ad accompagnarle con la chitarra, cercando e trovando la giusta ispirazione musicale. Metteva tutto insieme, e così, con questa perfetta semplicità, nasceva la sua canzone, la canzone di Rino Gaetano. Ascoltando le sue canzoni si può immaginare il suo sorriso, a volte frivolo a volte beffardo, che coglie l’essenziale delle cose e le contraddizioni del mondo, ma anche la bellezza e la spontaneità della vita di tutti i giorni, della vita di Rino Gaetano, che in fondo è  anche la nostra vita.






Riflessioni

“Io sono uno che sta nel bar e sento le voci che girano attorno.”
“Pretendere di  dare alla gente attraverso una canzone qualcosa più del sorriso, seppure amaro, è pura illusione. In Italia una cosa che ha sempre funzionato è l’ironia, la satira, il non se ne può più semplificato e senza drammatici seguiti.”

CriticaLibera - Sulle elezioni 2013





Questo vuole essere un tentativo di comprensione letteraria della realtà. Usare cioè a fini gnoseologici alcune esperienze estetiche e teoriche che, nate nella letteratura, possono aiutare a mettere a fuoco la realtà che si è espressa nelle elezione del 24 e 25 febbraio. Eviterò, quindi, di esprimere un giudizio su alcuni aspetti, perché sono convinto che nella lotta per il consenso (la politica viene dopo), a differenza della letteratura, valga non ciò che è bello, ma ciò che è efficace. Non mi allenerò quindi in discorsi militanti da sinistra delusa, in panegirici movimentisti o arzigogoli berlusconiani. Non farò sermoni ecclesiastici da intellettuale che giudica dall’alto della sua cattedra, come scrisse un grande cardinale, Gianfranco Ravasi, che apprezzo pur nel mio agnosticismo viscerale: quando un dito si alza a giudicare, i tre restanti indicano chi giudica. Frase quanto mai da meditare dopo la sorpresa che ha destato tra moltissimi intellettuali il risultato del M5S: non si può avere giudizio che, senza un umile e attento esercizio di comprensione, non cada nella cieca superbia.
Credo che il caso alle volte parli, e secondo me non è stato un caso che le ultime elezioni si siano svolte una settimana dopo il carnevale, quando ancora il suo sentimento era forte nella bocca insieme al gusto delle frittelle. Mi spiego. Non credo sia solo una mia opinione che ormai la politica italiana fosse arrivata ad una autoreferenzialità parossistica tanto dannosa quanto irritante. Basti pensare alle articolesse e agli editoriali di commento su dichiarazioni di qualche politico, oppure ai vibranti contrasti su argomenti ideali che non si placavano per settimane per poi portare, se si arrivava a qualcosa, a leggi inefficaci e parziali. Ogni argomento era derubricato a mezzo di contrasto, ad espressione di identità partitiche. Come diceva Gaber era solo “il continuare ad affermare un pensiero e il suo perché con la scusa di un contrasto che non c’è”. E intanto l’Italia stagnava, la struttura dell’istruzione peggiorava e l’organizzazione dello Stato si deteriorava. Nel 2011, a tutto ciò, si andò ad aggiungere il terribile straripare della crisi.