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"Un giorno questo dolore ti sarà utile": storia di un outsider

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Un giorno questo dolore ti sarà utile
di Peter Cameron
Adelphi, Milano 2007

pp. 206
€ 17,50

Traduzione di G. Oneto
“.. stare da solo. Per me è un bisogno primario come l’acqua e il cibo, ma ho capito che non lo è per tutti […] Io mi sento me stesso solamente quando sono solo. Il rapporto con gli altri non mi viene naturale: mi richiede uno sforzo”
James ha diciotto anni, proviene da una famiglia benestante a cui all’apparenza non manca nulla, di certo non i soldi o il prestigio sociale: genitori divorziati, la madre vagamente eccentrica possiede una piccola galleria d’arte contemporanea in cui trovano posto gli artisti più assurdi, mentre il padre avvocato di successo finge di essere presente nella vita di James e della sorella Gillian –impegnata in una relazione con il proprio professore di teoria del linguaggio- nel tempo fugace di un pranzo al club. Una “normale” famiglia americana, con i suoi conflitti irrisolti e le problematiche che accompagnano la separazione dei genitori, eppure ancora una volta Peter Cameron è capace come pochi altri –immediatamente si pensa a Franzen, Roth, Yates- di penetrare nella facciata di conformismo e ricchezza per regalare al lettore lo splendido ritratto di un outsider, questa volta un diciottenne asociale e tremendamente profondo, capace in un attimo di cancellare fiumi di carta e parole di quei romanzi per young adult tanto in voga negli ultimi anni. Cameron si conferma infatti ancora una volta attento indagatore dell’anima umana, delle sue sfaccettature, delle complessità e contraddizioni dei suoi personaggi, che prendono vita grazie a quella scrittura puntuale, brillante, che rende la prosa intensa e capace di ammaliare il lettore pagina dopo pagina seguendo l’incessante dialogo di James.


Un romanzo di formazione, un protagonista indimenticabile che porta con sé echi dell’Holden di Catcher in the rye per quella malinconica incapacità di confondersi con quanti popolano il loro universo, scegliendo invece di osservare almeno per un momento dai margini della storia, spettatori attenti e sensibili certo, ma pieni di dubbi e insicurezze di fronte alle scelte di quell’età estremamente complessa che non è più adolescenza ma non ancora maturità. James, cui semplicemente le persone non piacciono (fatta esclusione per la dolcissima nonna, Nanette, amica e consigliera del giovane) specie i coetanei con i quali sente non avere nulla in comune escluso il dato anagrafico, si muove in una New York contemporanea vittima della frenesia, del consumismo e dell’omologazione, che James rifiuta con ostinazione cercando rifugio in un passato e in una solitudine rassicuranti, eppure effimeri e tremolanti. Il rifiuto di appartenere ad un gruppo lo spinge a rifiutare l’ingresso nel mondo dell’università nonostante l’ammissione alla Brown, desiderando invece una vita in provincia, a Roseville un’amena cittadina del Kansas nella quale sogna di comprare una vecchia casa e abbandonarsi alla lettura degli autori che ama, lontano dal caos, dalle aspettative e dalle incomprensioni, dalle difficoltà del diventare adulti in un mondo che forse non gli interessa o più probabilmente soltanto lo spaventa. Eppure lo sguardo che getta sul mondo è sempre lucido ed emozionato, nonostante l’incapacità di entrare in confidenza con gli altri e di immettersi nel circuito della vita, James è un osservatore attento, a tratti profondamente maturo rispetto alla sua giovane età. Osserva la vita intorno a lui, le persone che cercano un contatto, familiari ed estranei che incontra nei suoi pellegrinaggi, inventa storie su sconosciuti in metropolitana, indovina emozioni nei gesti di uomini e donne che passano lungo la strada, ma sempre con sguardo malinconico:
“La scena era troppo bella: la notte d’estate, i sandali, i visi rapiti da quella gioia repressa. Mi pareva di essere stato testimone del loro momento più felice, del culmine che senza saperlo si stavano già lasciando alle spalle”.
Pagina dopo pagina il lettore assiste alla maturazione di questo giovane outsider, sospeso tra maturità e incapacità di relazionarsi con gli altri, ai suoi errori sciocchi e incomprensibili, ai suoi rifiuti ed isolamenti, desiderando quasi prenderlo per mano, come un fratello minore, un nostro vecchio io da guidare verso la strada dell’età adulta, delle responsabilità, del contatto con gli altri, ma egualmente facendosi sorprendere dalla straordinaria capacità di James di osservare il mondo.