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Editori in ascolto - Maria Cecilia Averame di Quintadicopertina

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Editori in ascolto
- Maria Cecilia Averame di Quintadicopertina Editore - 



Quando è nata la vostra casa editrice e con quali obiettivi?
Siamo partiti a maggio del 2010: quando non esistevano gli store, il digitale faceva pensare solo alla televisione, e a dire 'ebook' ci si sentiva un po' strani. Abbiamo puntato subito a mostrare come il digitale non fosse in competizione con la carta o tantomeno con il web, ma una terza via in grado di aprire nuove opportunità per chi ama leggere e raccontare.

Come è composta la vostra redazione? 
Fabrizio Venerandi, che è l'editore, si occupa del processo di digitalizzazione, sviluppo e di alcune nostre proposte di narrativa. Io (Maria Cecilia Averame), supervisiono il lavoro della redazione (in special modo delle collane di informazione e divulgazione) e mi occupo della comunicazione, marketing e amministrazione. Il 'nucleo' centrale si sta rafforzando in questo periodo con due collaboratori esterni, la nostra social media editor, Marta Traverso, e un supporto alla digitalizzazione per i periodi di punta.
Alcune collane poi hanno un responsabile che si occupa della ricerca degli autori e del lavoro redazionale.

Come reclutate i vostri autori?
La maggior parte degli autori sono stati coinvolti e contattati direttamente da noi o dai responsabili di collana, dopo aver seguito le loro attività su carta o nel web. Come ogni casa editrice, riceviamo diversi manoscritti: purtroppo spesso inviati in maniera casuale, senza alcun aggancio con la linea editoriale, senza che chi invia il testo sappia che facciamo editoria digitale (e in questo caso non rispondiamo). Quando il progetto è circostanziato e l'autore ben consapevole delle nostre attività, valutiamo o facciamo valutare il manoscritto. Fino ad ora, abbiamo un testo pubblicato e un secondo in uscita ricevuti tramite candidatura spontanea.

Come vi ponete nei confronti dell’editoria a pagamento e del print-on-demand?
Sono due cose nettamente differenti. L'editoria a pagamento non ci riguarda e a mio parere nel digitale, visti i bassi costi, ha ancor meno senso.
Il self-publishing la vedo come una opportunità per gli autori che abbiano già un minimo di esperienza editoriale nel confronto, nel lavoro redazionale e nella promozione. Francamente come editore credo di dover essere io a proporre ad un autore condizioni e offerte migliori all'auto-pubblicazione, collocando il suo testo in un progetto di promozione editoriale specifico, supportandolo nell'editing e nella comunicazione. Se non sono in grado di invogliare gli autori a pubblicare con me, il problema è mio e non loro. Capita poi che ci siano testi per cui è utile e necessario un percorso condiviso, e altri dello stesso autore che invece possono essere una sua opera autonoma e indipendente. Alcune cose le può pubblicare con noi, altre no: se vogliamo mettere dei vincoli questi devono essere sul contenuto.
Nella maggior parte dei casi l'idea stessa dell'ebook nasce da una sinergia tra editore e scrittore che si convincono l'un l'altro che è una buona idea scriverlo.

Qual è stata la vostra prima collana? E il primo autore?
La nostra prima collana è stata quella della Polistorie, dedicata alla narrazione interattiva. È stata una scelta molto identificativa, perché da subito abbiamo preso le distanze dall'oggetto libro, mostrando che la lettura digitale aveva un proprio ambiente autonomo e creativo. Il nostro primo autore è stato Enrico Colombini, maestro della interactive fiction italiana, che è riuscito a creare Locusta Temporis, un ebook-game narrativo di oltre cinquemila “pagine” e undicimila collegamenti ipertestuali.

Se doveste descrivere in poche parole il vostro lavoro editoriale, quali parole usereste?
La creazione, la manipolazione e l'interrogazione di contenuti digitali che già dalla loro nascita interagiscono con quello che hanno attorno: formati, lettori, ambienti di lettura. Quello che caratterizza tutta la nostra produzione è la mancanza di staticità e la ricerca di materiali per lettori che non hanno un rapporto passivo con il testo che stanno leggendo.


A distanza di quasi due anni dalla fondazione della vostra casa editrice, quali obiettivi ritenete di avere raggiunto e a quali puntate?
Pensiamo di aver mostrato ai nostri lettori che è possibile una letteratura digitale che non sia la sorella povera di quella cartacea, anzi, che il digitale possa proporre modalità di lettura inedite e tutte da scoprire. Dalla narrativa interattiva, agli abbonamenti allo scrittore, ai jukebooks che creano ebook su misura del lettore, agli istant-ebook di informazione dal mondo che ragionano assieme ai blogger e i tweet più significativi del territorio. Anche le collaborazioni con altri editori, per il fumetto di Nicola e per la rivista Alfabeta2, sono stati progetti importanti per caratterizzare i nostri interessi editoriali e tecnologici. Per il futuro vorremmo stabilire un canale il più diretto possibile con chi ci legge e concentrarci su ciò che apprezza il lettore.
Vorremmo continuare e consolidare le collaborazioni con editori e riviste e sviluppare una rete dove le competenze specifiche di ciascuno vengono valorizzate e i costi ridotti, lavorando in sinergia e mai in sovrapposizione.
Non da ultimo, a maggio compiremo due anni: con il terzo vorremo poter smettere di definirci una start-up (anche se non lo abbiamo mai fatto;-) ed essere un'impresa economicamente sostenibile, e in grado di dare valore anche all'ambiente circostante.


Un libro che vi è rimasto nel cuore e che continuerete a riproporre al vostro pubblico.
Tutti. Uno dei vantaggi del digitale, specie se di sperimentazione come il nostro, è che i testi non invecchiano con la stessa rapidità con cui invecchiano le novità in libreria. Tutti gli ebook che abbiamo fatto nel 2010 li consideriamo come usciti ieri. Anzi, continuiamo a rilanciarli in nuovi formati, come è successo di recente per Locusta Temporis uscito in una nuova versione App per iPhone e iPod, o per “70 chilometri dall'Italia” che vedrà la luce addirittura come libro cartaceo.
Parlando comunque di cuore, penso che “Cuore à la coque” di Mauro Mazzetti sia un esempio di testo fuori da ogni discorso commerciale, estremamente sofisticato sia dal punto di vista letterario che interattivo, e che – come editore – abbiamo sentito la necessità di farlo per amore del bello. E rimane una novità: anche di questo stiamo preparando una versione per Kindle.

Come vi ponete nei confronti delle nuove tecnologie (domanda quasi superflua visto quanto detto finora)?
Per noi sono la normalità. È un mondo che dà e toglie. Da un lato offre continue possibilità di sviluppo e di ideazione. Dall'altro modifica incessantemente il panorama in cui lavori, cambiando formati, assetti di mercato, standard. Rispetto all'editoria tradizionale il “mondo digitale” richiede un lavoro di formazione permanente eccitante e sfibrante nello stesso tempo.

Cosa pensate delle mostre-mercato del libro? Hanno accusato forti cambiamenti negli ultimi anni?
C'è una timida apertura agli ebook e al mondo digitale, ma l'impressione è che il digitale si sviluppi meglio nel suo habitat naturale che è la rete. Questo è in realtà un grosso limite, perché rischia di far avviluppare l'editoria digitale in se stessa: c'è bisogno invece di “mostrare” il digitale nel mondo reale, ai lettori occasionali, a quelli forti, lavorando sul territorio. E non penso solo alle mostre mercato, ma anche alle biblioteche e alle librerie di zona.

Ritenete che il passaparola informativo, tramite blog o siti d’opinione, possa influenzare il mercato librario? E la critica tradizionale?
Per chi lavora in rete è essenziale. La rete è un luogo particolare dove chi scrive, chi pubblica e chi legge, sono tutti e tre nello stesso posto. Il lettore non è uno strumento di promozione, ma è un catalizzatore formidabile per assicurare la qualità di un testo agli occhi degli altri lettori. È un valore per l'editore e anche per i lettori stessi.
Diverso il discorso che riguarda la critica tradizionale. Da questo punto di vista dobbiamo rilevare che fino ad ora la critica ha guardato agli ebook con uno sguardo superficiale e distratto. L'ebook viene visto dalla critica tradizionale come un prodotto di serie-b e questo alimenta un circuito vizioso, perché il vuoto della critica lascia spazio ad uno sterile copincolla pseudo-informativo di basso profilo. E' pericoloso anche per l'editoria digitale stessa: se viene meno il lavoro di critica e analisi tanto dei contenuti quanto della digitalizzazione, il lettore tradizionale e meno consapevole non ha strumenti per orientarsi. Ci capita spesso che ci venga detto che l'ebook non può essere recensito 'perché non è una novità', o che il lavoro dietro a un epub interattivo sia uguale (e dia la stessa esperienza di lettura) del pdf per la stampa, magari con le crocette del taglio.

Pubblico: quali caratteristiche deve avere il vostro lettore ideale?
Me lo immagino curioso e attento.

Avete un sassolino nella scarpa o un piccolo aneddoto da raccontarci circa la vostra casa editrice?
Abbiamo dei macigni nelle scarpe, ma pensiamo che il dolore sia salutare perché ci tiene belli svegli. Scherzi a parte, a volte ci sembra di lavorare a qualche progetto tipo sviluppo di segretissime armi nucleari dove competizione e spionaggio industriale devono essere prassi quotidiana... Ci piacciono le sfide e anche la competizione, ma crediamo in una cultura aperta e condivisibile, dove anche il successo del nostro più diretto avversario diventa una ricchezza per tutti: stiamo o non stiamo parlando di come far crescere un mercato dello 0,1%?!

Qual è il vostro ultimo libro in uscita? Lo consigliereste perché…
L'ultimo ebook è in realtà una collana, che si chiama Ping The World. Per ora vi sono quattro testi: uno sulla rivolta tunisina, uno sugli strumenti di trasparenza governativa nell'Africa sub-sahariana, uno sulla Cina, internet e censura, e l'ultimo su un'esperienza personale di migrazione dall'Albania all'Italia. Si possono prendere anche tutti e quattro insieme per dieci euro, e penso che siano quattro testi di facile lettura che permettono di andare oltre il titolo-effetto del giornale o la visione eurocentrica e anche un po' folkloristica che molti hanno dei tanti terzi mondi che ci stanno attorno. E poi ci caratterizza appieno come modo di lavorare: è un progetto realizzato in rete con diverse associazioni di tutela dei diritti umani e della libertà d'informazione.

Volete preannunciarci qualche obiettivo per il vostro futuro?
Molti obiettivi. Ripartiranno gli abbonamenti allo scrittore... raddoppiati. Nel 2012 saranno infatti ben quattro gli scrittori a cui ci si potrà abbonare. Ping The World continuerà a “interrogare” altre parti del mondo e speriamo che trovi nuovi partner e collaboratori. La collana di narrativa interattiva farà uscire alcuni saggi abbastanza importanti sulle realtà internazionali della letteratura elettronica. E poi altre cose ancora di cui è troppo presto parlare.

Pensando ai tanti sacrifici di ieri e di oggi, ne è valsa la pena?
Sì. Crediamo che quello che il laboratorio di Quintadicopertina sta facendo nel mondo dell'editoria digitale sia utile. In una realtà in divenire, dai contorni molto incerti, stiamo piantando alcuni paletti in territori dove pochi hanno messo piede prima. E questo è emozionante.
A titolo personale, collaborare con la redazione di Alfabeta2, con Voci Globali, con tutti coloro che hanno lavorato assieme a noi ha rappresentato uno stimolo a livello culturale e sociale che senza Quintadicopertina non avrei avuto. E non da ultimo chiudiamo l'anno con i conti in attivo, fisicamente a pezzi, ma entusiasti: segno che si può fare, anche senza grandi fondi dietro.  

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Intervista a cura di Gloria M. Ghioni

Il link al sito di Quintadicopertina: http://www.quintadicopertina.com/