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Tredici cadenze: occasioni poetiche nel segno del "glocale"

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TREDICI CADENZE
Giovani poeti in Pavia 
AA.VV.

PuntoaCapo Editore, 2011

prefazione di Gianfranca Lavezzi



Questo è un periodo buio per l'editoria. Soprattutto per l'editoria poetica. (Ho avuto il piacere e la presunzione di sciorinare una polemica qui). Vediamo e abbiamo visto sorgere “Antologie generazionali” che vorrebbero descrivere nuovi imprinting estetici, nuove tendenze, nuovi orientamenti.
Ma si sa che queste operazioni, almeno quelle che contano, sono sempre pilotate e manipolate: gli editori e i critici letterari usano le pubblicazioni proprio come farebbe il peggiore politico con i suoi giochi di clientele.

E allora perché recensire un'ennesima antologia poetica?

Perché in questo marasma ci sono ancora dei progetti editoriali che, a mio avviso, hanno un peso specifico, rappresentano qualcosa, significano qualcosa.
Al di là delle geometrie dei miserabili poteri editoriali, «aggiungono un valore nient'affatto banale e invece peculiare» (dalla prefazione) al panorama poetico italiano.
Un valore parziale, certo, ma rappresentativo.

In particolar modo – e questo è un dato che redime tonnellate di carta straccia – Tredici cadenze. Giovani poeti in Pavia è un'antologia territoriale, glocale. Perciò, le dinamiche alla base di questo lavoro editoriale sono soggiaciute alle semplici categorie di spazio e tempo, lontanissimissime da giochi di potere e favoritismi grotteschi.
«La storia di quest'antologia è singolare […] Nasce da un'amicizia a più voci caratterizzata e nutrita dalla comune passione per la poesia, che porta alla costituzione di un vero “gruppo di poesia”, il quale da alcuni anni si incontra periodicamente, senza ambizione di creare una “scuola”, ma con la volontà di dare voce al fermento poetico “sotterraneo” di Pavia» 
Così la Prof.ssa Gianfranca Lavezzi apre la sua introduzione, in modo molto aperto, es-soterico, incisivo. Non c'è stata una selezione all'ombra di un retrobottega editoriale, per comporre quest'antologia... Nasce, piuttosto, da un'occasione reale, un'occasione di vita che testimonia la vita: la città, Pavia, un gruppo di poeti.

Mi sentirei in imbarazzo a presentare qui l'antologia e i tredici poeti, sostituendomi al discorso introduttivo della Prof.ssa Lavezzi. Così, dopo questo mio commento iniziale, preferisco dare voce alla prefatrice:

«Apre la silloge Roberto Bonacina, il quale conferma la sua abilità nell'intersecare i piani temporali […] unisce il passato (“Un minuto di voce di madre / traghettava nel muto del sognare”) al presente (i pensieri “nel presente / vivono accanto, seduti sulla sedia”) e al futuro»

«I versi di Alessandro Castagna puntano all'autoriflessione, al rapporto vita – letteratura talvolta provocatoriamente sbilanciando verso la prima (“Ma per sentirmi più sicuro / ho dato fuoco al mio rifugio; / mi sono abbandonato sulle cose»

«Di Virginia Fabrizi […] notevole nei suoi versi la sua visionarietà, inquietante (“È terribile quando le parole crollano”)»

«Di Dario Bertini ritroviamo qui […] la vita che “si nasconde del suono capovolto” dei vuoi ti bottiglia abbandonati all'alba sui marciapiedi; o i “fuochi della sera” che “sembrano lampi del tuo riso»

«Nella lirica di Davide Castiglione […] [si apprezza] la meditata lucidità della riflessione poetica (“Ti si vorrebbe radice, terra musicata, / verbo coniugato alla terra / e invece / ti svesti in un dissidio inerte, / poesia”). L'intellettualizzazione non è mai fine a sé stessa, il gioco di parole – anche concettoso – non è mai gioco d'artificio ma spunto per una meditazione più vasta»

«Di Vanessa Navicelli: emblematica la leggerezza ironica di una divertente filastrocca come Antonio, addio!, dove il protagonista da “ragazzo simpatico e carino” si trasforma, per un crescente eccesso di romanticismo, in un “immane cretino”.»

«I versi di Enrico Barbieri nascono da un difficile equilibrio tra il senso rassicurante e tragico delle proprie radici […] e la consapevolezza della solitudine: “Siamo molto soli / senza parenti, amici o amanti / scriviamo biglietti / da appendere all'albero, per i giorni / che verranno senza cambiamenti / differenze, speranze”.»

«Di poesia civile possiamo a pieno diritto parlare per Barbarah Guglielmana, che ci offre immagini di forte pregnanza come il “viso di una donna / screpolato al sole della vita”.»

«Quella di Marco Ferrari Piccinnini è una poesia densa di parole e immagini, che predilige […] la valorizzazione simbolica degli oggetti: […] “il braccio delle vecchie meridiane” che “distacca le ore / dall'ombra del sole”.»

«Le liriche di Costanza Gaia hanno attacchi forti, di grande effetto, come “Mi piace masticare / notte” o “Sento la mia voce raccontare / ad un buio che non fa rumore” [...]»

«Giacomo Franceschi Lombardi è particolarmente attento al paesaggio del suo Piemonte, disegnato con maturità stilistica notevole in rapporto alla giovane età del poeta […] con delicata e sentimentale adesione alla memoria dei “vecchi”: “È un mese con la erre il mese di Aprile: / fa male (così i vecchi dicono) il sole. / Ma scoprire la pelle al primo tepore, / obliquo, / sulle luminose panchine di un modesto riverbero, / che restano tiepide solo per poco, / il placido sgarbo all'antico proverbio.»

«[Chiude] Silvia Patrizio […] riesce a filtrare una materia dolorosamente arsa e incandescente con uno stile misuratissimo, di rara efficacia […] [come] in questa Istantanea: “Non ha promesse la memoria / solo rami che spezzano il paesaggio / coi loro voli esausti”.»

Riccardo Raimondo