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Principi, filastrocche ed avventure linguistiche: la scrittura per l'infanzia di Tommaso Landolfi.

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Il principe infelice e altre storie per bambini
di Tommaso Landolfi
Adelphi, 2004

pp.143
Costo: 8,50 euro



C. S. Lewis soleva ripetere che non vale la pena di leggere un libro per bambini che non meriti di essere letto anche da adulti. Con questa affermazione cercava di sfatare il cliché di una letteratura per bambini come genere “facile”, il cui compito sia semplicemente quello di trasmettere ai piccoli lettori dei valori costruiti ad hoc per l'infanzia, e farlo nel linguaggio più semplice possibile.
La letteratura per bambini e ragazzi è piuttosto un genere in cui si richiede all'autore una peculiare abilità: riuscire ad elaborare un contenuto così universale e limpido da poter essere assimilato anche da lettori senza molte esperienze e letture precedenti; scrivere un testo chiaro e dal facile approccio, ma che lasci intravedere nelle proprie pieghe dei problemi e delle complessità capaci di accompagnare il lettore lungo la propria formazione; in poche parole, si richiede allo scrittore di storie per bambini la capacità di unire ad un compito letterario un compito pedagogico. In questo senso, un paragone con i dialoghi platonici non sarebbe forse troppo azzardato.
Tommaso Landolfi (1908-1979) si è rivelato un maestro in questa difficile arte, coniugando alcuni temi portanti della sua produzione letteraria al gusto della fiaba in un meraviglioso connubio che Adelphi ripropone a circa sessant'anni dalla prima pubblicazione.
Landolfi è uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento. Pur sconosciuto al grande pubblico, nonché ingiustamente svalorizzato nelle iniziative editoriali, questo prodigioso scrittore ha riscosso l'ammirazione di personaggi del calibro di Italo Calvino, il quale ha anche curato un'antologia dei suoi scritti, corredata di una introduzione encomiastica.
Il testo in oggetto racchiude due racconti, “Il principe infelice” e “La raganella d'oro”, uniti a tre piccoli dialoghi e tre filastrocche. Si tratta di un ottimo specchio della variegata produzione landolfiana, così attenta al recupero di generi letterari “poveri” come il racconto breve e lo scherzo in versi; inoltre i testi della raccolta, pur pensati per un pubblico di lettori giovanissimi, contengono senz'altro le caratteristiche fondamentali del modo di scrivere dell'autore. Mi riferisco principalmente al virtuosismo linguistico, tratto più celebre dello scrittore laziale, il quale usa servirsi di termini desueti o poco conosciuti della nostra lingua, in questo modo donando alla sua prosa uno stile unico ed allo stesso tempo stimolando nel lettore la ricerca linguistica e l'amore per l'Italiano.
Ne “Il principe infelice” l'uso di termini antichi o poco conosciuti è ben bilanciato con la scorrevolezza e la leggibilità della storia: io stesso ho letto il racconto a mia nipote, ed ho notato con allegria che l'attenzione, oltre che sulla trama, tendeva a concentrarsi sulle bislaccherie linguistiche di Landolfi, che riesce ad incuriosire senza mai risultare pedante o inopportuno.
I contenuti, ovviamente, non sono da meno: le due storie raccontano l'una dell'amore tra un principe colto ma spento ed una povera fanciulla dai sinceri sentimenti, l'altra dell'avventura del giovane palafreniere Teraponte, il quale per amore della figlia del Re decide di combattere un gigante che minaccia il reame. Le storie trasportano il lettore (o l'ascoltatore) in un fantastico mondo di sogni e di valori edificanti, oscuri pericoli ed avventure che rispondono pienamente alla tradizione fiabesca italiana ed europea. Non anticipo nulla delle vicende della giovane fanciulla, o del prode palafreniere, ma segnalo la perizia con cui Landolfi riesce a nascondere importanti questioni in dettagli che, letti senza attenzione o spirito critico, affascinano semplicemente il lettore per la loro creatività: sullo sfondo dei racconti si intravedono la questione del rapporto tra scienza, felicità e libertà, il problema della morale e della provvidenza, una critica non sempre velata alla superficialità degli uomini nel giudicare gli altri e se stessi, nonché un sottile ma continuo accenno all'imperfezione della realtà, anche quando immaginata e trasfusa su carta dalla penna di un genio come lo scrittore di Pico Farnese.
E' confermato così il detto di Lewis: i racconti contenuti in questa raccolta affascineranno i bambini come gli adulti, mostrando quanto grande sia la differenza tra “facile” e “semplice” e come sia possibile racchiudere grandi contenuti in piccoli temi.

Alessandro De Cesaris