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Il Salotto: intervista a Paolo Fichera

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D: Come lettore, che cosa ti aspetti tu da una poesia?
R: Sicuramente non mi aspetto un messaggio, una risposta, una regola, forse un tempo una disciplina. Il lettore che ero a venti anni non è il lettore che sono ora a 38 o il lettore che ero a 30. Mentre prima ogni autore nuovo che incontravo era il luogo di una devastazione prolifica e di una serie continua di innesti, ora il colpo d’ascia è più difficile da vivere e per questo più ambito e un dono più grande quando lo si trova. È come nel rapporto tra persone: non mi aspetto qualcosa da un incontro, ma rapportandomi reagisco con quello che sono a quello che sento, e tale reazione mi dà qualcosa, plasma. La poesia la trovi e ti dà. Deve corrodere, agire sulla materia, contaminare chi legge.

D: Il tuo esordio in poesia con Lo speziale (LietoColle, 2005) risale a cinque anni fa. Che cosa è cambiato da allora e quali sono i tuoi progetti?
R: 5 anni! Per chi scrive il tempo assume una dimensione dilatata. Se penso a Lo speziale lo vedo come un qualcosa di infinitamente lontano. Per chi scrive 1 anno vale 10 anni. In questi 5 anni ho scritto Lo speziale (LietoColle) Innesti (Quaderni di Cantarena) nel respiro (L’arcolaio). Questi 3 libri rappresentano la chiusura del cerchio del Compito. Ora sto scrivendo da un paio d’anni un libro che ha come titolo provvisorio Ipotesi di vita e che avrà un corso lungo perché molte strade sono ora per me aperte. Nell’ultimo anno ho scritto alcuni e-book, e realizzato collaborazioni poesia-arte figurative, poesia-video. L’esigenza di lavorare insieme ad altri è sempre più forte. Il tutto poi verrà convogliato nel libro che sto scrivendo. Nella mia vita in 5 anni è cambiato moltissimo e così nella mia poesia, anche se i cambiamenti in poesia pur se profondi sono spesso impercettibili. Una crepa nel proprio idioletto, nella propria lingua, è una frattura che richiede violenza su se stessi ma che bisogna fare se non si vuole ripetere sempre lo stesso ritornello.

D: Il titolo nel respiro è tutto minuscolo. Anche nella stragrande maggioranza delle poesie de Lo speziale avevi adottato questa scelta formale: perché?
R: È una scelta che si è imposta da sola e che ancora sopravvive. La maiuscola mi dà un senso di inizio e di marziale: come uno stendardo issato in alto. La mia poesia è organica, ogni poesia è collegata alla precedente e a quella che verrà. Un flusso indistinto che mantiene in ogni particella la sua autonomia. La maiuscola nasce quando devo fissare nel terreno un segno preciso, per chi legge e per me. Inoltre graficamente e visivamente non amo il maiuscolo, così come non amo i titoli alle singole poesie, infatti non li ho mai usati. Il minuscolo nel titolo dell’ultimo libro nel respiro significa: questo libro accoglie i precedenti: Lo speziale, Innesti. Li continua e li porta a termine. Quella “n” minuscola è una porta aperta, un ponte. 

D: Lavori nell'editoria come copywriter; hai collaborato alla stesura di guide turistiche; con il quadrimestrale "PaginaZero-letterature di frontiera" ti sei occupato anche di critica: come concili queste diverse modalità di scrittura?
R: Con gli anni impari a conoscere e modulare il tuo strumento. In ambito lavorativo, soprattutto se lavori nell’editoria come free-lance, ti trovi a dover scrivere in un certo modo, secondo alcune regole, per pubblicazioni ognuna delle quali richiede determinati requisiti. Occuparsi di guide turistiche richiede un certo tipo di scrittura che varia inoltre in base alla collana e all’argomento. Scrivere SEO richiede l’utilizzo di un linguaggio studiato ad hoc che si differenzia da quello di puro copywriter per contenuti di siti internet. Sono cose che si imparano e che con il tempo diventano familiari e alla fine è come quando hai un trapano che è la tua scrittura a cui cambi la punta in base all’utilizzo che ne devi fare. Aver diretto, insieme a Mauro Daltin, il quadrimestrale “PaginaZero-Letterature di frontiera” per alcuni anni, è stata per me la scoperta della realtà editoriale indipendente, della progettazione di un prodotto e del coordinamento di un lavoro comune più che del lavoro di critico. La poesia invece non è uno strumento, è un ambito che non ha attinenza con quello di cui ho parlato, è un vuoto tagliente.

D: Viola Amarelli, in una sua bella presentazione a nel respiro legge nei versi e nella struttura del libro un riecheggiamento di Foscolo. Nei versi
l’organo uomo chiamato Paolo
caviglie sottili, occhio chiaro
mi permetto di cogliere, consapevolmente a sproposito, un'eco di
un coso con due gambe
detto guidogozzano.
Dal tuo particolare punto di vista, quali sono i tuoi modelli e per quale motivo li hai scelti?
 R: Il tuo accostamento è perfetto. Infatti scrivendo quei versi specifici pensavo proprio a quei versi di Gozzano. È stato un omaggio neanche tanto velato. Omaggio che però finisce lì. I miei modelli? La mia disciplina e la mia fatica sono sempre state quelle di restare fedele al mio respiro. Più che modelli che non possono non esserci e che sono una moltitudine, soprattutto romanzieri (io mi sono formato sul romanzo più che sulla poesia), il fulcro per me è la conoscenza e la predisposizione a essere io in un certo stato per poter scrivere. La concentrazione di un’energia in un unico punto. La contrazione fino all’afasia, anche esistenziale. In modo tale che l’esplosione dopo sia un flusso musicale proprio e unico. È questo che mi preme. Le fonti sorgive, più che i modelli, ci sono e altri ne verranno. Leggo tutto e di ambiti diversi: dalla scienza all’archeologia, dalla fisica all’esoterismo. In poesia cerco di leggere quello che è lontano da me, per vedere se altre strade sono aperte o possibili.

D: Gestisci e hai gestito più di un blog: quali sono i vantaggi e quale gli svantaggi (se pensi che ce ne siano degli uni e degli altri) per quanto riguarda la poesia?
R: Il web non ha salvato la poesia, anche perché la poesia non si salva né ha bisogno di essere salvata. Il web ha aperto così tante porte e dato così tante possibilità che dire, come fanno certi poeti blasonati, che la poesia in web è solo dilettantismo mi sembra talmente assurdo. Certo, in alcuni paesi la poesia in Rete è un accompagnamento a una solida realtà editoriale su carta, mentre da noi in Italia il web è visto come una realtà parallela a quella editoriale-classica-cartacea, che latita, creando una sorta di dualismo, dove la carta, e solo di un certo tipo, è la qualità e il web il sottobosco. Io ho sempre pensato che la Rete potesse essere il modo per sdoganare molte delle dinamiche di potere editoriale prima arroccate su poche riviste e su poche collane di pochi titoli dove l’accesso per chi voleva farsi conoscere era davvero difficile e i meccanismi magari poco chiari né molto puliti. Nel web negli anni si sono consolidati luoghi di qualità, di indubbio valore e continuare a negarlo mi pare veramente ridicolo. Poi il tutto dipende da chi gestisce tali luoghi: la vanità, la ricerca di un consenso immediato sono sempre in agguato. Questo ambito alla fine non riguarda la carta o il web come mezzi, ma gli uomini come persone.

D: Ci leggi una tua poesia?
Ti trascrivo una poesia della raccolta Innesti (Quaderni di Cantarena, 2007)
la rosa brunita e scrivi: la disperazione
è luogo. il canale è luogo, la bellezza è
disperazione, l’io è luogo, capelli ramati e
innesti sangue in struttura, s’infeconda la
biografiaauto, di versi, l’opposto seme dove
adagia i muscoli; il bimbo mangia un gelato
o scismi fioriti, foglie fatte marmo nel
sai che tu andrai in ora scendo nell’ora
mia tua sorella, luogo, riparo, grotta
tutto comprendi è cavità per l’eco

a cura di A.M. Petrosino