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Andar per fiabe: una struttura composita per il lettore diffidente

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Andar per fiabe
di Silvana Sonno
Perugia, Graphe.it Edizioni, 2009
con un intervento di Rosella De Leonibus e con le immagini di Luigi Fosca

€ 10.00
pp. 101

Come è possibile immaginare la fiaba in un mondo in cui tutto sembra già scritto? Silvana Sonno si interroga nella prefazione su questo interrogativo, e definisce «un’operazione temeraria» scrivere fiabe, oggi: innanzitutto, per l’assillo onnipresente della tradizione, così ben codificata, e poi per la perdita del pubblico di riferimento. Eppure la fiaba resta «cura dell’anima», in ogni tempo e spazio: si richiede solo di adattare il genere alla società contemporanea. Non è quindi possibile affrontare quest’impresa in chiave tradizionale: l’unica chance è sfidare il mondo moderno con un testo che buca la cosiddetta ‘quarta parete’, al fine di interagire coi lettori. E Silvana Sonno sceglie per la sua opera una struttura composita, che nella prefazione fa risalire al “teatro di parola”, ma che possiamo ricondurre a tanta letteratura postmoderna.

Le otto brevissime fiabe sono provocatoriamente ricche di citazioni letterarie, talvolta calchi scoperti della tradizione, a cominciare dall’incipit che richiama Collodi, fino alla fiaba La bambina, vera e propria copia di Cappuccetto rosso. Di per sé scabre oltre l’essenziale, le fiabe risultano volutamente prive di spessore, se strappate alla struttura sperimentale dell’opera. Non vanno quindi lette a sé, né in un ordine casuale, ma sono sempre risultato di una ricerca calibrata in progress.

Ma il lettore ideale, immaginato dalla Sonno, non è affatto passivo, coglie le allusioni e si ribella all’autore. Nasce così la parte più innovativa del testo, una sorta di dialogo-diatriba tra il Lettore e l’Autore (Vero Autore di fiabe, come precisa l’autrice). Il Lettore è disincantato, dotato di un buon bagaglio culturale e letterario, ma soprattutto è disilluso, guarda all’Autore con una sorta di diffidenza molto attuale e scalpita per smascherare gli artifici dello scrittore. Non è quindi facile per l’Autore continuare, e non mancano infatti le interruzioni, le richieste (numerose) di fiducia e di pazienza (che spesso il Lettore gli nega). E’ dunque inevitabile che il lettore ideale non sia un bambino, né un ingenuo, pronto ad affidarsi alla volontà dello scrittore. Con le critiche del Lettore si rompe così il famoso “patto col lettore” di cui parlava Coleridge: questo lettore non trattiene il giudizio, ma lo riversa con un’irruenza quasi violenta, anche se verso la fine dell’opera sarà in qualche modo portato a ricredersi.
Ai testi seguono poi le Mappe di Luigi Fosca, in un’interessante e curiosa appendice finale, da osservare fino alla riflessione soggettiva. Si conclude con il bell’intervento di Rosella De Leonibus, in cui la fiaba, personificata, racconta in un saggio accattivante le sue caratteristiche, semplificando (ma non banalizzando) le leggi rintracciate da Vladimir J. Propp.

GMG