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La bottega dell' orefice

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La bottega dell'orefice
di Karol Wojityła

Libreria Editrice Vaticana, 1992

“L’ amore non è un’ avventura. (…) Ha il suo peso specifico. E’ il peso di tutto il tuo destino. Non può durare un solo momento. L’ eternità dell’ uomo passa attraverso l’ amore. (…) L’ uomo si tuffa nel tempo. Dimenticare, dimenticare. Esistere solo un attimo, solo adesso - e recidersi dall’ eternità. Prendere tutto in un momento e tutto subito perdere. Ah, maledizione dell’ attimo che arriva dopo e di tutti gli attimi che lo seguono, nei quali cercherai sempre la strada per ritornare a quello già trascorso, per averlo di nuovo e, attraverso quell’ attimo, tutto.”


La bottega dell’ orefice, breve testo scritto da Karol Wojtila negli anni della giovinezza, affronta il tema dell’ amore coniugale, o meglio, del fatto che “al di là di tutti questi amori che ci riempiono la vita c’è l’ Amore”.
La scrittura è simile a quella di un testo teatrale con dialoghi e monologhi in prosa e versi e i frammenti di lettere che i protagonisti si scambiano. Le storie dei personaggi si intrecciano secondo le modalità del racconto in parallelo per ricomporsi al termine della vicenda. I richiami intertestuali (tra l’ altro abbastanza espliciti) si riferiscono alla parabola delle sette vergini sagge e stolte che tanta fortuna ebbe nell’ arte figurativa medievale e in cui le quattordici fanciulle divenivano allegoria rispettivamente delle virtù e dei vizi capitali (basti pensare agli affreschi di S. Agata dei Goti di cui parla Chiara Frugoni). Ma qui il focus si sposta dalla teologia ad argomenti di dibattito più vicini nell’ ambito di una fervente attualità. Tra i temi curati il lettore trova il fidanzamento, l’ abbandono, il divorzio, la vedovanza, il matrimonio come sacramento e come “pane quotidiano” della vita di coppia. Una specie di archetipo si potrebbe dire, con un accostamento volutamente azzardato, degli odierni “Manuale d’ amore”, “Love actually” e di tutti quei cult che ripropongono uno spaccato sociale più o meno realistico, più o meno edulcorato o intriso di sentimenti “buonisti”, che provano a realizzare una “collazione” di casi, emozioni e reazioni all’ interno del grande mosaico delle interazioni umane.
In cosa differisce allora questo libro rispetto ai prodotti per il grande schermo oltre al fatto di avere un afflato più drammatico e teatrale che propriamente cinematografico?
E’ indubbiamente possibile interpretare il testo secondo una chiave di lettura cristologica soffermandosi sul ruolo dell’orefice. E’ da questi che promana un’aura solenne, sacrale ma al tempo stesso premurosa e paterna.
E la figura di Adamo, che si inserisce a metà racconto, non è quella di un personaggio qualsiasi ma la proiezione del primo uomo alla ricerca di una compagna. Così nel corso dei tre capitoli, “I richiami”, “Lo sposo”, “I figli”, questa ricerca diventa anche formulazione di un interrogativo che il libro lascia volutamente aperto perché ogni lettore possa dare la sua risposta: “Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’ amore. Certe volte invece no - l’ amore umano sembra essere troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’ uomo ha a disposizione un’ esistenza e un amore – come farne un insieme che abbia senso?”.

Esposto Ultimo Eva Maria